Tosca al Festival Pucciniano di Torre del Lago, 06/08/2020
La mia prima volta a teatro dopo il lockdown non può che spingermi a raccontare un’emozione a prescindere, una gioia di esserci, di rivedere gli amici, spesso riconosciuti a fatica perché nascosti dalle mascherine, di risentire musica dal vivo dopo tanti mesi. Il valore in questo caso era assicurato, prima ancora che dalla qualità del prodotto, dal fatto che con coraggio e forza, nonostante le enormi difficoltà dovute al fatto che a Roma il settore spettacolo dal vivo non sia considerato attualmente tra le priorità da soccorrere, la Governance del Festival Puccini e il suo direttore generale Franco Moretti abbiano testardamente creduto nella possibilità di non chiudere e siano riusciti a presentare un evento che, pur ridotto nel contenuto, tuttavia garantisce la continuità e la qualità.
Il pubblico era per lo più italiano e si è osservato un rigoroso distanziamento tra le persone, con moltissime sedie vuote per rispettare le stringenti norme sanitarie in vigore.
La cosa importante, come già detto, era che il sipario (metaforicamente parlando perché il Festival un sipario non ce l’ha) si aprisse e che la musica risuonasse nell’aria lacustre, fresca e ventilata, del Gran Teatro Puccini.
Di sicura resa il cast, con la superba Amarilli Nizza, garanzia di qualità nel ruolo del titolo, come in tanti altri ruoli da primadonna, il debuttante Amadi Lagha, artista di indiscusso pregio come Cavaradossi ed il sicuro Devid Cecconi nel ruolo di Scarpia.
Attenendomi alla prova vocale devo dichiararmi ampiamente soddisfatto: Amarilli Nizza ha disegnato una Tosca ineccepibile, bella, generosa, con un colore scuro nei gravi molto interessante, spunti di dolcezza ed ira ben calibrati ed una voce sicura in ogni registro, bella, calda, con acuti sicuri e potenti. Ottima l’esecuzione di “Vissi d’arte”, da brividi per l’intensità passionale e l’espansione emotiva vocale, e semplicemente eccezionale l’“Io quella lama” del terzo atto.
Amadi Lagha ha iniziato con la scontata piccola emozione del debutto in un ruolo così conosciuto ed amato dal pubblico; la sua “Recondita armonia”, correttissima e dal fraseggio interessante, ha pagato un po’ la chiusura di alcune vocali che hanno tolto libertà ai suoni. Pochi minuti di emozione da debutto ed essi hanno cominciato a fluire generosi e liberi, con una proiezione incredibilmente efficace, capace di vincere i problemi acustici del teatro con facilità. Bene il “Vittoria”: i suoi acuti sono davvero brillanti e facili. L’unica cosa che è un po’ mancata è la rotondità di suono che tradizionalmente accompagna questo ruolo: il colore di Lagha è molto giovanile e ciò non guasta, perché il personaggio è giovane, ma l’artista, che è molto intelligente e sensibile, credo che potrà regalarci in futuro in questo ruolo prestazioni dal timbro un po’ più “pucciniano”, per come siamo abituati ad ascoltare.
E’ ormai una piacevole consuetudine ascoltare Devid Cecconi nei teatri toscani, dove è abbastanza “di casa”. La sua voce stentorea ben si sposa con il depravato capo della polizia pontificia: da sempre ottimo acutista, ci ha regalato suoni veramente imponenti ed una morbidezza ed eleganza di fraseggio rara. Nonostante un’entrata complessa scenicamente, che lo ha evidentemente confuso al punto da eseguire una nota discretamente calante su “un tal baccano in chiesa” e nonostante gli occasionali “litigi” con il maestro direttore dovuti al fatto che l’interprete entrava a volte in anticipo nelle frasi del duetto con Tosca, costringendo il maestro a recuperi difficili (e ben risolti), la sua prova è da ritenersi molto positiva. Uno dei migliori Scarpia di oggi.
