Tosca di Puccini al Festival Pucciniano di Torre del Lago 02/08/2019
Il 65° festival Pucciniano ha messo in scena una Tosca di Puccini con un team All-stars, un’équipe di fuoriclasse indiscussi, tali da garantire un successo senza riserve o per lo meno da mettere al riparo da critiche. Da sempre, scritturare i cantanti appartenenti allo Star-System è infatti un robusto ombrello protettivo per le direzioni artistiche.
I team all-stars, mi si perdoni se continuo con il paragone sportivo, sono però generalmente composti da solisti non più giovanissimi, con qualche problema di tenuta alla distanza, in genere risolto comunque con l’esperienza di palcoscenico, e con un nemico implacabile: il ricordo di loro stessi qualche anno prima, impresso nella memoria del pubblico.
Può succedere così che le voci squillanti e concentrate del primo atto perdano smalto ed i loro proprietari conseguentemente fatichino e smarriscano negli atti a seguire la gioiosa baldanza iniziale.
Alla fine del primo atto ero infatti entusiasta della rappresentazione, ma la gioia si è un po’ frenata nei due atti seguenti.
Sul podio un sontuoso Dmitri Jurowski ha reso ancora una volta palese l’importanza di affidare una produzione ad un direttore validissimo, dal gesto sicuro e dalle idee musicali chiare e ben espresse. Sin dall’inizio ha imposto una giusta energia e l’allure di tutta l’opera, con un braccio potente, capace di condurre l’orchestra a sonorità rarefatte come ad esplosioni drammatiche.
Ha dominato la grande scena corale di fine primo atto e raccontato pagine complesse come l’interrogatorio di Cavaradossi con ritmica sicura ed intensità emozionale. Gli unici momenti di scollamento con il palcoscenico, ma può capitare, sono state le due arie più celebri: “Vissi d’arte” e “E lucevan le stelle”, il primo mortificato dai rallentandi estremi imposti dalla cantante, il secondo troppo lento per il cantante che ha imposto ed ottenuto un immediato riassetto verso un “più mosso”. Ottimo il difficile finale d’opera per scelta di tempi e chiarezza ritmica. Di conseguenza è stata molto buona la prova dell’orchestra del Festival Pucciniano, che, guidata da un simile maestro, ha regalato pagine di ottimo livello, in particolare nello squarcio sinfonico che precede il “Te Deum”, e del coro del festival Puccini guidato dal maestro Roberto Ardigò. Un plauso particolare nuovamente al coro di Voci bianche del festival Puccini, meraviglioso nella complessa scena dei festeggiamenti per la vittoria delle forze reazionarie su Napoleone, e al pastorello di Anna Russo.
L’altro diretto responsabile dell’aspetto artistico della serata, il regista Dieter Kaegi, non ha brillato meno del direttore d’orchestra. Conoscendo da molti anni la sua intelligenza e raffinatezza di interprete, la sua adesione al dramma e la sua ricerca della profondità nei personaggi e nelle situazioni, ma anche il suo amore per le regie moderne, minimaliste, un po’ “tedesche” nella gestione dello spazio scenico e nei costumi, ero curioso di vedere come avrebbe affrontato un’opera così amata dai melomani al festival Pucciniano stesso, a casa del maestro.
Il suo lavoro è stato egregiamente svolto, in modo tale da soddisfare il pubblico presente; il tradizionalismo dell’ambientazione, pur nell’intrigante irregolarità dell’impianto scenico, che dava l’idea della grandeur pur fondandosi su elementi scenografici double-face estremamente pratici nei cambi di scena (con la difficile soluzione dell’apertura del fondale lacustre nella scena di Castel Sant’Angelo), non ha vincolato la sua creatività. Ha puntato intelligentemente su una recitazione realistica, autentica, aiutato dall’esperienza scenica di molti dei protagonisti, cercando di creare, sin dall’ingresso di Angelotti, un movimento che fosse strettamente connesso al dramma, senza riferimenti alle esigenze del canto. Così facendo ha stabilito, immagino in un tempo di prova non lunghissimo, relazioni credibili tra i protagonisti ed un’efficacia drammatica del gesto attoriale, inficiata solo da qualche “disubbidienza scenica” della protagonista, spesso impegnata in movimenti non congrui determinati dal canto.
