Dipingimi felice e triste, Norman Rockwell
1.
Di Norman Rockwell hanno detto che ha inventato il Natale americano, e in un certo senso è vero. Vedi le sue illustrazioni e ti appare la festa in una specie di modalità originaria. La mamma che serve il pranzo in “Liberi dal bisogno”, i ragazzini che festeggiano la maestra in ‘Happy Birthday, Miss Jones’, il bambino che si tira su i pantaloni dal dottore, il tizio che chiacchiera dal barbiere, i fidanzatini abbracciati sotto la luna e poi il Natale, la vigilia, il ritorno, la casa, gli affetti, il focolare. Tutto molto pulito, brillante e americano.
2.
Eppure, Rockwell non si è limitato alla versione ufficiale. Ha dipinto anche altre Americhe. Delicatamente, senza eccessi, confidando che, dietro il lato A, l’occhio della gente sapesse cogliere anche i mondi scartati e a volte reietti.
3.
Con il disegno illustrativo, Rockwell ha fatto ciò che Frank Capra (“La vita è meravigliosa”, “E’ arrivato John Doe”, “La follia della metropoli”) ha fatto con il cinema. Entrambi sentimentali ed educati ma indisposti ad accettare la realtà, quando la realtà non va bene, si sono rivolti alla gigantesca classe media americana, l’hanno accondiscesa, hanno cercato di alleviarle la depressione e però, contemporaneamente, l’hanno invitata a cambiare. Hanno suggerito che dietro tutta questa grande festa permanente c’è un rimosso, sociale/esistenziale, che va affrontato. Non possiamo voltarci dall’altra parte.
4.
Valga, su tutte, l’opera che vedete in primo piano. “The Problem we all live with”, Il problema con cui tutti conviviamo.
New Orleans, 1960. La piccola Ruby Bridges, vinta la causa contro la segregazione scolastica, andrà liberamente a scuola, alla William Frantz Elementary.
Il primo giorno Ruby si prepara. Camicia, vestitino, scarpe nuove, cartella. È emozionata e timorosa. Io, Ruby Bridges, 6 anni, vado ad imparare, fiera di me e senza paura. Cioè, molta paura, moltissima paura, ma non importa.
5.
All’uscita di casa, quattro agenti inviati dal presidente Dwight D. Eisenhower accompagnano Ruby in classe, facendole da scudo protettivo. A destinazione, e già durante il tragitto, la folla (cioè le mamme e i papà della classe media americana) offende Ruby, tenta di aggredirla, le lancia cose, la intimorisce. Negra, scimmia, strega, troietta. Niente da fare. La piccola non cede. Io vado a scuola.
6.
Rockwell dice: ecco il problema con cui conviviamo, America. Il razzismo. E’ inutile che io dipinga l’armonia sociale se sotto la cenere cova la vergogna. Affronta il problema, America. Non voltarti dall’altra parte.
7.
A Norman Rockwell è dedicato il nuovo disco di Lizzy Grant, in arte Lana Del Rey, artista di fama mondiale ma tutt’altro che allineata. Si chiama “Norman fucking Rockwell”, Norman fottuto Rockwell.
In “Venice bitch” (canzone lunga, malinconica, sconcia, memorabile, la più bella del disco e quasi l’unica che incontra per intero il mio gusto – ma è un altro discorso) Lana canta: “Dipingimi felice e triste, Norman Rockwell”.
È un modo semplice e geniale di descrivere Rockwell, e descrivere l’America, e descrivere la vita. Non vi aspettate che sia solo coraggio perché è anche paura, che sia tutto lustrini perché è anche vergogna, che sia sempre Natale perché è anche schifo, solitudine e razzismo. Sembra scontato ma non lo è. Continuiamo a voltarci dall’altra parte. Continuiamo a tenere il rimosso giù in cantina. Muri di fango dividono la gente e Ruby deve ancora faticare per andare a scuola.
8.
Da molto tempo, intere aree degli Stati Uniti vivono una crisi profonda. Lì, il rimosso è venuto a galla. E’ l’America che ha scelto l’attuale Presidente e sceglierà il prossimo, in un tremendo circolo vizioso in cui il senso di abbandono si trasforma in rabbia e la rabbia in divisione e la divisione in Trump. E Trump in divisione. Come rompere il circolo è un problema americano e un problema mondiale, perché il problema, con le dovute differenze, è ovunque. Un problema con cui tutti conviviamo.
La classe media. La gigantesca classe media. Parlare alla classe media. Dire le cose che vuole ma non dirgliele, dirgliene altre, il rimosso, perché altrimenti siamo punto e a capo.
Conquistare la classe media. Ancora una volta – anzi, ora più che mai – la chiave di volta è lì.
9.
Cosa disegnerebbe oggi, Norman Rockwell? Come ci disegnerebbe? Non potendolo sapere, possiamo fare una cosa: girare per internet guardando le sue magnifiche opere mentre ascoltiamo “Venice bitch”, la troietta di Venice, di Lana del Rey. E’ un modo per guardare il lato in ombra del fottuto Rockwell e, probabilmente, di tutti noi. La verità, la malinconia, le cose che abbiamo, le cose che mancano, le cose che abbiamo perso, le cose che un giorno avremo, la cantina, la politica, la luce giusta.
Dipingici felici e tristi, Norman Rockwell.