Lo scorso 26 marzo si sono tenute in Bulgaria le elezioni anticipate per il rinnovo della composizione dell’Assemblea nazionale (Народно събрание, Narodno sabranie), il parlamento unicamerale dello stato dell’Europa orientale. Inizialmente prevista per il 2018, infatti, la chiamata alle urne è stata anticipata in seguito alle dimissioni presentate dal premier Boyko Borisov, dovute ai risultati delle presidenziali, dove la candidata da lui sostenuta, Tsetska Tsacheva, era stata sconfitta dal candidato dei socialisti Rumen Radev. Nel frattempo, Ognyan Gerdzhikov aveva ricoperto la carica di capo del governo ad interim.
In carica dal 2009 e poi confermato nel 2014, Borisov ha allora scelto la via delle urne, che ancora una volta gli hanno dato ragione, anche se l’affluenza registrata ha riguardato solamente la metà degli aventi diritto. Il GERB (ГЕРБ – Граждани за европейско развитие на България, Graždani za evropejsko razvitie na Bălgarija, in italiano Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria), forza di centro-destra da lui condotta, ha infatti ottenuto il primo posto tra i partiti con il 32.65% delle preferenze, registrando un incremento di undici seggi, e portandosi dunque da 84 a 95 parlamentari. Va comunque sottolineata la spettacolare crescita dei socialisti del BSP (Българска Социалистическа Партия, Bălgarska Socialističeska Partija), fondato nel 1990 come erede dell’ex partito egemone comunista, che passano da 39 ad 80 rappresentanti sotto la guida di Korneliya Ninova (27.20% dei consensi). Un incremento che gli analisti attribuiscono soprattutto alle posizioni filorusse ed “anti-occidentali” dei suoi rappresentanti.
Vista la maggioranza relativa di 95 parlamentari sui 240 complessivi, Boyko Borisov si appresta verosimilmente a formare un nuovo governo in coalizione con la terza forza politica del Paese, i Patrioti Uniti (Обединени Патриоти), cartello elettorale sotto il quale si celano diverse forze della destra ultranazionalista e fortemente euroscettica, che ha registrato un leggero calo passando da 30 a 27 seggi con il 9.07% delle preferenze. Questa alleanza permetterebbe a Borisov di ottenere, seppur di poco, la maggioranza assoluta, ma il Primo Ministro uscente proverà comunque raccogliere consensi anche altrove, probabilmente nella nuova formazione euroscettica Volya (12 seggi) o nel partito della minoranza turca DPS (26 seggi, ДПС – Движение за права и свободи, Dvizhenie za prava i svobodi, in italiano Movimento per i Diritti e le Libertà). Escono di scena, invece, gli storici alleati del GERB: il Blocco Riformista (Реформаторски блок, Reformatorski blok) e l’ABV (АБВ – Алтернатива за българско възраждане, Alternativa za balgarsko vazrazhdane, in italiano Alternativa per la Rinascita Bulgara), che contavano rispettivamente 23 ed 11 seggi, ma che questa volta non hanno raccolto sufficienti preferenze per confermarsi all’interno dell’Assemblea nazionale per via della soglia si sbarramento fissata al 4%.
Sebbene Boyko Borisov sia determinato a formare un nuovo governo, la situazione appare dunque alquanto instabile, proprio a meno di un anno dalla presidenza bulgara dell’Unione Europea, che avrà inizio il 1° gennaio 2018. L’alleanza con i Patrioti Uniti potrebbe portare il governo ad assumere una posizione sempre più antieuropeista ed a volgere lo sguardo alla Russia, tant’è che alcuni membri del cartello nazionalista hanno già proposto di riconoscere ufficialmente l’annessione della Crimea da parte di Mosca. L’alta possibilità è invece quella di un’alleanza con Volya, il partito di Veselin Mareshki, che, seppur nazionalista ed euroscettico, ha posizioni decisamente più moderate rispetto agli esponenti più estremisti dei Patrioti Uniti.