Domenica 15 ottobre, i cittadini del Kirghizistan sono stati chiamati alle urne per eleggere il nuovo Presidente, che entrerà in carica alla fine del mandato dell’attuale capo di stato Almazbek Atambayev, ovvero il 1° dicembre di quest’anno. Il 55.93% degli aventi diritto si è recato alle urne, ovvero quasi 1.7 milioni di persone sui tre milioni di potenziali votanti.
SISTEMA ELETTORALE E CANDIDATI
La legge elettorale kirghisa prevede lo svolgimento delle elezioni presidenziali secondo il cosiddetto “modello francese”, ovvero utilizzando un doppio turno. Al primo turno, il nuovo capo di stato viene eletto solamente se uno dei candidati supera il 50% delle preferenze, altrimenti si procede ad un ballottaggio tra i due pretendenti con più preferenze. Da notare che, sin dall’indipendenza dell’ex repubblica sovietica, non è mai stato necessario fare ricorso al secondo turno.
Poiché la costituzione del Kirghizistan prevede la possibilità di ottenere un solo mandato presidenziale della durata di sei anni, il capo di stato in carica Almazbek Atambayev era impossibilitato a presentarsi per una seconda volta. Sulle schede elettorali figuravano ben tredici nomi, sebbene alcuni di questi avessero deciso di ritirarsi all’ultimo momento per dare il proprio appoggio ad un altro candidato.
Già primo ministro, il cinquantanovenne Sooronbay Jeenbekov si è presentato come candidato del partito di governo, il Partito Socialdemocratico del Kirghizistan (SDPK – Социал-демократическая партия Кыргызстана, Sotsial-demokraticheskaya partiya Kyrgyzstana), lo stesso del presidente uscente Atambayev. Già favorito in partenza, Jeenbekov ha incassato anche il sostegno di Kamchybek Tashiev, inizialmente candidato per il partito conservatore Respublika–Ata Zhurt.
Primo ministro tra il 2011 ed il 2012, Ömürbek Babanov si è presentato da candidato indipendente, nonostante la sua militanza in passato proprio tra le fila di Respublika-Ata Zhurt. Il quarantasettenne veniva considerato l’avversario più pericoloso per Jeenbekov, soprattutto dopo l’alleanza con Bakyt Torobayev, leader del partito Onuguu–Progress.
Tra gli altri candidati, erano presenti anche Adakhan Madumarov, in rappresentanza del partito nazionalista di estrema destra Kirghizistan Unito (Butun Kyrgyzstan), e Temir Sariyev, cinquantaquattrenne già Primo Ministro e Ministro delle Finanze, leader del partito Falco Bianco (Akshumkar).
JEENBEKOV ELETTO AL PRIMO TURNO
Con il 54.74% delle preferenze in suo favore, Sooronbay Jeenbekov è stato eletto Presidente del Kirghizistan al primo turno. Ömürbek Babanov ha confermato di essere l’unico avversario credibile per il candidato del partito di governo, relegato tuttavia al 33.70% dei voti. Madumarov (6.55%) e Sariyev (2.57%) sono gli unici altri candidati ad aver ottenuto percentuali rilevanti, mentre nessuno dei restanti è riuscito a superare la soglia dell’1%.
Gli oppositori del Partito Socialdemocratico SDPK non hanno mancato di sottolineare alcune irregolarità, compreso l’arresto in campagna elettorale di alcuni militanti dell’opposizione, soprattutto tra i sostenitori di Babanov. Nello scorso mese di agosto è stato altresì imprigionato, con una sentenza di otto anni, anche Omurbek Tekebayev, ex Presidente del Parlamento e membro di spicco del Partito Socialista Patria (Ata-Meken), opposto al SDPK.
Nonostante alcune criticità come voti di scambio e l’uso di risorse pubbliche nella campagna elettorale, gli osservatori internazionali hanno comunque promosso il processo elettorale del Kirghizistan, in una regione, come quella dell’Asia Centrale, dove negli ultimi anni si sono registrati più colpi di stato che regolari elezioni. Non va tuttavia dimenticato che proprio questo Paese fu teatro di una delle famose rivoluzioni colorate sostenute proprio dalle potenze occidentali nelle ex repubbliche sovietiche, sfociata in questo caso proprio nell’ascesa al potere del SDPK (in Kirghizistan ve ne sono state addirittura due, la Rivoluzione dei Tulipani nel 2005 e la Seconda Rivoluzione Kirghisa nel 2010).