Due mesi dopo le elezioni presidenziali vinte dal candidato di centro-destra Iván Duque Márquez, i cittadini colombiani sono stati richiamati alle urne domenica 26 agosto per un referendum composto da sette quesiti, ribattezzato “referendum anti-corruzione”.
Lanciato dai senatori Claudia López Hernández ed Angélica Lozano Correa, entrambi membri del partito ecologista Alianza Verde (Alleanza Verde), attraverso una campagna denominata Consulta Popular Anticorrupción, il referendum aveva ottenuto le firme necessarie ed era stato approvato dal Senato e dal presidente in data 18 giugno, quando il capo di stato era ancora Juan Manuel Santos.
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Considerando la corruzione come uno dei mali atavici della politica colombiana – fatto che purtroppo è comune a gran parte dei Paesi dell’America Latina -, la campagna ha ricevuto numerose adesioni, compresa quella del neoeletto capo di stato Iván Duque, che in questo si è trovato in disaccordo con il suo mentore, l’ex presidente Álvaro Uribe, il quale è attualmente sotto processo proprio per corruzione.
Il primo e più noto quesito prevedeva la limitazione del numero di mandati per i politi a tre per qualsiasi genere di incarico, mentre negli altri quesiti si proponevano misure per aumentare la trasparenza da parte dei rappresentanti del mondo politico, in particolare sulle proprie attività economiche e su quelle dei loro familiari, infine si prevedeva anche una netta riduzione dei salari dei politici di circa il 40%.
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Il referendum, tuttavia, ha mancato di poco il quorum: sui 36.4 milioni di aventi diritto, si sono recati alle urne oltre 11.6 milioni di cittadini, con un’affluenza alle urne pari al 32%, di poco inferiore rispetto ai 12.1 milioni richiesti per raggiungere il terzo del corpo elettorale. Questo dato mostra sicuramente una scarsa volontà di cambiamento da parte di determinati settori cittadinanza, senza dimenticare che già si era registrata un’affluenza alle urne non elevata in occasione delle presidenziali (53%). Tuttavia, va sottolineato come oltre il 99% dei votanti si sia mostrato favorevole a tutti i sette quesiti proposti, mentre una parte dell’elettorale potrebbe aver deciso di astenersi ritenendo non sufficienti le misure proposte dai quesiti referendari, elementi che dimostrano l’esistenza di un cambiamento di rotta dopo l’ottimo risultato ottenuto alle presidenziali dal candidato di centro-sinistra Gustavo Petro.