“Warum?”- “Hier ist kein Warum !” ( perche?- , -Qui non c’è un perchè- ) Primo Levi, Se questo è un uomo
Un inverno di qualche anno fa, in Abruzzo, negli altopiani della Marsica, camminavo in mezzo alla neve. Era un giornata solenne, bellissima una incantata pace aleggiava tra le valli e le montagne ammantate di bianco, il cielo immenso e azzurro, altissimo, terso, ed ecco mi capita di imbattermi in questa rete sovrastata da un filo spinato sul quale si era inerpicata la tenerezza di bellissime infiorescenze. Questa visione mi colpì fortemente. Non so perché, mi sdraiai sulla neve, mi feci piccolo a guardare questo oggetto aggressivo fatto dalle mani dell’uomo e a cui la natura aveva offerto la redenzione dei suoi fiori. E così sdraiato con occhi che guardavano da una piccola altezza, stagliato contro la purezza e la bellezza del cielo, questo reticolato urlava la ferita inguaribile del dolore che l’uomo ha inferto all’uomo nei giorni della storia. In mezzo alla bellezza estrema di quel cielo, di quel blu solenne e magnifico, unica vera chiesa di ogni religione, e di ogni religiosità, la cui luce era moltiplicata dall’immacolato candore delle nevi, lo stridore di quel filo di ferro spinato sembrava la corona di spine del cristo messa a ferire l’intero universo e la vita nella sua totalità.
Quella rete era la rete di un recinto contadino, di qua e di là era il nostro tempo, erano lontani gli atroci giorni del nazismo che aveva divorato la terra, ma io cosi sdraiato per terra non ero più io. Ero un bambino arrivato al limite invalicabile del campo di concentramento, da cui senza un perchè si poteva uscire solo dal camino. Ero un bambino sotto ad un cielo la cui bellezza era uguale soltanto alla bellezza delle lacrime che lo guardavano senza trovare un senso.
Ebbi una atroce sensazione: così dovevano aver guardato gli occhi dei bambini chiusi nei campi di concentramento nazisti. Davanti alla bellezza ed al calore della luce del sole nel gelo di una giornata inverno esattamente come questa in Auschwitz, impazzendo nel tentativo impossibile di conciliare la bellezza del mondo, del cielo, della luce del sole, con l’orrore dei recinti di morte in cui si compiva il loro sterminio , in cui erano stati strappati alle madri e ai padri, ai fratelli e alle sorelle, alla vita.
Mi alzai stordito per tornare a casa, ero sconvolto dalla percezione che avevo avuto del dolore indescrivibile che dovevano avere vissuto gli occhi di questo bambino. Come avessi preso una atroce scossa scrutando quei fili mortali. Fotografai il suo sguardo per non dimenticarlo mai più.
Shemà
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.
Primo Levi
Bibliografia:
https://it.wikipedia.org/wiki/Campo_di_concentramento_di_Auschwitz
https://it.wikipedia.org/wiki/Primo_Levi
https://it.wikipedia.org/wiki/Olocausto
https://it.wikipedia.org/wiki/Anna_Frank
https://it.wikipedia.org/wiki/Giorno_della_Memoria
https://it.wikipedia.org/wiki/Hannah_Arendt