Ben assortito il resto del cast; inappuntabili e fedeli gli artisti frequentemente impiegati al Festival, tanto da essere considerati “di casa”: l’ottimo Davide Mura impegnato come Angelotti, poco sofferente, per indicazioni registiche immagino, ma dalla voce brunita e ben proiettata; Claudio Ottino come sacrestano, ruolo nel quale ormai l’abbiamo ascoltato molte volte e che esegue in modo inappuntabile, mantenendo un’ottima misura tra il buffo, il grottesco ed il drammatico; Marco Voleri come Spoletta, una garanzia come sempre; l’ottimo Alessandro Ceccarini come Sciarrone e Massimo Schillaci come Carceriere.
Sul podio è salito l’esperto direttore stabile del Festival, Alberto Veronesi: non si può certo dire che non conosca l’opera in ogni sfumatura. Ho avuto l’impressione di un numero non adeguato di prove acustiche, perché il nuovo impianto di amplificazione ha sì aiutato l’orchestra, il cui suono risentiva dei pannelli di plexiglass collocati per distanziare i professori, ma avrebbe dovuto essere perfezionato perché, ad esempio, complice il vento, si è sentito ben poco dell’introduzione “romana” dell’atto terzo, come sono mancati i fortissimi: tutto era attutito e diffuso, poco presente in sala quando l’orchestra suonava piano.
Eva Bruno ha creato effetti di luce molto validi, riuscendo a tratti a rendere accettabile una delle scenografie più brutte viste in teatro negli ultimi anni.
Essa consisteva di tre tunnel-galleria (di treno o di autostrada, lo sa solo il regista Stefano Monti) e di una pedana: al fondo del tunnel centrale uno specchio che rifletteva la pedana. Ora, chi mi legge da tempo mi scuserà se devo ripetermi, ma come è possibile che un regista e scenografo prenda un’opera di Puccini, legga le minuziosissime didascalie che il compositore scriveva sulle partitura e gli spartiti e decida, al festival pucciniano, di ignorarle deliberatamente per farci vedere tre tunnel che diventano la chiesa di Sant’Andrea della Valle, il palazzo Farnese e castel Sant’Angelo, spiegando che rappresentano “l’imperfezione di un mondo che oggi si manifesta attraverso l’attuale pandemia”? Ho così rispetto dell’opera di Puccini ed amo talmente la sua musica che non ho potuto non pensarlo, il Maestro, seduto in platea, balzare e gridare che non si avesse il diritto di fare ciò. Sarebbe bastata una statua, un altare ed un quadro per un primo atto essenziale, se quella era la richiesta. Poi, caratteristica del regista Monti, la scenografia è stata tutta di colore nero dall’inizio alla fine: perfino il “Te Deum” che, qualcuno glielo dica, è un canto di gioia e di esultanza del popolo cristiano, ha visto il coro entrare silenziosamente in scena tutto vestito di nero come ad un funerale in un paesino della Sicilia dell’ottocento (un omaggio a Verga?) con le persone addirittura costrette ad inginocchiarsi (in chiesa) a bastonate dagli sgherri. All’inizio dell’atto terzo, buio ed atmosfera da film del terrore, con fumo adatto ad un’apparizione delle streghe in Macbeth, cortesemente eliminato subito dal venticello lacustre e con luci dei fari in movimento come in un lager, mentre l’orchestra tentava di descriverci la bellezza dell’alba romana con il sorgere del sole e le prime campane del mattino.
