Cinquantanovenne di Eastbourne, nell’East Sussex, Theresa Mary May (Brasier il suo cognome da nubile, prima del matrimonio con il banchiere Philip John May) è il nuovo Primo Ministro del Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord, succedendo a David Cameron dopo l’esito del referendum sulla Brexit. Una conservatrice a Londra, dunque, fatto che ricorda i tempi poco fasti della Iron Lady Margaret Thatcher, unica donna ad aver ricoperto questo ruolo prima d’ora.
CARRIERA POLITICA: ANTI-IMMIGRAZIONE ED ANTI-UE
Già consigliere del distretto londinese di Merton dal 1986 ed eletta per la prima volta in Parlamento nel 1997 come candidata del collegio del Maidenhead, Theresa May ha lentamente scalato la piramide del potere all’interno del Partito Conservatore (Tories), del quale è stata anche Presidente tra il 2002 ed il 2003, ma è dal 2010 che David Cameron la inserisce nella squadra di governo, affidandole il Ministero per le Donne e l’Eguaglianza (fino al settembre 2012) e soprattutto il ruolo di Segretaria di Stato per gli Affari Interni, il cosiddetto Home Secretary, ruolo che ha ricoperto fino a pochi giorni fa.
Le sue posizioni politiche si sono da sempre caratterizzate per una forte posizione contro l’immigrazione e contro l’Unione Europea, promuovendo una politica isolazionista da parte del Regno Unito nei confronti del continente. Come Segretaria di Stato, May si è opposta alle quote di rifugiati proposte dall’UE, ed ha soppresso il diritto al raggruppamento familiare, che permetteva l’ingresso alle famiglie di persone residenti in Gran Bretagna, indipendentemente dalla loro cittadinanza. Decisa da sempre a far diminuire drasticamente il numero di immigrati, May non si è schierata apertamente a favore della Brexit, ma ha deciso di non prendere parte in maniera decisa alla campagna referendaria: una mossa che le ha permesso di mantenere una posizione nell’ombra e di propiziare così la sua salita al timone di comando del governo britannico. Una volta ottenuto ciò che voleva, però, è stata chiara nelle sue dichiarazioni: “Brexit significa Brexit. Non ci sarà un secondo referendum. Usciremo dall’Unione Europea e sarà un successo”.
Detto questo, va anche ricordata la gaffe di Theresa May, che confuse l’Unione Europea con il Consiglio d’Europa e di conseguenza affermò che la Gran Bretagna avrebbe dovuto rifiutare la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, emanazione del Consiglio d’Europa ed in vigore già a partire dal 1953 con la firma anche del Regno Unito, anziché la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nota anche come Carta di Nizza.
UN GOVERNO DI “BREXITERS”
Dopo la nomina di Theresa May, l’attesa era tutta per la squadra di governo. La scelta è ricaduta, per i ruoli chiave, su alcuni dei personaggi che hanno guidato la campagna referendaria per l’uscita dall’Unione Europea, in particolare Boris Johnson, oramai ex sindaco di Londra, che occuperà il posto di Ministro degli Affari Esteri. Per gestire la Brexit, però, May ha deciso di creare un nuovo ruolo apposito, quello del Segretario di Stato per l’Uscita dall’Unione Europea, affidato al sessantasettenne David Davis, che curiosamente fu già Ministro di Stato per l’Europa, dal 1994 al 1997, durante il governo di John Major.
Il Ministero del Commercio sarà nelle mani di Liam Fox, mentre il Ministero delle Finanze, ovvero il posto di Cancelliere dello Scacchiere, è stato affidato a Philip Hammond, uno dei fedelissimi di Cameron, sotto il quale era già stato Ministro degli Esteri, euroscettico ed anti-immigrazione, che però non si era schierato per la Brexit. Amber Rudd, infine, prende il posto della stessa May agli Affari Interni, mantenendo dunque una donna in questo ruolo.
BREXIT: COSA CI ASPETTA?
Vista la posizione di Theresa May e la composizione della nuova squadra di governo, possiamo dire con quasi assoluta certezza che la Brexit si farà. La Gran Bretagna negozierà le condizioni migliori per propiziare l’uscita, anche se inevitabilmente continuerà ad avere strette relazioni con i Paesi del continente. A livello di politica estera, Londra potrebbe ulteriormente entrare nell’orbita degli Stati Uniti, ma allo stesso tempo perderebbe di importanza agli occhi di Washington, che non avrebbe più il proprio fedele alleato all’interno dell’UE.
Per quanto riguarda le politiche interne, preoccupa la svolta anti-immigrazione presa dal governo britannico: probabilmente verranno garantiti i diritti acquisiti per i cittadini europei (almeno dell’Europa occidentale), o in caso contrario potrebbero essere stipulati degli accordi bilaterali con alcuni Paesi, ma chi ne risentirà saranno soprattutto extracomunitari e rifugiati, spesso impossibilitati a raggiungere i propri familiari che già si sono stabiliti in Gran Bretagna. Addirittura, da quando Theresa May ha soppresso il diritto al raggruppamento familiare, molti cittadini britannici sposati o conviventi con cittadini extracomunitari hanno preferito stabilirsi in altri Paesi per non correre il rischio di essere separati per motivi burocratici da coniuge e figli.
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