Sono stati ufficializzati i risultati del secondo turno delle elezioni presidenziali in Colombia, svoltosi domenica 17 giugno. Il nuovo capo di stato del Paese sudamericano, a partire dal 7 agosto di quest’anno, sarà il quarantunenne Iván Duque Márquez, che nel ballottaggio ha sconfitto il cinquantottenne Gustavo Petro.
Favorito della vigilia, Iván Duque Márquez (membro del Partido Centro Democrático e candidato per la coalizione Gran Alianza por Colombia) ha ottenuto il 53.98% delle preferenze, superando la soglia dei dieci milioni di voti, e confermando dunque la lunga tradizione di presidenti di centro-destra. Seppur sconfitto, Gustavo Petro (membro del Movimiento Progresistas e candidato sotto l’egida della coalizione Lista de la Decencia) ha comunque ottenuto il miglior risultato nella storia contemporanea del Paese per un candidato di centro-sinistra, raggiungendo il 41.81% dei suffragi, per un totale di otto milioni di voti.
L’affluenza alle urne, pari al 53.04%, ha fatto registrare un leggerissimo calo sia rispetto al primo turno che nei confronti del secondo turno del 2014, quando si impose Juan Manuel Santos, che dovrà lasciare la presidenza dopo due mandati consecutivi, come previsto dalla Costituzione.
Per i colombiani, dunque, all’orizzonte ci sono altri quattro anni di centro-destra al potere, visto che Duque è l’erede conclamato di Álvaro Uribe Vélez, capo di stato dal 2002 al 2010, ed allora grande alleato di George W. Bush. La Colombia si è infatti sempre caratterizzata per la sua vicinanza con gli Stati Uniti d’America, anche negli anni in cui in tutto il continente latinoamericano prendevano il potere governi progressisti. Per Washington, infatti, questo Paese ha un ruolo fondamentale, certamente perché è l’unico Paese sudamericano ad essere bagnato da entrambi gli Oceani (Atlantico e Pacifico), ma anche al fine di utilizzarlo come fattore di destabilizzazione nei confronti del vicino Venezuela bolivariano.
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Una volta ottenuta la vittoria, Duque ha quanto meno promesso di assicurare una smobilitazione con l’ormai ex gruppo guerrigliero noto come FARC o FARC-EP (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia – Ejército del Pueblo, Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia – Esercito del Popolo), il cui processo di pace aveva subito una battuta d’arresto dopo le lunghe contrattazioni tenutesi a L’Avana, con la mediazione del governo cubano. Secondo gli analisti, però, le vere intenzioni del prossimo capo di stato sarebbero altre, e potrebbe avere inizio una nuova epoca di sanguinose persecuzioni nei confronti degli ex guerriglieri. Dal punto di vista della politica estera, come anticipato, la Colombia resterà allineata agli Stati Uniti con un ruolo oppositivo rispetto al governo di Nicolás Maduro in Venezuela, spesso attaccato da Duque anche durante la campagna elettorale.
Il resto del programma di Duque, come da tradizione della destra liberista, prevedeva soprattutto privatizzazioni e misure a vantaggio delle classi più agiate, favorendo lo sviluppo del settore privato e la competizione tanto nell’istruzione quanto nella sanità. Molto temuto è anche l’aspetto ambientale, visto che il prossimo inquilino del Palacio de Nariño (la residenza del presidente colombiano) ha aperto uno spiraglio alla pratica del fracking per l’estrazione delle risorse petrolifere, notoriamente dannosa dal punto di vista ambientale.
Rispetto al passato, tuttavia, il centro-destra non potrà governare da padrone incontrastato del Paese: otto milioni di cittadini hanno regalato a Petro ed alla coalizione di centro-sinistra un risultato senza precedenti, dimostrando comunque l’esistenza di un cambiamento di rotta in Colombia. “Non mi sento, a dire il vero, sconfitto”, ha dichiarato l’altro candidato giunto al secondo turno. “Accettiamo la vittoria di Duque, che è il nuovo presidente della Repubblica di Colombia, mentre noi saremo l’opposizione a questo governo”.
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Boris Miranda, corrispondente della BBC in Colombia, ha fatto notare come il risultato elettorale sia stato dettato più da fattori esterni che dall’effettivo carisma di Duque. Secondo l’analista, a determinare la vittoria del candidato di Centro Democrático sono stati innanzi tutto il radicamento del Partido Centro Democrático, a lungo al potere, e l’appoggio esplicito dell’ex presidente Álvaro Uribe, considerato ancora come un uomo chiave della politica colombiana, nonostante non ricopra cariche ufficiali, tant’è che, prima del suo appoggio ufficiale, Duque era dato solamente al 9% nei sondaggi. Dall’altro lato, va considerata la violenta campagna elettorale effettuata contro Petro e contro il Venezuela, visto che il candidato del centro-sinistra è stato descritto come il Nicolás Maduro di Colombia, seguendo naturalmente la versione dei fatti secondo la quale Maduro sarebbe il demonio in terra ed utilizzando lo slogan “vota affinché la Colombia non diventi come il Venezuela”.
Tradizione dell“uribismo” e paura del “castrochavismo”, dunque, sono stati fattori fondamentali nell’affermazione di Duque. Significativa, comunque, la conclusione dello stesso Miranda, alla quale ci allineiamo: “Non va sottovalutato il fatto che Gustavo Petro sia arrivato al secondo turno ed abbia ottenuto più di otto milioni di voti in un Paese dove la maggioranza dei candidati di sinistra hanno subito pesanti sconfitte o sono stati assassinati”.