Sant’Andrea della Valle, nel primo atto, era costituita dai tre tunnel onnipresenti: nei due laterali il regista ha collocato dei mimi che, in un primo momento, sembravano volerci ricordare le statue della chiesa, ma dopo qualche minuto hanno cominciato a muoversi e a uscire e rientrare. Credo tutto sommato che distribuire un piccolo libretto con il significato di molte cose che abbiamo visto non sarebbe stato male, alla luce del fatto che sono risultate incomprensibili. I mimi sono stati usati sempre a sproposito, quando qualunque regista avrebbe accuratamente evitato di distrarre il pubblico, per esempio durante le frasi più belle del duetto, come se per Monti la musica di Puccini non bastasse a creare la magia e avesse bisogno di un movimento di mimi sullo sfondo. Nella scena di Angelotti la chiesa era tutt’altro che deserta, mentre avrebbe dovuto essere chiusa a chiave e Angelotti agire nell’ombra non visto da alcuno. Lo specchio collocato nella galleria centrale rifletteva il ritratto dell’Attavanti, posto sulla pedana, non visibile al pubblico se non nello specchio. L’immagine poteva essere suggestiva, ma allora il regista avrebbe dovuto evitare di far salire tutti i personaggi sulla pedana e quindi con i piedi su un ritratto che si supponeva fresco di pittura.
Non invidio certamente qualsiasi regista impegnato ai tempi della pandemia e costretto al distanziamento tra i cantanti anche quando ci sono le scene d’amore, ma davvero non ho ammirato la trovata di far porgere a Cavaradossi il pennellone (in senso letterale del termine, per carità) a Tosca in modo che i due lo muovessero simultaneamente dondolandolo al ritmo della musica, come pure non ho apprezzato che, su invito della diva amante, Mario salisse sul quadro, ormai ampiamente calpestato, e, con due tocchi di pennello, modificasse il colore degli occhi dell’Attavanti.
Non riesco ad immaginare nulla di più segreto e misterioso del colloquio di Cavaradossi con Angelotti che segue il duetto con Tosca: che ci facevano dei cardinali nei due tunnel laterali? Sono rimasti un poco ad ascoltare e poi sono usciti. Angelotti e Cavaradossi in fuga si sono scontrati con il coro dei bambini in entrata dallo stesso tunnel, mentre Scarpia, nel suo duetto con Tosca e nel suo monologo susseguente è stato infastidito dall’entrata del coro, che invece avrebbe dovuto entrare da partitura solo nel “Te Deum” per la ragione che quello che Scarpia sta dicendo a Tosca e poi a Spoletta non deve essere di dominio pubblico e che Scarpia si deve accorgere della presenza del popolo solo su “Tosca, mi fai dimenticare Dio”. Sorvoliamo sugli sgherri con la mascherina anti-covid, ma le già ricordate bastonate inflitte alla gente perché s’inginocchi durante la funzione davvero mi paiono eccessive per il luogo in cui si svolgono.
Nel secondo atto abbiamo trovato ovviamente l’uso della pedana in funzione di tavolo di Scarpia (l’avremmo accettato se non avessero cominciato a passeggiarci tutti sopra) e l’assenza totale di porte e finestre con i comprimari costretti penosamente a fare il gesto di chiudere inesistenti suffissi nell’aria. Ovviamente la scena in cui Scarpia chiude di scatto la finestra non ha potuto avvenire e il canto del coro che si interrompe repentinamente, come voluto da Puccini, non ha trovato alcuna giustificazione.
Una delle frasi più segrete dell’opera, quando Mario dice a Tosca in un orecchio “Di quanto hai visto taci o mi uccidi” è stato cantato da Mario a Tosca mentre Spoletta si trovava esattamente in mezzo a loro due, praticamente Mario aveva già confessato a Spoletta in quel momento. Il problema del distanziamento sanitario nella scena della violenza di Scarpia a Tosca è stato risolto con Scarpia che se la prende con la giacca di Tosca in pieno delirio feticistico e Tosca che canta molto lontano da lui, mentre il tanto reclamizzato effetto speciale che doveva nascondere l’accoltellamento con luci di ribalta sparate negli occhi al pubblico per qualche secondo è stato di una bruttezza inenarrabile. Il forte orchestrale che tradizionalmente segna la presa di coscienza di Tosca dell’omicidio commesso e la fuga non è stato poi legato a nessuna azione scenica.
