Il Network Marketing può davvero essere una valida opportunità per una nuova esperienza lavorativa o anche più semplicemente per crearsi un “piano B” o avere un’entrata in più rispetto al proprio stipendio: un mondo dove purtroppo troppo spesso degli abili manipolatori stanno letteralmente stuprando questa industria, dove principi quali etica, valori e duplicazione vengono sempre più sopraffatti dalla vile corsa al denaro e dove le persone vengono sempre più trattate come numeri e non come esseri umani.
Per fortuna in molti stanno cercando di darci una mano per ripulire questo settore da tali personaggi.
E a tal proposito, un ragazzo che ha davvero avuto la possibilità di arricchirsi alle spalle di ignare vittime, ha preferito fuggire a gambe levate piuttosto che vendersi al miglio offerente e ci ha voluto raccontare la sua storia portando la propria testimonianza, che vogliamo pubblicare per voi in modo che possiate condividerla e salvare quante più persone possibili.
ZAFFIRO! La mia prima vera qualifica importante!
Fu quella la sera dove del mio primo meeting dove avrei ricevuto sul palco la spilla da me tanto ambita, il primo step importante verso il successo!
Ero così emozionato che avevo preparato tutto nei minimi dettagli: vestito gessato di una sotto marca (era quello che mi potevo permettere) camicia, cravatta, fazzolettino a vista da vero business man, scarpe lucide, capelli gellati, barba fatta e orologio in vista, gentilmente prestatomi da mio padre.
Avevo invitato tutta la mia struttura all’evento, una cinquantina di ragazzi, per lo più tutti giovani; erano tutti così entusiasti di vedere me, il loro leader, e poter sognare un giorno di raggiungere la mia posizione all’interno dell’azienda.
Il costo della sala era di 15 euro a testa ma li convinsi quasi tutti a partecipare all’evento. Solo 3 ragazzi decisero di non venire e vennero tutti denigrati dal resto del team: “sfigati, persone senza alcuna ambizione, schiavi del lavoro tradizionale”, queste erano le frasi più acclamate per definire i poveri assenti.
Oltre loro c’erano almeno altre 150 persone, pochi ospiti, per lo più erano tutti distributori dell’azienda; all’ingresso della sala la moglie del leader raccoglieva i soldi e i ragazzi entravano, entravano, entravano….
La sala si riempiva sempre di più e la mia emozione cresceva a dismisura.
Ma per fortuna il diamond (la qualifica più importante all’interno dell’azienda) era lì, accanto a me, pronto a sostenermi.
Lo guardai dritto negli occhi e gli dissi:
“Ci sono più di 200 persone in sala ma mi basterebbe che solo 10 di loro, diventassero dei “cavalli” del business per farli crescere e poter creare insieme a loro un vero team vincente”
Il diamante sogghignò, mi mise con fare paterno una mano sulla spalla, mi girò il volto verso il pubblico e nell’orecchio mi sussurrò:
“Ricordati che per avere successo non ti servono 10 cavalli, ma 100 asini: guardati attorno, questi ragazzi sono qui solo per te e qualsiasi cosa tu dirai loro di fare, giusta o sbagliata essa sia, loro lo faranno; benvenuto nel successo”
Credevo fosse l’inizio di una carriera di successo, ma in realtà era solo l’anticamera di una carriera fatta di bugie, di menzogne.
Mi chiesero di chiedere ai presenti in sala in quanti avessero già fatto il riordine personale (acquisti di prodotti di cui non se ne sarebbero fatti nulla se non venderli in nero o riempirsi gli scaffali di casa): per chi alzò la mano solo applausi, lodi e complimenti; per gli altri solo parole denigratorie perché secondo i “leader” è proprio da questi piccoli gesti che si costruisce un vero imprenditore di successo.
La sera stessa, a fine serata, molti di loro fecero il riordine mensile dei prodotti, chi dal codice della madre, iscritta sua insaputa all’interno del sistema piramidale, chi da quello di un cliente falso creato ad hoc sotto al proprio codice: in meno di 30 minuti ho fatto 9 mila euro di fatturato.
Quella sera fu la mia prima volta su un palco, ma anche l’ultima, perchè non solo avrei sottratto soldi a quei ragazzi, ma avrei rubato loro anche i propri sogni
C’è chi come me in quei ragazzi ci credeva veramente.
C’è chi invece, li trattava come asini.
Alessandro Norcia