Le immagini dei tanti cittadini che negli ultimi mesi hanno abbandonato il Venezuela sono state utilizzate da parte della stampa occidentale per screditare il governo di Nicolás Maduro. Ovviamente, nessuno può negare che tanti venezuelani abbiano deciso di lasciare il Paese a causa della crisi economica, ma a colpire è stato soprattutto l’uso strumentale di questo fenomeno, visto che nel mondo esistono numerosi Paesi dai quali le persone si allontanano per ragioni economiche, senza che però le televisioni ed i giornali si sentano in dovere di informarcene. Significativo, poi, è anche il vocabolario utilizzato: dal Venezuela (come in passato si diceva per Cuba) le persone “scappano”, dal resto del mondo “emigrano”.
Allo stesso tempo, possiamo dire che nessun mass media ha mai parlato dei migliaia di stranieri che invece sono immigrati in Venezuela dagli altri Paesi latino-americani: così come tanti venezuelani hanno di recente varcato la frontiera con la Colombia, migliaia di colombiani sono andati a vivere in Venezuela nei lunghi anni di conflitto interno tra gruppi guerriglieri e paramiliari filogovernativi, tanto che oggi i colombiani rappresentano la comunità straniera più numerosa in Venezuela, pari a 721.791 unità. Vi sono poi migliaia di peruviani, ecuadoregni, cileni, brasiliani, boliviani ed argentini, mentre meno numerose sono le comunità provenienti da Paraguay ed Uruguay.
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Tornando al fenomeno dell’emigrazione venezuelana, nessun media occidentale ha neppure fatto sapere al pubblico che il presidente Nicolás Maduro ha varato di recente un piano per permettere ai cittadini venezuelani di rientrare in patria, seguendo il programma denominato proprio “Vuelta a la Patria”. Il piano è stato varato il 28 agosto, e, solo nei primi dieci giorni, ha permesso il rimpatrio di 1.605 venezuelani, secondo i dati diramati dal governo. Diversi autobus hanno portato 1.404 venezuelani dal Brasile a Caracas, altri sono rientrati in aereo principalmente dall’Ecuador e dal Perù. Il piano offre assistenza ai cittadini venezuelani che decidano di rientrare volontariamente in patria, coprendo i costi dei trasporti ed offrendo assitenza in ambito lavorativo e sociale al ritorno.
Nel frattempo, le ambasciate venezuelane di Lima, Quito, Bogotá e Buenos Aires sono state prese d’assalto da centinaia di venezuelani pronti ad approfittare del programma del governo bolivariano. Non va infatti taciuto il fatto che molti emigranti si sono trovati in condizioni ancora più difficili rispetto a quelle vissute in patria, vittime di discriminazione xenofoba e sfruttamento sul lavoro. Di recente è stato documentato anche il rimpatrio di cinquantadue membri della comunità indigena Yukpa, rientrati in Venezuela dopo aver attraversato il confine con la Colombia quattro mesi fa, recandosi nella città di Bucaramanga. Secondo gli ultimi dati disponibili, sono quasi 1.700 i venezuelani rientrati in patria dal lancio del piano, ma i numeri sono destinati a salire grazie a nuovi ponti aerei con le capitali latinoamericane.
Il programma “Vuelta a la Patria” rappresenta dunque un nuovo tassello del più articolato piano voluto dal presidente Maduro per portare il Venezuela fuori dalla crisi economica, dopo l’introduzione di due nuove valute e le altre riforme economiche che dovrebbero riportare il Paese alla normalità nei prossimi due anni, come dichiarato dallo stesso capo di Stato.
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Continua, nel frattempo, l’offensiva degli Stati Uniti contro il governo bolivariano del Venezuela, sia sotto forma di guerra mediatica che per mezzo del blocco economico. Di recente, alcune rivelazioni del New York Times hanno aggiunto nuovi elementi, svelando alcuni particolari dei piani orditi da Washington per rovesciare il legittimo governo di Caracas ed il presidente Nicolás Maduro. Secondo la prestigiosa testata statunitense, la Casa Bianca avrebbe avuto dei contatti con frange deviate delle forze militari venezuelane, anche se poi il piano non è stato portato a termine. Il ministro degli Esteri venezuelano, Jorge Arreaza, ha reagito a questa notizia dichiarando inaccettabili le continue ingerenze degli Stati Uniti negli affari venezuelani, ribadendo la sovranità e l’indipendenza del Paese. Arreaza, che in passato è stato pure vicepresidente, è oggi intervenuto anche all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dove ha ribadito gli stessi concetti, condannando il blocco economico messo in piedi dagli Stati Uniti come principale causa della crisi economica del Paese.
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