Abbiamo già detto dei tre tunnel al buio col fumo con cui il regista ha rappresentato l’alba romana, trasformando il pastorello in un bambino che si aggira da solo in piena notte in un ambiente così inquietante trascinando un carrettino tra i followers di Buchenwald. Archiviato l’ottimo “E lucean le stelle” di Amadi Lagha, e lo straordinario “Io questa lama” di Amarilli Nizza, senza chiederci cosa ci facessero delle sedie elegantissime a Castel sant’Angelo, abbiamo assistito alla scena feticistica di Cavaradossi che, emulo di Scarpia, amoreggia con un indumento di Tosca cantandogli “O dolci mani” mentre lei è da tutt’altra parte. Durante il duetto il regista riesce a far entrare in scena di nuovo i mimi, con il compito improrogabile di spostare le sedie un po’ più in qua o un po’ più in là e poi fa sdraiare gli interpreti a pancia all’aria come se prendessero il sole in campagna sulla solita pedana. Cavaradossi infine è morto d’infarto, perché non si è udito nessuno sparo; i soldati fanno solo il gesto di fucilarlo e lui si accascia. Si consuma il dramma ed ecco che Tosca va a gettarsi nel vuoto in fondo al tunnel centrale dove solo gli spettatori seduti nei posti centrali possono vederla.
Che dire di più?
Molto buona la prova del coro del Festival Puccini ben istruito da Roberto Ardigò, come anche quella, addirittura eccellente, del coro di voci bianche del Festival guidato da Viviana Apicella.
L’orchestra del Festival Puccini, come detto, non si è mai concessa ad un forte impetuoso come da partitura ed ha contenuto i suoni eccessivamente, forse per problemi della microfonazione e diffusione in sala, tanto da essere poco udibile all’inizio del terzo atto. Senza sbavature l’ensemble, nonostante il plexiglass, e grande conoscenza dell’opera come sempre.
Un immenso grazie alla direzione del Festival per non essersi arresa alle difficoltà.
MARCELLO LIPPI
Autore e Critico Musicale per la Cultura di Young diretta da David Colantoni
Nato a Genova, ha tre lauree: si è infatti diplomato in canto lirico (omologato laurea) presso il conservatorio Paganini e laureato in discipline musicali-indirizzo interpretativo e compositivo presso l’istituto Accademico Braga di Teramo con il massimo dei voti. E’ anche laureato in lettere moderne presso l’Università degli studi di Genova, sempre con il massimo dei voti. Parla cinque lingue.
Baritono. La sua carriera comincia nel 1988 con La notte di un nevrastenico e I due timidi di Nino Rota e subito debutta a Pesaro al Festival Rossini in La gazza ladra e La scala di seta. In seguito canta in Italia nei teatri dell’Opera di Roma (Simon Boccanegra, La vedova allegra, Amica), San Carlo di Napoli (Carmina Burana), Carlo Felice di Genova (Le siège de Corinthe, Lucia di Lammermoor, Bohème, Carmen, Elisir d’amore, Simon Boccanegra, La vida breve, The prodigal son, Die Fledermaus, La fanciulla del west), Fenice di Venezia (I Capuleti e i Montecchi), Massimo di Palermo (Tosca, La vedova allegra, Orphée aux enfers, Cin-ci-là, Barbiere di Siviglia), Massimo Bellini di Catania (Wienerblut, Der Schulmeister, das Land des Lächelns), Maggio Musicale di Firenze (Il finanziere e il ciabattino, Pollicino), Regio