Domenica 15 ottobre, i 6.4 milioni di cittadini aventi diritto al voto in Austria sono stati chiamati alle urne per rinnovare del Nationalrat (Consiglio Nazionale), la camera bassa del Parlamento, composta da 181 membri, attraverso le elezioni legislative. L’affluenza alle urne è stata tra le più alte degli ultimi anni in Europa, pari all’80% (5.1 milioni di elettori). In seguito all’ufficializzazione dei risultati elettorali, il 20 ottobre il presidente federale Alexander Van der Bellen ha incaricato Sebastian Kurz di formare un nuovo governo in qualità di leader del partito con più consensi.
SISTEMA ELETTORALE E CANDIDATI
I 183 seggi del Nationalrat vengono distribuiti in maniera proporzionale secondo il metodo Hare, con una soglia di sbarramento fissata al 4%. Il territorio federale è suddiviso in nove collegi elettorali che corrispondo agli stati che formano la federazione austriaca, ognuno dei quali assegna un numero variabile di seggi, da sette a trentasei, in base al proprio peso demografico.
Cancelliere in carica da poco più di un anno, Christian Kern si ripresentava a queste elezioni come leader del Partito Socialdemocratico (SPÖ – Sozialdemokratische Partei Österreichs). Il principale sfidante del cinquantunenne era invece il giovane Sebastian Kurz, trentunenne già Ministro degli Affari Esteri, che ha assunto la guida del Partito Popolare (ÖVP – Österreichische Volkspartei), la principale forza di centro-destra, dopo le dimissioni dell’ex Cancelliere ad interim Reinhold Mitterlehner (rimasto in carica appena una settimana nel maggio del 2016).
In ascesa negli ultimi anni, Heinz-Christian Strache si presentava per giocare potenzialmente il ruolo di terzo incomodo con il suo Partito della Libertà (FPÖ – Freiheitliche Partei Österreichs), forza dell’estrema destra nazionalista divenuta tristemente nota soprattutto durante il periodo di leadership di Jörg Haider, personaggio dalle posizioni tanto estreme da meritarsi l’appellativo di neonazista. Uno dei meriti di Strache, invece, è stato proprio quello di ammorbidire, seppur in forma relativa, le posizioni del suo partito su alcune tematiche.
Tra i leader degli altri partiti, Matthias Strolz guidava i liberali di NEOS (La Nuova Austria e Forum Liberale – Das Neue Österreich und Liberales Forum), l’ex verde Peter Pilz si è presentato con la sua nuova lista, denominata proprio Liste Peter Pilz, mentre la storica forza ecologista Die Grünen (I Verdi) è stata affidata alle mani di Ulrike Lunacek.
I RISULTATI
Con una forte ascesa nei sondaggi, Sebastian Kurz ha saputo conquistare negli ultimi mesi l’elettorato austriaco, riportando il Partito Popolare in vetta alle elezioni legislative come non accadeva dal 2000. Il giovane leader ha raccolto il 31.5% dei consensi, permettendo all’ÖVP di collezionare 62 seggi, quindici in più rispetto alla precedente tornata elettorale. La crescita dell’area di destra è confermata anche dall’aumento dei suffragi raccolti dal FPÖ di Strache, che ha ottenuto il 26% delle preferenze e 51 seggi, undici in più rispetto al 2013.
Alla guida del Paese negli ultimi dieci anni, i socialdemocratici del SPÖ sono rimasti stabili a quota 52 seggi, con il 26.9% dei consensi. Rivoluzione in casa ecologista, dove i Verdi non superano la soglia di sbarramento (3.8%), perdendo tutti i loro ventiquattro seggi, recuperati solo in parte dalla lista di Peter Pilz (4.4% ed 8 rappresentanti in parlamento).
Infine, NEOS ha incrementato il proprio bottino di un seggio, eleggendo dieci parlamentari con il 5.3% delle preferenze.
LE POSSIBILI ALLEANZE PER IL GOVERNO KURZ
Come da tradizione, il presidente federale Alexander Van der Bellen ha incaricato Sebastian Kurz di formare un nuovo governo in qualità di leader del partito con più consensi. Per raggiungere la maggioranza assoluta di almeno 92 deputati, tuttavia, il leader dell’ÖVP avrà bisogno di stringere un’alleanza con una delle altre due principali forze politiche, ovvero i socialdemocratici del SPÖ oppure i nazionalisti del FPÖ.
Proprio Van der Bellen, tuttavia, ha fatto capire, seppur in maniera non esplicita, di preferire un’alleanza con i socialdemocratici, dando vita ad un nuovo governo trasversale di Große Koalition, come quelli che hanno già caratterizzato la maggioranza degli ultimi anni della vita politica austriaca, dimostrando – come nel caso della Germania – che partiti sulla carta rivali in realtà si somigliano molto. Il presidente federale ha espressamente detto, nel suo discorso ufficiale, che “l’Austria deve continuare ad essere al centro dell’Unione Europea”, fatto che chiaramente mal si concilia con le posizioni antieuropeiste del FPÖ. Sarà proprio l’Austria, del resto, ad assumere la presidenza dell’UE nella seconda metà del 2018.
Dopo il discorso del Presidente, Kurz ha dichiarato di essere contento dell’incarico ma anche cosciente della “grande responsabilità” che gli è stata affidata, e che dunque coinvolgerà tutti i partiti parlamentari per trovare il miglior compromesso per la formazione del governo. Non va dimenticato, infatti, che la costituzione austriaca prevede la necessità di ottenere una maggioranza dei 2/3 per alcuni tipi di riforme, in particolare quelle costituzionali, e dunque Kurz ha fatto sapere di voler negoziare anche con NEOS per incassare almeno un sostegno esterno al governo su determinate questioni.
In base ai numeri attuali, una coalizione tra ÖVP e SPÖ raggiungerebbe una maggioranza di 114, mentre 113 sarebbero i deputati dell’alleanza di governo tra ÖVP e FPÖ. Nel caso in cui non si riuscisse ad arrivare ad un compromesso, Van der Bellen dovrebbe incaricare il leader del secondo partito, quindi Kern, di formare il governo. Un ulteriore fallimento condurrebbe infine a nuove elezioni.