Josè Cura ha certamente aiutato il lavoro del regista: sin dal suo comparire in scena si è mosso da vero dominatore dello spazio, facendo poco, tutto sommato, rispetto a certe esibizioni di suoi colleghi, ma regalando un’intensità assoluta d’interpretazione anche solo con il volto e l’atteggiamento del corpo. Sulla scena c’era Cavaradossi e non un tenore che lo interpretava; era evidente la verità del suo collocarsi nello spazio scenico. Sicuro sempre vocalmente, con acuti squillanti e facili ed una prestanza invidiabile, ha interpretato un Cavaradossi turbato, che non dimentica Angelotti nascosto durante il duetto con Tosca, che non fa l’eroe nel secondo atto, che non crede all’innocente entusiasmo di Tosca nel terzo. Un personaggio vero, a tutto tondo, profondo, ragionato, credibile, vocalmente sicuro, solo con qualche lieve sbavatura di proiezione.
Per quanto riguarda la protagonista, mi verrebbe da esordire con un “Bentornata Maria” dopo la difficile prova in “Fanciulla del west”. La classe con cui ha iniziato il suo percorso nell’opera e la conoscenza della stessa, hanno da subito creato i presupposti per una performance da ricordare: voce morbida, ampia, non sforzata, credibile nel suo amore e nella sua gelosia, musicalmente ben equilibrata nel fraseggio. Maria Guleghina, nel cast all-stars, è colei che più di tutti ha dovuto fare i conti con il suo passato e l’attesa che ha suscitato nel pubblico. Il primo atto è stato eseguito con esperienza e raffinatezza: solo una gestualità in disaccordo parziale con l’impostazione registica tradiva un certo nervosismo nel sostenere l’impegno, mentre nel secondo atto si sono avvertiti i segni di una leggera stanchezza, dovuta all’impegnativo duetto con Scarpia, fino all’acuto di “Vissi d’arte” rimediato con un piano improvviso ed incongruo, classico espediente dei grandi artisti, dopo che l’impostazione tecnica della frase non le aveva consentito l’acuto naturale e semplice di tante occasioni passate.
Nell’aria ha ingaggiato un duello con il maestro, imponendo un rallentamento del tempo in corsa, sicuramente efficace sul piano espressivo, ma assai impegnativo dal punto di vista esecutivo. Nel terzo atto si è avvertita poi una certa stanchezza.
Che dire di Carlos Almaguer? Non voglio offendere nessuno per cui non mi voglio esporre in classifiche di alcun genere, ma il suo Scarpia è sicuramente uno dei migliori che io abbia mai ascoltato, voce potentissima, dizione perfetta, personaggio disegnato in modo impeccabile: un dominatore dal punto di vista canoro e scenico. E’ raro ascoltare un baritono che emerga nel “Te Deum” sulla massa corale al punto da essere sempre perfettamente udibile con un suono ricco di colore ed espressione, intenso, potente drammaticamente. Sulla scena è naturale, perfetto. L’unico appunto che si può fare, ed è un vero peccato, è sul vizio che ha di terminare molte, troppe frasi finendo fuori nota, in una specie di parlato, che sicuramente lo aiuta nell’interpretazione, ma che disturba l’ascoltatore, che vorrebbe ascoltare le note scritte da Puccini anche in coda alle frasi.
Voce sontuosa, recitazione naturalmente drammatica, capacità di relazionarsi ai colleghi con intensità ne fanno l’interprete ideale per qualsiasi regista ed infatti il lavoro di Kaegi ne è stato valorizzato: gesti semplici, efficaci, nulla di ingiustificato, nulla di determinato da esigenze canore nei suoi movimenti sulla scena. Un interprete magnifico.
Bene l’Angelotti di Davide Mura, vocalmente sicuro e scenicamente efficace. Non dimentica di essere stremato dalla fuga e dalla fame e ben si rapporta ad un Cura eccellente nel breve duetto “E’ buona la mia Tosca”.