di Torino (The consul, Hamlet, Elisir d’amore), Arena di Verona (La vedova allegra), Verdi di Trieste (I Pagliacci, Der Zigeuner Baron, Die Fledermaus, Al cavallino bianco, La vedova allegra), Lirico di Cagliari (Die Fledermaus- La vida breve), Piacenza (Don Giovanni), Modena (Elisir d’amore), Ravenna (Elisir d’amore), Milano ( Adelaide di Borgogna), Savona (Medea, Il combattimento di Tancredi e Clorinda, Torvaldo e Dorliska), Fano (Madama Butterfly), Bari (Traviata, La Cecchina), Lecce (Werther, Tosca), Rovigo (Werther, Mozart e Salieri, The tell-tale heart, Amica), Pisa (Il barbiere di Siviglia- La vedova allegra), Lucca (Il barbiere di Siviglia) eccetera. All’estero si è esibito alla Monnaye di Bruxelles (La Calisto), Berlin Staatsoper (Madama Butterfly, La Calisto), Staatsoper Wien (La Calisto), Staatsoper Muenchen (Giulio Cesare in Egitto), Liceu di Barcelona (La gazza ladra, La Calisto, Linda di Chamounix), Atene (Il barbiere di Siviglia- Madama Butterfly), Dublin (Nozze di Figaro, Capuleti e Montecchi), Lyon (Nozze di Figaro, Calisto), Paris (Traviata, Nozze di Figaro), Dresden (Il re Teodoro in Venezia, Serse), Nice (Nozze di Figaro, The Tell-tale heart), Ludwigshafen (Il re Teodoro, Serse), Jerez de la Frontera (Nozze di Figaro), Granada (Nozze, Tosca), Montpellier (Calisto, Serse), Alicante (Traviata, Don Giovanni, Rigoletto, Bohème), Tel Aviv (Don Pasquale, Elisir d’amore, Traviata), Genève (Xerses, La purpura de la rosa), Festival Salzburg (La Calisto), Madrid Zarzuela (La purpura de la rosa, don Giovanni), Basel (Maria Stuarda), Toronto (Aida), Tokio (Traviata, Adriana Lecouvreur), Hong Kong (Traviata), Frankfurt (Madama Butterfly), Dubrovnik (Tosca), Cannes (Tosca), Ciudad de Mexico (La purpura de la rosa), Palma de Mallorca (Turandot e Fanciulla del west), Limoges (Tosca), Toulon (Linda di Chamounix), Macao (Turandot) ed altre decine di teatri in differenti nazioni del mondo.
Incisioni discografiche in commercio: 1989- LIVE from R.O.F. Pesaro ROSSINI La gazza ladra,
1991- LIVE from Teatro La Fenice Venezia BELLINI I Capuleti e i Montecchi, 1992 – LIVE from Teatro Carlo Felice Genova ROSSINI Le siège de Corinthe- orch. T. Carlo Felice, 1994- Studio
MARTIN Y SOLER Il tutore burlato, 1994- LIVE from T.dell’Opera Giocosa Savona PACINI Medea, 1995- Studio CAVALLI La Calisto, 1995- Studio MONTEVERDI Madrigali guerrieri e amorosi, 1996- Studio VIVALDI Il Teuzzone, 1998 VOYAGE EN ITALIE studio, 1998 2000 YEARS OF MUSIC, 1999- Studio TORREJON Y VELASCO La purpura de la rosa, 1999 HISTORY OF BAROQUE MUSIC, 2002- LIVE from Teatro Lirico Cagliari DE FALLA- La vida breve, 2002
LES LUMIERES DU BAROQUE-studio. DVD: 1997 Opera de Lyon MOZART- LE NOZZE DI FIGARO, 2000 HAENDEL XERSES Semperoper Dresden- 2004 COLI THE TELL-TALE HEART teatro Sociale di Rovigo- 2006 CAVALLI LA CALISTO La Monnaie Bruxelles- 2009 STRAUSS- DER ZIGEUNER BARON-teatro Verdi Trieste
Dal 2004 al 2009 ha ricoperto l’incarico di Direttore Artistico e Sovrintendente del Teatro Sociale di Rovigo.
Nel 2010 è stato direttore dell’Italian Opera Festival di Londra.
Dal 2011 al 2016 è stato direttore artistico della Fondazione Teatro Verdi di Pisa.
