Sabato 23 settembre si sono tenute le elezioni legislative in Nuova Zelanda, con il primo ministro uscente Bill English favorito per la successione a se stesso. English, in carica dal 12 dicembre 2016 dopo essere subentrato a John Key, dovrà però guardare alla sua destra per ottenere la maggioranza assoluta tra i 120 seggi della House of Representatives. In occasione di questa tornata elettorale, si sono recati alle urne circa 2.56 milioni di elettori, con un’affluenza pari al 78.8% sui 3.57 milioni di aventi diritto.
SISTEMA ELETTORALE E CANDIDATI
Come anticipato, i cittadini neozelandesi sono stati chiamati alle urne per rinnovare la composizione dei 120 seggi del Parlamento. In Nuova Zelanda vige il cosiddetto sistema proporzionale a rappresentanza mista, ed è inoltre prevista una soglia di sbarramento del 5%. I primi 71 seggi vengono assegnati con il metodo del first-past-the-post ai candidati più votati di ciascun collegio elettorale, mentre i restanti 49 vengono distribuiti, attraverso delle liste bloccate decise dai partiti, per ristabilire la proporzionalità tra le forze in campo. In alcuni casi particolari, possono essere aggiunti dei seggi per rispettare il criterio di proporzionalità.
Primo ministro in carica, il cinquantacinquenne Bill English si presentava come leader del New Zealand National Party (Nats), che nell’ultima legislatura aveva mantenuto la maggioranza grazie all’alleanza con un altro partito del centro-destra conservatore, ACT New Zealand (Association of Consumers and Taxpayers), guidato da David Seymour.
Tra le forze di opposizione, la principale è sicuramente rappresentata dai laburisti del New Zealand Labour Party, condotto in questa tornata elettorale da Jacinda Ardern, e strettamente alleato con gli ecologisti del Green Party of Aotearoa New Zealand, formazione condotta da James Shaw. L’altra importante forza politica della vita politica neozelandese è invece New Zealand First, partito nazionalista e conservatore, guidato dal suo carismatico fondatore, Winston Peters.
Nella precedente legislatura erano presenti in parlamento anche il Māori Party, che difende la causa dei diritti delle popolazioni indigene e che ha in Te Ururoa Flavell e Marama Fox i propri leader più noti, ed il partito di centro United Future New Zealand, di Damian Light.
I RISULTATI: VITTORIA SENZA MAGGIORANZA PER ENGLISH
Nelle ore successive alle operazioni di voto, si è subito capito che la Nuova Zelanda sarebbe rimasta senza una maggioranza chiara in parlamento. I Nats di Bill English, infatti, si sono confermati come primo partito del Paese, subendo tuttavia una leggera perdita che non ha permesso loro di mantenere la maggioranza assoluta nella House of Representatives. Con il 46.03%, il principale partito di governo ha ottenuto 58 seggi, due in meno della passata legislatura, che vanno a sommarsi all’unico seggio conquistato dagli alleati di ACT New Zealand. Con 59 deputati sui 120, dunque, la coalizione di centro-destra manca per due unità la possibilità di formare un nuovo governo.
Dall’altra parte dello spettro politico, i laburisti sono stati premiati dall’elettorato con un guadagno di ben dieci punti percentuali, che li ha portati al 35.79%, con un incremento di ben tredici seggi. I quarantacinque parlamentari laburisti potranno contare sull’appoggio dei sette deputati dei Greens, che invece hanno visto la propria rappresentanza dimezzata da quattordici a sette membri del parlamento, con 5.85 punti percentuali. Anche in questo caso, dunque, la coalizione di centro-sinistra non ha raggiunto la maggioranza, avendo complessivamente collezionato 52 seggi.
A decidere le sorti del futuro governo neozelandese, con ogni probabilità, sarà dunque Winston Peters, che con il suo New Zealand First ha ottenuto nove seggi, due in meno della passata legislatura, con una percentuale del 7.51%. Restano esclusi dal parlamento, invece, sia il Māori Party, che non è riuscito ad ottenere seggi neppure nei collegi elettorali storicamente favorevoli, sia United Future New Zealand: con soli cinque partiti, di conseguenza, quello della prossima legislatura sarà il parlamento con meno forze politiche rappresentante dal 1996, data nella quale la Nuova Zelanda ha adottato l’attuale legge elettorale.
WINSTON PETERS, IL DONALD TRUMP NEOZELANDESE?
In una situazione che i britannici chiamerebbero di “hung parliament”, a logica dello spettro politico vedrebbe a questo punto Peters e New Zealand First venire in soccorso della coalizione di centro-destra, permettendo così ad English di formare un nuovo governo. Tuttavia, questo eccentrico uomo politico, da alcuni descritto come il Donald Trump neozelandese, ha detto di voler prendere tempo per decidere la prossima mossa, non escludendo addirittura un’alleanza con le forze di centro-sinistra.
Il settantaduenne Peters, noto per le sue posizioni politiche anti-immigrazione e protezioniste, sta più probabilmente temporeggiando con il pretesto di aspettare la proclamazione ufficiale dei risultati, attesa per l’8 ottobre, al fine di pianificare nel frattempo un accordo a lui conveniente da sottoporre ad English, e portare dunque più a destra il posizionamento del governo, magari con l’inserimento di qualcuno dei suoi uomini più fidati tra i ministri. Un accordo con i laburisti appare invece poco credibile, soprattutto perché potrebbe a quel punto essere lo stesso partito di Jacinda Ardern a rifiutarlo. I laburisti, infatti, rischierebbero in quel caso di perdere il sostegno dei Greens, considerati come la forza più a sinistra e dunque agli antipodi rispetto a NZ First, vanificando così l’eventuale tentativo di formare un governo.
Certo, in passato Peters ha già determinato le sorti della vita politica del Paese, appoggiando in maniera alternata i Nats ed i laburisti, e lo stesso English, che nel frattempo manterrà la carica di Primo Ministro ad interim, ha detto che potrebbero volerci settimane di contrattazioni per giungere ad un accordo definitivo. Più tempo ci vorrà, e più Peters potrà far valere le proprie rivendicazioni, con la minaccia di costringere il Paese a nuove elezioni senza riuscire a formare un governo, o di far cadere il governo appena formato in caso di mancato rispetto degli accordi presi.
L’altra possibilità, paventata da alcuni commentatori politici neozelandesi, è quella di una coalizione trasversale tra centro-destra e centro-sinistra, che isolerebbe proprio Peters e New Zealand First. Qualunque sarà la coalizione che guiderà il prossimo governo della Nuova Zelanda, ad ogni modo, dovrà forzatamente essere figlia del compromesso tra forze politiche storicamente differenti.