“La consapevolezza esiste in un continuum,
come una luce di cui si possa scegliere l’intensità”.
(Nathaniel Branden)
Le vostre giornate sono prive di colore, passione, entusiasmo? Vi sentite sempre più travolti dagli eventi? Per uscire da queste gabbie un modo c’è.
Gli automatismi, la routine, la coazione a ripetere schemi sempre uguali a se stessi: potremmo riassumere così le gabbie in cui ci troviamo intrappolati, oggi o solo in qualche momento specifico della nostra vita. Nostro malgrado, può capitare infatti col tempo di condurre una vita scandita da ritmi meccanici: a fare da contorno una marea di pensieri stagnanti. Insomma ci mancano le motivazioni o siamo incapaci di analizzarle e anche per questo il flusso degli eventi governa la nostra (scarsa) reattività.
Questo atteggiamento si fa specchio di un insufficiente livello di consapevolezza e autoconsapevolezza, motivo per cui la vita assume sempre più le sembianze di un mosaico dove le tessere vanno incasellate in maniera pedissequa e non suscettibile di cambiamenti. Le giornate, così, sono prive di colore, passione, entusiasmo.
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Ma cosa significa vivere consapevolmente?
Vivere consapevolmente significa innanzitutto conoscersi, o meglio imparare a conoscersi, percorso questo infinito in quanto soggetto, per le esperienze sempre nuove, a continue revisioni. La conoscenza di se stessi è tuttavia l’unica basilare condizione che ci rende atti a prendere coscienza dei nostri interessi, valori, obiettivi, intenti.
Solo la volontà di confrontarsi con i fatti, gradevoli o sgradevoli, porta a capire dove si sbaglia per poi operare un cambiamento. Continuando ad espandere la coscienza e la comprensione, del proprio mondo interiore così come di quello esteriore, ci si impegna a vedere la realtà per quella che è veramente, affinandoci nella distinzione da quello che reale non è.
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Ma tutti noi possediamo il cosiddetto “senso della realtà”? No.
Può accadere infatti che la visione che un individuo ha di sé sia totalmente difforme da ciò che è realmente. In situazioni del genere, l’atteggiamento più diffuso è chiudere gli occhi davanti alla contraddizione. Così facendo, si pensa di preservare la propria autostima, e invece la si mina profondamente.
Una parte essenziale dell’educazione dell’individuo dovrebbe essere destinata al mostrare quanto sia intima la relazione tra razionalità ed autostima, tra consapevolezza ed efficacia. Questo non equivale a bandire le emozioni dalla propria vita, ma ad imparare a gestirle in modo funzionale, sì da non caderne succubi. Quando una persona decide di lasciare il controllo alle emozioni, il sentimento che finisce per provare di più è l’ansia. Mantenere il contatto con se stessi e con il mondo esterno è una porta su una vita che non sia in balia di contingenze destabilizzanti.
Per approfondire ulteriormente l’argomento, potete leggere un mio precedente contributo sull’intelligenza emotiva.
[foto copertina: © Jens Kv]