Voce importante quella di Lisandro Guinis che ha interpretato in modo potente, da Scarpia quale è stato in passato, il sacrestano, facendo prevalere più la trascuratezza miserabile del personaggio sulla comicità ed assecondando così molto bene la verosimiglianza scenica chiesta dal regista.
Sicuri ed efficaci lo Spoletta di Francesco Napoleoni e lo Sciarrone di Andrea de Campo. Bene anche il Carceriere di Massimo Schillaci.
Splendidi come sempre i costumi della Fondazione Cerratelli, una vera eccellenza del territorio.
Una serata iniziata con i migliori auspici e finita un pochino in calando per la stanchezza di alcuni interpreti, ma comunque degna del Festival Pucciniano. Questo a testimoniare ancora una volta l’importanza di una presenza valida sul podio, in un momento storico nel quale, spesso per ragioni estranee e direi contrarie alla musica, si privilegiano produzioni nelle quali il direttore d’orchestra cambia di continuo nelle repliche, andando in scena a volte con pochissime prove o nessuna. Complimenti al Festival per il suo lavoro: merita tutto il sostegno possibile; non è stato piacevole, infatti, vedere il teatro tutt’altro che esaurito, nonostante il titolo e gli interpreti così famosi; si avverte nella nostra società un disamore non verso il Festival ma verso la cultura in generale. L’opera va aiutata con la qualità e con l’amore di chi le è rimasto fedele.
(fotografie di Giorgio Andreuccetti)
MARCELLO LIPPI
Autore e Critico Musicale per la Cultura di Young diretta da David Colantoni
Baritono. Nato a Genova, si è diplomato presso il conservatorio Paganini; e laureato presso l’istituto Braga di Teramo con il massimo dei voti. E’ anche laureato in lettere moderne presso l’Università degli studi di Genova. La sua carriera comincia nel 1988 con La notte di un nevrastenico e I due timidi di Nino Rota e subito debutta a Pesaro al Festival Rossini in La gazza ladra e La scala di seta. In seguito canta in Italia nei teatri dell’opera di Roma (Simon Boccanegra, La vedova allegra, Amica), Napoli (Carmina Burana), Genova (Le siège de Corinthe, Lucia di Lammermoor, Bohème, Carmen, Elisir d’amore, Simon Boccanegra, La vida breve, The prodigal son, Die Fledermaus, La fanciulla del west), Venezia (I Capuleti e i Montecchi), Palermo (Tosca, La vedova allegra, Orphée aux enfers, Cin-ci-là, Barbiere di Siviglia), Catania (Wienerblut, Der Schulmeister, das Land des Lächelns), Firenze (Il finanziere e il ciabattino, Pollicino), Milano ( Adelaide di Borgogna), Torino (The consul, Hamlet, Elisir d’amore), Verona (La vedova allegra), Piacenza (Don Giovanni), Modena (Elisir d’amore), Ravenna (Elisir d’amore), Savona (Medea, Il combattimento, Torvaldo e Dorliska), Fano (Madama Butterfly), Bari (Traviata, La Cecchina), Lecce (Werther, Tosca), Trieste (I Pagliacci, Der Zigeuner Baron, Die Fledermaus, Al cavallino bianco, La vedova allegra), Cagliari (Die Fledermaus- La vida breve), Rovigo (Werther, Mozart e Salieri, The tell-tale heart, Amica), Pisa (Il barbiere di Siviglia- La vedova allegra), Lucca (Il barbiere di Siviglia) eccetera. All’estero si è esibito a Bruxelles (La Calisto), Berlin Staatsoper (Madama Butterfly, La Calisto), Wien (La Calisto), Atene (Il barbiere di Siviglia- Madama Butterfly), Dublin (Nozze di Figaro, Capuleti e Montecchi), Muenchen (Giulio Cesare in Egitto), Barcelona (La gazza ladra, La Calisto, Linda di Chamounix), Lyon (Nozze di Figaro, Calisto), Paris (Traviata, Nozze di Figaro), Dresden (Il re Teodoro in Venezia, Serse), Nice (Nozze di Figaro, The Tell-tale heart), Ludwigshafen (Il re Teodoro, Serse), Jerez de la Frontera (Nozze di Figaro), Granada (Nozze, Tosca), Montpellier (Calisto, Serse), Alicante (Traviata, Don Giovanni, Rigoletto, Bohème), Tel Aviv (Don Pasquale, Elisir d’amore, Traviata), Genève (Xerses, La purpura de la rosa), Festival Salzburg (La Calisto), Madrid (La purpura de la rosa, don Giovanni), Basel (Maria Stuarda), Toronto (Aida), Tokio (Traviata, Adriana Lecouvreur), Hong Kong (Traviata), Frankfurt (Madama Butterfly), Dubrovnik (Tosca), Cannes (Tosca), Ciudad de Mexico (La purpura de la rosa), Palma de Mallorca (Turandot e Fanciulla del west), Limoges (Tosca), Toulon (Linda di Chamounix) ed altre decine di teatri in differenti nazioni del mondo.
