Il 4 maggio si sono tenute le elezioni legislative per rinnovare i 462 seggi che compongono l’Assemblée Populaire Nationale (APN), il parlamento dell’Algeria. Circa 23,2 milioni di elettori erano chiamati alle urne in un momento importante nella storia del Paese più grande per estensione del continente africano (quasi sei volte l’Italia), ed uno de più popolati con oltre quarantuno milioni di abitanti.
I RISULTATI
Come da pronostico, a ricevere la maggioranza delle preferenze è stato il Front de Libération Nationale (FLN), forza motrice ai tempi della guerra d’indipendenza contro la Francia, e poi divenuto a lungo partito di governo (praticamente interrottamente dal 1962, seppur con alleanze e coalizioni varie). Nonostante questo, il partito del presidente Abdelaziz Bouteflika e del primo ministro uscente Abdelmalek Sellal ha subito forti perdite rispetto alla precedente consultazione elettorale, ottenendo 164 seggi, ovvero 57 in meno rispetto all’ultima legislatura.
I danni vengono comunque limitati dal fatto che il Rassemblement National Démocratique (RND), principale forza alleata del FLN, si sia installata saldamente al secondo posto con 97 seggi, ed un incremento di ventisei rappresentanti rispetto all’ultima volta. La terza forza che fa parte della cosiddetta “alleanza presidenziale”, il Mouvement de la Société de la Paix (MSP), completa il trittico dei partiti più votati con 33 seggi. Nel complesso, dunque, l’alleanza di governo ottiene la maggioranza assoluta con 294 unità su 462, e non avrà problemi ad esprimere il nuovo primo ministro, grazie anche alla grande frammentazione presente tra le forze di opposizione.
Per quanto riguarda le principali forze esterne alla coalizione di governo, il Rassemblement de l’Espoir de l’Algérie (TAJ) ha ottenuto diciannove seggi, mentre il Front El Moustabkel (FM) ed il Front des Forces Socialistes (FFS) ne hanno collezionati quattordici a testa. In totale erano ben cinquantaquattro i partiti che concorrevano alle elezioni, ai quali vanno aggiunte 163 liste indipendenti, che sono riuscite ad esprimere ben ventotto parlamentari: una frammentazione figlia della variegata società algerina, all’interno della quale sono presenti interessi e sensibilità diverse, dall’islamismo radicale fino al progressismo più avanzato.
MOMENTO DELICATO PER L’ALGERIA
Le elezioni legislative si sono svolte in un momento particolarmente delicato per il Paese nordafricano, almeno per due motivi. Il primo riguarda la forte dipendenza dell’Algeria dalle esportazioni di idrocarburi (gas naturale e petrolio): il recente crollo del prezzo del barile ha sprofondato l’Algeria in una fase di grave crisi economica. Per capire l’entità della crisi, basta considerare che il 60% delle entrate dello stato algerino derivano proprio da questo settore, e che dunque a risentirne sono tutti i settori dei servizi pubblici, in deficit di finanziamenti.
In secondo luogo, preoccupa la salute del presidente Abdelaziz Bouteflika, ottantunenne in carica dal 1981, che fino ad ora è riuscito – nel bene e nel male – a mantenere una certa stabilità in Algeria, anche quando la situazione sarebbe potuta degenerare. L’esempio più recente è quello delle cosiddette “primavere arabe”, che hanno portato a guerre interne e destituzioni di storici presidenti nei Paesi limitrofi (Tunisia, Libia, Egitto), mentre Bouteflika è riuscito a sedare i moti di protesta concedendo qualche riforma per calmare le acque, ma di fatto mantenendo saldamente il potere nelle sue mani ed in quelle del FLN.
La scomparsa (politica o fisica) di Bouteflika potrebbe indebolire il potere del FLN in Algeria ed aprire un doloroso conflitto interno per la successione del leader storico. Secondo alcuni, potrebbe essere il fratello Saïd Bouteflika, già attualmente considerato come il braccio destro di Aziz, a prendere in mano le redini, ma al momento il futuro politico dell’Algeria appare alquanto incerto. I gruppi islamisti, frammentati ma numerosi, potrebbero approfittare della situazione per acquistare potere come accaduto in altri Paesi dopo le “primavere arabe”: già nelle ultime elezioni, alcuni gruppi estremisti sono riusciti a far parlare di sé.
LA POLEMICA SULLE CANDIDATE DONNE “OSCURATE”
Una polemica particolare ha accompagnato la campagna elettorale per le elezioni legislative: quella sulle candidate donne. Nonostante tutti i partiti abbiano presentato delle donne nelle proprie liste elettorali (la legge prevede l’obbligo di presentare un minimo del 30% di candidate donne), con oltre cento elette che siederanno per la prossima legislazione all’Assemblée Populaire Nationale, alcune forze hanno deciso di non mostrare il volto delle candidate su manifesti e volantini, raffigurando solamente un velo senza viso che ricorda gli avatar dei social network quando non si è ancora inserita la foto del profilo.
Mai accaduto in passato (un solo episodio paragonabile si era registrato nel 2012, ma apparentemente si trattava della volontà della candidata), un evento di questo tipo non può essere considerato che come una testimonianza della radicalizzazione della società algerina, storicamente una delle più secolarizzate del mondo arabo, e pone altri dubbi su quanto avverrà nel dopo Bouteflika. Il caso, oltretutto, non ha coinvolto solamente partiti dichiaratamente islamisti, come l’Union Ennahdha-Adala-Bina o il Front Algérien pour le Développement, la Liberté et la Justice (FADLJ), ma anche partiti nazionalisti, come il Front National Algérien (FNA) ed il Front du Militantisme National (FMN), ed addirittura una forza che si autoproclama progressista come il Front des Forces Socialistes (seppur solo nella wilaya – provincia – di Bordj Bou Arreridj). I responsabili del FFS si sono difesi e scusati affermando che si sarebbe trattato di un’iniziativa del responsabile delle comunicazioni, ma l’episodio resta comunque significativo per tastare il polso del clima che si respira in Algeria.