Previste per mercoledì 23 agosto, le elezioni legislative dell’Angola sono state posticipate di tre giorni in quindici collegi elettorali a causa del maltempo. Oltre all’elezione dei membri dell’Assembleia Nacional, il parlamento unicamerale del Paese africano, composto da 220 membri, la legge elettorale prevede che il leader del partito più votato assuma automaticamente il ruolo di Presidente della Repubblica.
I CANDIDATI: CAMBIAMENTO DI LEADERSHIP NEL MPLA
Sin dall’indipendenza dal Portogallo, raggiunta solamente nel 1975 – tra gli ultimi Paesi africani ad ottenerla -, l’Angola è stata governata dal MPLA (Movimento Popular de Libertação de Angola – Partido do Trabalho / Movimento Popolare di Liberazione dell’Angola – Partito del Lavoro), che deve il suo successo proprio al ruolo fondamentale svolto nella lotta per l’indipendenza. Nato come partito di ispirazione marxista-leninista, il MPLA si è nel frattempo assestato su posizioni socialdemocratiche. Inizialmente, si pensava che il partito di governo fosse deciso a ripresentare come leader il settantacinquenne José Eduardo dos Santos, che ricopre la massima carica dal 1979, quando assunse il potere alla morte del leader storico del MPLA, l’eroe rivoluzionario António Agostinho Neto. Alla fine, però, è stato deciso per un cambiamento sulla carta radicale, presentando il sessantatreenne João Manuel Gonçalves Lourenço, noto come JLo, già Ministro della Difesa dal 2014 ed ex presidente delle forze armate nella lotta per la liberazione, dopo essere stato addestrato militarmente in Unione Sovietica. Il sessantaquattrenne Bornito de Sousa è stato scelto invece come candidato vicepresidente.
Per quanto riguarda gli altri partiti, il principale rivale del MPLA è l’UNITA (União Nacional para a Independência Total de Angola / Unione Nazionale per l’Indipendenza Totale dell’Angola), già opposta al partito di governo nel corso della lunga guerra civile che ha tartassato il Paese africano prima e dopo dell’indipendenza, terminata proprio con la morte dello storico leader dell’UNITA, Jonas Savimbi. Inizialmente di ispirazione maoista, questo partito è presto passato su posizioni liberiste di centro-destra, e presentava come proprio candidato presidente alle elezioni il settantunenne Isaías Samakuva.
Tra le altre forze politiche, il CASA–CE (Convergência Ampla de Salvação de Angola – Coligação Eleitoral / Ampia Convergenza per il Salvataggio dell’Angola – Coalizione Elettorale), una coalizione di diversi partiti minori di centro-sinistra, candidava Abel Chivukuvuku, ex membro dell’UNITA, mentre il Partido de Renovação Social (Partito del Rinnovamento Sociale) aveva come proprio leader Eduardo Kuangana, ed infine il FNLA (Frente Nacional de Libertação de Angola / Fronte Nazionale di Liberazione dell’Angola), partito conservatore di ispirazione cristiana a sua volta protagonista della sanguinosa guerra civile, presentava Ngola Kabangu.
I RISULTATI: JOÃO LOURENÇO NUOVO PRESIDENTE
Il sistema elettorale angolano prevede che l’elezione dei membri del parlamento avvenga con un metodo misto: i primi 130 seggi sono assegnati in maniera proporzionale a livello nazionale, mentre i restanti novanta vengono distribuiti basandosi su diciotto collegi elettorali, ognuno dei quali assegna cinque seggi seguendo il metodo d’Hondt. Da notare che si sono recati alle urne circa 7 milioni di elettori sui 9.3 milioni di aventi diritto, con un’affluenza pari al 76.57%.
Come previsto, il MPLA ha ottenuto la grande maggioranza dei consensi, raggiungendo il 61.05% ed ottenendo così 150 seggi. Nonostante questo grande successo, va tuttavia registrata una flessione di dieci punti percentuali rispetto alle elezioni del 2012, che costano anche venticinque seggi in meno nell’Assembleia Nacional. Ad ogni modo, il MPLA non avrà problemi per governare, ed il prossimo 21 settembre João Lourenço entrerà ufficialmente in carica come nuovo capo di stato, succedendo a José Eduardo dos Santos, mentre Bornito de Sousa assumerà la carica di vicepresidente.
Responso positivo per l’UNITA di Isaías Samakuva, che guadagna otto punti percentuali rispetto a cinque anni fa, raggiungendo quota 26.72% ed ottenendo così 51 seggi, diciannove in più rispetto alla precedente legislatura. Il CASA–CE ottiene invece il 9.49% delle preferenze, raddoppiando la propria rappresentanza in parlamento, che passa da otto a sedici membri. Infine, Partido de Renovação Social ha ottenuto due seggi (1.33%) ed il FNLA appena uno (0.91%).
UN VERO PASSAGGIO DI CONSEGNE?
Nonostante il passaggio formale del potere dalle mani di José Eduardo dos Santos a quelle di João Lourenço, questa mossa non ha convinto né le opposizioni interne al paese né gli osservatori internazionali. In carica da trentotto anni, infatti, il capo di stato uscente ha costruito una rete che potrebbe consentirgli di mantenere le redini del potere anche senza ricoprire alcuna carica formale. Negli ultimi anni, oltretutto, dos Santos ha avuto il tempo per piazzare i suoi figli in diversi ruoli chiave, permettendo alla sua famiglia di pesare ancora molto sulla vita politica angolana (la figlia Isabel è considerata come la donna più ricca d’Africa, secondo la rivista Forbes, ed insieme al fratello José Filomeno dirige la compagnia petrolifera statale, la Sonangol).
Non va dimenticato che, ancora fino al 21 settembre, José Eduardo dos Santos è il secondo presidente in carica da più tempo dell’intero pianeta, preceduto solamente da Teodoro Obiang Nguema Mbasogo della Guinea Equatoriale, che assunse le redini del Paese il 3 agosto 1979, mentre il capo di stato angolano ricopre la carica dal 21 settembre dello stesso anno. A farlo desistere dal richiedere un nuovo mandato, secondo alcune indiscrezioni, sarebbero stati dei problemi di salute, per i quali sarebbe andato a curarsi in Spagna.
Tuttavia, dos Santos resterà il capo del partito di governo, il MPLA, ed inoltre il presidente uscente si è preoccupato di passare una legge che indebolisce fortemente il ruolo del nuovo capo di stato, il quale non potrà nominare per otto anni nuovi dirigenti nei posti chiave dell’esercito, della polizia e dei servizi segreti. In pratica, dos Santos si è preoccupato di mantenere in quei ruoli uomini a lui fedeli e da lui precedentemente nominati per almeno altri otto anni.
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