Ci risiamo. Non c’è giorno senza che la galassia sempre più numerosa dei no-brain mi regali uno spettacolo d’ignoranza rara. L’Opera Nazionale Scozzese ha deciso di censurare la “Madama Butterfly” di Puccini in quanto razzista e colonialista e di organizzare un convegno sul tema, oltre a proporre modifiche alla partitura del Grande Lucchese in nome del politically correct o, meglio, della cancel culture talebana.
Nulla di nuovo, in realtà. Risale al 2007 l’attacco a “Madama Butterfly” portato da Roger Parker, autorevole musicologo, tra l’altro autore della revisione di “Tosca”, che dall’alto della sua credibilità di studioso insinuò in modo tra il serio ed il faceto il dubbio che esistesse un problema nel rappresentare “Madama Butterfly” in un tempo nel quale la sensibilità era molto cambiata. “Madama Butterfly” avrebbe contenuto elementi razzisti e colonialisti. Si era allora al tempo di una rappresentazione dell’opera al Covent Garden di Londra e Parker volle fare nella recensione sul “Guardian” del 13 febbraio una provocazione della quale era perfettamente consapevole e divertito (“I exaggerated, of course” scrisse infatti nel testo “One fine obscenity”). Ci fu un’eco immediata nel Regno Unito sul Daily Telegraph ed in Italia dove la reazione fu ovviamente dura, inficiata solo da uno dei più divertenti strafalcioni giornalistici nel quale incappò la Stampa di Torino che titolò “La Butterfly opera razzista: Puccini ha scritto parti anticolonialiste da modificare”. Una perla di “saggezza” che conservo tuttora tra gli strafalcioni più divertenti.
Alla reazione dei musicologi di tutto il mondo, soprattutto italiani, si aggiunse anche la voce dell’ambasciatore giapponese che dichiarò non esserci nessun elemento offensivo verso il suo paese e di essere anzi orgoglioso che Puccini avesse ambientato in Giappone la sua opera (tuttora la più eseguita in Giappone).
Fu una provocazione per fare rumore. Premesso che la musica non può essere razzista o meno, ma è musica e basta, dunque sarebbe la storia di John Luther Long ripresa e portata in teatro da David Belasco e trasformata in libretto per Puccini da Luigi Illica e Giuseppe Giacosa ad ospitare questi contenuti contro i quali è necessario l’intervento talebano di cancel culture per adattarsi alla sensibilità dei nostri tempi!
Ma è la stessa identica storia (sebbene trasposta nel Vietnam al tempo dell’invasione americana) di uno dei più rappresentati musical del Regno Unito, quel “Miss Saigon” di Alain Boublil e Claude-Michel Schoemberg che trionfa sui palcoscenici da molti anni. La storia è identica, ma con una simpatia per gli americani che in Madama Butterfly non c’è. In Miss Saigon il protagonista Chris non abbandona l’amata Kim, ma non riesce a farla salire sull’ultimo aereo in fuga e quando torna a prendersi il bambino è un ragazzo sfortunato travolto dalle circostanze, non quell’idiota da turismo sessuale del Pinkerton pucciniano, che fugge davanti alle proprie responsabilità anche quando si tratta di riprendersi il bambino (“Ah, son vil”). Puccini rispetta il mondo giapponese che è rappresentato come il mondo positivo dell’onore e del rispetto, per cui Cio-Cio-San aspetta il ritorno del marito senza ascoltare nessuna sirena tentatrice.
Il problema non esiste: in Madama Butterfly nessuno tra il pubblico esce commosso per Pinkerton dicendo “povero ragazzo”; l’eroina è Butterfly, il mondo giusto è quello giapponese. Dunque dov’è il razzismo? Nel riferimento alla “legge giapponese” del tempo che Puccini certamente non conosceva, come credo nemmeno Parker, e che permetteva il ripudio della moglie? Dunque ringrazio il sindaco della mia città, Alessandro Tambellini, per essere intervenuto prontamente e decisamente a difesa del nostro grande compositore (dichiarazioni riportate dai quotidiani La Nazione QN e il Tirreno), ma lo prego di farlo anche presso l’Opera scozzese, (nella quale evidentemente qualcuno non conosce l’opera di Puccini e ha deciso di coprirsi di ridicolo), mandando una protesta che io e credo molti altri siamo disposti a firmare.
Non si tratta di difendere i contenuti del capolavoro pucciniano, perché scritti in un’altra epoca, e quindi ribadirne l’intoccabilità in quanto capolavoro del passato, ma di affermare che in esso non c’è nessuno spunto razzista. Pinkerton è il cattivo, non l’eroe e quindi l’opera condanna il suo comportamento e le sue azioni. Per quanto riguarda l’accusa di colonialismo, proprio non capisco. Io, contrariamente a molti ai nostri giorni, non pretendo di essere un tuttologo, quindi può darsi che sbagli, ma nonostante le mie lauree non so di un’occupazione colonialistica del Giappone da parte degli Stati Uniti (ovviamente precedente a quella del 1945, della quale Puccini non poteva essere a conoscenza per ovvi motivi). E se anche venissi smentito e la mia ignoranza svergognata, non c’è nessun accenno ad un’inferiorità del popolo giapponese rispetto all’americano nell’opera pucciniana.
Posso capire altri casi nei quali la “storicità” del capolavoro risulti in contrasto con il comune sentire: ho compreso, e non condiviso, le critiche al “Flauto Magico” di Mozart nel quale il cattivo è nero di pelle in una simbologia all’epoca assai diffusa. Penso ad altri capolavori come “L’alfier nero” di Arrigo Boito, tutto incentrato sulla simbologia bianco-nero. Se poi allarghiamo il tiro alle opere buffe settecentesche, incontriamo turchi ridicoli in Rossini e in Paisiello, autore anche (insieme a molti altri perché i libretti non erano esclusivi allora) dell’ ”Idolo cinese” nel quale si racconta che la legge cinese imponeva che il re fosse eletto tra gli sconosciuti di passaggio, come scusa forzatissima per mettere un napoletano sul trono di Cina e far ridere il pubblico partenopeo) . In questi casi dobbiamo evocare la mentalità dell’epoca ed accettarli come sono o non rappresentarli e leggerli, se ci sentiamo animati dallo spirito talebano anche noi. Non c’era malanimo, solo voglia di divertirsi.
Cosa dobbiamo attenderci? L’assalto a Giuseppe Verdi per Aida, nera di pelle, per Otello descritto come “quel selvaggio dalle gonfie labbra”, per Alvaro “l’indio” di “La forza del destino” e a Bizet per Carmen “zingara”? La nostra epoca è contrassegnata dal disprezzo per la cultura e questo è evidente; come in politica, regna l’idea che occorra fare il “nuovo” e che il nuovo sia mettere alla guida dei teatri persone che non sanno nulla di musica e di letteratura e che il più delle volte non hanno esperienza. Questi ne sono i frutti, un bel convegno su “Butterfly opera razzista”! In Scozia censurano “Madama Butterfly” ma non “Miss Saigon”? Già questo fatto fa perdere ogni credibilità all’operazione, spero solo pubblicitaria, ma non per questo meno biasimevole.