Dal 2004 al 2009 ha ricoperto l’incarico di Direttore Artistico e Sovrintendente del Teatro Sociale di Rovigo. Nel 2010 è stato direttore dell’Italian Opera Festival di Londra. Dal 2011 al 2016 è stato direttore artistico della Fondazione Teatro Verdi di Pisa.
Dal 2015 firma come regista importanti spettacoli operistici in tutto il mondo: ha appena terminato il Trittico di Puccini ad Osaka (Giappone), Cavalleria rusticana di Mascagni, Traviata di Verdi, Don Giovanni a Pafos, Tosca, Rigoletto e sarà presto impegnato in altre importanti produzioni estere ed italiane come Jolanta e Aleko. Ha firmato la regia anche di opere moderne come Salvo d’Acquisto al Verdi di Pisa e barocche come Il Flaminio con il Maggio Formazione di Firenze
Docente di canto lirico in conservatorio a La Spezia, Alessandria, Udine, Ferrara e ora a Rovigo
Ha insegnato Management del Teatro all’Accademia del Teatro alla Scala di Milano.
Ha fatto Master Class in varie parti del mondo, per esempio Kiev (accademia Ciaikovski), Shangai, Chengdu, Osaka, San Pietroburgo, San Josè de Costarica ed in moltissime città italiane.
Musicologo, ha pubblicato molti saggi: Rigoletto, dramma rivoluzionario 2012; Alla presenza di quel Santo 2005 quattro edizioni e 2013; Era detto che io dovessi rimaner… 2006; Da Santa a Pina, le grandi donne di Verga 2006 due edizioni; Puccini ha un bel libretto 2005 e 2013, A favore dello scherzo, fate grazia alla ragione 2006 e 2013; La favola della ”Cavalleria rusticana” 2005; Un verista poco convinto 2005; Dalla parte di don Pasquale 2005; Ti baciai prima di ucciderti 2006 e 2013; Del mondo anima e vita è l’amor 2007 e 2014Vita gaia e terribile 2007; Genio e delitto sono proprio incompatibili? 2006 e 2012; Le ossessioni della Principessa 2008 e 2012; Dal Burlador de Sevilla al dissoluto punito: l’avventura di un immortale 2014; L’uomo di sabbia e il re delle operette 2014; Un grande tema con variazioni: il convitato di pietra 2015; E vo’ gridando pace e vo’ gridando amor 2015; Da Triboulet a Rigoletto 2011; Editi da Teatro Sociale di Rovigo, Teatro Verdi di Padova, Teatro Comunale di Modena, Festival di Bassano del Grappa, Teatro Verdi di Pisa.
Ha pubblicato “una gigantesca follia” Sguardi sul don Giovanni per la casa editrice ETS a cura di da Alessandra Lischi, Maria Antonella Galanti e Cristiana Torti dell’Università di Pisa. Nel 2012 Ha edito un libro di poesie “Poesie 1996-2011” presso la casa editrice ABEdizioni. E’ nell’antologia di poeti contemporanei “Tempi moderni” edito da Libroitaliano World. E’ iscritto Siae ed autore delle versioni italiane del libretto delle opere: Rimskji-Korsakov Mozart e Salieri; Telemann Il maestro di scuola; Entrambe rappresentate al Teatro Sociale di Rovigo ed al teatro Verdi di Pisa. Dargomiskji Il convitato di pietra rappresentata al teatro Verdi di Pisa