Dal 2017 al 2019 è stato casting manager per la società di produzione Golden Globe Production nella sede di Praga
Ha insegnato Management del Teatro all’Accademia del Teatro alla Scala di Milano, attualmente insegna la materia nell’ambito del progetto regionale toscano Music Pro, presso il Festival Pucciniano di Torre del Lago Puccini e per la Regione Toscana progetto Dipas.
Dal 2015 firma come regista importanti spettacoli operistici in tutto il mondo: il Trittico di Puccini ad Osaka (Giappone), Don Giovanni a Pafos (Cipro), Jolanta e Aleko a Banska Bistrika, Don Pasquale a Massa Marittima, Cavalleria rusticana, Traviata, Tosca, Rigoletto, Suor Angelica e altre importanti produzioni estere e italiane. Ha firmato la regia anche di opere moderne come Salvo d’Acquisto al Verdi di Pisa e barocche come Il Flaminio con il Maggio Formazione di Firenze e Incoronazione di Poppea di Monteverdi produzione toscana di Opera Network.
Docente di canto lirico in conservatorio a La Spezia, Alessandria, Udine, Ferrara, Rovigo e ora nuovamente a La Spezia.
Ha fatto Master Class in varie parti del mondo, Kiev (accademia Ciaikovski), Shangai, Chengdu, Osaka, San Pietroburgo, San Josè de Costarica, Hohhot ed in moltissime città italiane Modena, Genova, Catania, Torino, Roma, Belluno ecc.
Musicologo, ha pubblicato molti saggi: Alla presenza di quel Santo 2005 quattro edizioni e 2013; Era detto che io dovessi rimanere… 2006; Da Santa a Pina, le grandi donne di Verga 2006 due edizioni; Puccini ha un bel libretto 2005 e 2013, A favore dello scherzo, fate grazia alla ragione 2006 e 2013; La favola della “Cavalleria rusticana” 2005; Un verista poco convinto 2005; Dalla parte di don Pasquale 2005; Ti baciai prima di ucciderti 2006 e 2013; Del mondo anima e vita è l’amor 2007 e 2014; Vita gaia e terribile 2007; Genio e delitto sono proprio incompatibili? 2006 e 2012; Le ossessioni della Principessa 2008 e 2012; Dal Burlador de Sevilla al dissoluto punito: l’avventura di un immortale 2014; L’uomo di sabbia e il re delle operette 2014; Un grande tema con variazioni: il convitato di pietra 2015; E vo’ gridando pace e vo’ gridando amor 2015; Da Triboulet a Rigoletto 2011 e 2016; Un trittico molto particolare 2016, editi da Teatro Sociale di Rovigo, Teatro Verdi di Padova, Teatro Comunale di Modena, Festival di Bassano del Grappa, Teatro Verdi di Pisa, Teatro Alighieri di Ravenna.
Ha contribuito al volume “Una gigantesca follia” – Sguardi sul don Giovanni per la casa editrice ETS.
Come attore è stato spalla di Oreste Lionello, Vincenzo Salemme, Leo Gullotta, Gianfranco Jannuzzo, Massimo Dapporto, Gennaro Cannavacciuolo, Elio Pandolfi, Chiara Noschese in produzioni d’operetta.
Come scrittore nel 2012 Ha edito un libro di poesie “Poesie 1996-2011” presso la casa editrice ABEdizioni. E’ nell’antologia di poeti contemporanei “Tempi moderni” edito da Libroitaliano World. Critico musicale della rivista You-ng, per la stessa rivista ha pubblicando a puntate il romanzo “L’inconsapevole trinità”.
E’autore delle versioni italiane del libretto delle opere: Rimskji-Korsakov Mozart e Salieri; Telemann Il maestro di scuola (entrambe rappresentate al Teatro Sociale di Rovigo ed al teatro Verdi di Pisa); Dargomiskji Il convitato di pietra rappresentata al teatro Verdi di Pisa