Domenica 25 giugno si sono tenute le elezioni parlamentari in Albania. I principali concorrenti erano il Partito Socialista d’Albania (PS – Partia Socialiste e Shqipërisë) del primo ministro uscente, il cinquantaduenne Edi Rama, ed il Partito Democratico d’Albania (PD – Partia Demokratike e Shqipërisë), condotto dal leader dell’opposizione, il quarantatreenne Lulzim Basha. A recarsi alle urne è stato solamente il 45.17% degli aventi diritto, dato che segue pienamente la tendenza all’astensione che si registra in tutto il continente.
ANTEFATTO E SISTEMA ELETTORALE
Dopo le ultime elezioni del giugno 2013, vinte dai socialisti, Rama aveva formato il governo con una maggioranza confortante di 83 seggi sui 140 del parlamento unicamerale del Paese (Kuvendi i Shqipërisë). Dopo una crisi politica e la perdita di diversi deputati da parte della maggioranza, sono state indette nuove elezioni per la data del 18 giugno. Una minaccia di boicottaggio da parte di alcune forze politiche ha poi portato a rimandare le votazioni di una settimana, mettendo d’accordo tutti i partiti.
Per quanto riguarda il sistema elettorale, il territorio dell’Albania è suddiviso in dodici contee, che corrispondono ad altrettanti collegi elettorali. Ognuno di questi assegna un numero diverso di seggi, in base al proprio peso demografico: la circoscrizione della capitale Tirana, ad esempio, elegge trentaquattro deputati, mentre la più piccola, quella di Kukës, solamente tre. La distribuzione dei può essere aggiustata ad ogni tornata elettorale in base ai cambiamenti demografici sopraggiunti nel Paese. Le liste sono chiuse, ed è possibile formare alleanze.
Il conteggio dei seggi, infine, segue prevalentemente la distribuzione proporzionale: viene prima utilizzato il metodo D’Hondt (lo stesso utilizzato nelle elezioni comunali italiane ed uno dei più diffusi al mondo) per la distribuzione dei seggi fra le differenti alleanze, ed in seguito metodo Sainte-Laguë della media più alta (utilizzato soprattutto nei Paesi dell’Europa orientale) per la divisione dei seggi di ciascuna alleanza tra i partiti che ne fanno parte.
I RISULTATI: MAGGIORANZA ASSOLUTA PER I SOCIALISTI
Nonostante la crisi politica che ha colpito il suo governo negli ultimi quattro mesi, il primo ministro Edi Rama è ancora una volta il vincitore della consultazione elettorale, e con tutta probabilità verrà confermato nel ruolo di premier del Paese. I socialisti hanno infatti ottenuto il 48.50% delle preferenze su scala nazionale, conquistando 73 seggi, una quota sufficiente per avere la maggioranza assoluta e poter formare un governo senza la necessità di stringere alleanze. Certo, rispetto al 57.6% di preferenze di quattro anni fa si è registrato un calo, ma ciò era prevedibile dopo gli ultimi travagliati mesi della vita politica albanese. L’obiettivo di mantenere la maggioranza assoluta è stato raggiunto, e Rama può dirsi soddisfatto.
La prima forza d’opposizione resta il Partito Democratico di Lulzim Basha, che con il 29.07% delle preferenze ha ottenuto 43 deputati. Anche la principale forza di centro-destra, dunque, registra una contrazione dei seggi, che nella precedente legislatura erano cinquanta.
A guadagnarci sono soprattutto i partiti minori. Il Movimento Socialista per l’Integrazione (LSI – Lëvizja Socialiste për Integrim), formato nel 2004 dai socialisti favorevoli all’ingresso dell’Albania nell’Unione Europea (posizione oramai condivisa dallo stesso PS), ha ottenuto il suo miglior risultato di sempre, guadagnandosi il 19.36% delle preferenze e ben diciannove rappresentanti in parlamento. A guidare il partito nella campagna elettorale è stato il ministro della Giustizia del governo in carica, Petrit Vasili.
Stabile il Partito per la Giustizia, l’Integrazione e l’Unità (PDIU – Partia Drejtësi, Integrim dhe Unitet), forza nazionalista guidata da Shpëtim Idrizi, che ha ottenuto il 4.88% delle preferenze e quattro deputati. Novità, invece, per il Partito Socialdemocratico d’Albania (PSD – Partia Socialdemokrate e Shqipërisë) di Skënder Gjinushi, che dopo otto anni di assenza dal parlamento torna ad ottenere un seggio nonostante lo 0.84% di preferenze a livello nazionale.
Delusione, al contrario, per SFIDA! (Partia Sfida për Shqipërinë), il nuovo partito formato da Gjergj Bojaxhi in occasione delle elezioni comunali di Tirana del 2015, che nonostante una percentuale più alta del PSD (l’1.21%) non ha ottenuto seggi. Fuori dal parlamento anche il Partito Comunista d’Albania (PKSH – Partia Komuniste e Shqipërisë), erede del partito egemone ai tempi della repubblica democratica socialista, il Partito del Lavoro d’Albania.
L’ALBANIA VERSO L’INGRESSO NELL’UNIONE EUROPEA?
Nonostante la bassissima affluenza alle urne, che ancora una volta dovrebbe porre dei dubbi sulla legittimazione popolare del modello delle democrazie rappresentative occidentali, i cittadini che hanno scelto di esprimersi nelle elezioni di domenica sembrano aver premiato la scelta europeista da parte del governo di Edi Rama. La campagna elettorale del primo ministro si è infatti basata principalmente sulla necessità di approvare le riforme economiche e giuridiche che rappresentano un prerequisito fondamentale per l’ingresso dell’Albania nell’Unione Europea.
“Le elezioni si sono tenute in un clima di calma ed ordine”, ha detto Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri. “Appena il processo elettorale sarà completato, ci impegneremo con il nuovo governo per sostenere il processo di riforme e proseguire nel processo di integrazione europea. La continuazione della riforma della giustizia e la lotta contro il traffico e la coltivazione di stupefacenti saranno ritenute di particolare importanza”. Secondo Rama, l’inizio del dialogo ufficiale tra il governo albanesi e le autorità europee potrebbe avere inizio entro fine anno.
In base agli accordi presi per evitare il boicottaggio elettorale, dobbiamo ricordare anche che il nuovo governo sarà costretto ad includere anche sei ministri delle forze di opposizione, compreso il ministro dell’Interno.
Ribadiamo infine – vale la pena di ripeterlo – il dato allarmante dell’affluenza alle urne, la più bassa di sempre da quando l’Albania non è più un Paese comunista, non spiegabile solamente con la coincidenza tra la tornata elettorale ed il Ramadan (circa il 60% della popolazione albanese di proclama di fede musulmana). Se un tempo la democrazia rappresentativa occidentale poteva essere definita come la “dittatura della maggioranza”, oggi assume sempre più i connotati della “dittatura della minoranza più grande”: ma questa è un’altra storia, della quale parleremo un’altra volta.