In pieno stile eversivo, il Movimento Cinque Stelle da sempre dichiara di voler censurare, abbattere ed annientare qualsiasi elemento di contrasto alle proprie politiche ed alle proprie idee. Siamo, di fatto, ad un approccio identico a quello dei regimi: mi contesti? Non condividi il mio pensiero? Prima ti intimidisco, poi provo a censurarti e alla fine, se non cedi e non ti ammorbidisci, ti “abolisco” dopo averti diffamato nella solita salsa qualunquista che tanto piace alle folle.
L’ossessione per i giornalisti e l’ordine è difatti un vecchio e noto tarlo grillino, che rischia purtroppo di diventare più di una puerile ossessione da campagna elettorale ora che quei grillini gestiscono il potere in Parlamento.
Ma, si dice, un politico “honesto” dovrebbe fare gli interessi della collettività. Non solo i suoi, non solo quelli di chi l’ha eletto. E, se possiamo pure accettare che Rocco Casalino, esattamente come tutti i collaboratori dei vecchi partiti della casta, sia pagato con i soldi di tutti gli italiani (anche di chi lo detesta e mai lo vorrebbe con quell’incarico) per fare esclusiva propaganda al suo “movimento”, dobbiamo almeno chiederci cosa ci guadagnerebbero italiani, qualità della stampa ed indipendenza della professione dall’abolizione del tanto odiato ordine dei giornalisti.
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COSA MIGLIOREREBBE SENZA L’ORDINE DEI GIORNALISTI?
Risposta per chi ha almeno 4 neuroni attivi: assolutamente nulla. E qualsiasi argomentazione portata avanti per abolirlo tout court, è frutto o di ritardo mentale grave misto a crassa ignoranza o di malafede conclamata o di invidia per incapacità d’iscrizione all’albo o, come detto, di voglia eversiva e punitiva nei confronti di chi ha osato sfiorare il nuovo intoccabile leader maximo della “comunicazione” grillica.
La “purga” che i pentastellati vorrebbero lanciare parte poi (al solito) da una bufala ripetuta da pletore di imbecilli fino a diventare (quasi) vera: “L’ordine è nato con il fascismo ed è espressione di un certo corporativismo e della casta dei giornalisti”. Ora, se è vero che l’ordine è nato con il fascismo (come molte altre cose che sono poi state del tutto riformate), è altrettanto vero che quel tipo di ordine fu totalmente smantellato e appunto riformato con la caduta del regime. L’attuale organizzazione risale infatti alla legge del n° 69 del 3 febbraio 1963; (magari studiatevela prima di parlare o scrivere altre idiozie).
Ora, chi chiedevamo: perché si vuole abolire l’ordine e perché questa cosa dovrebbe portare benefici ai professionisti dell’informazione e al popolo italiano?
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LE (STUPIDE) ACCUSE ALL’ORDINE
Tra le accuse ripetute ossessivamente ci sono quelle di mancata vigilanza su fake news (grazie alle quali proprio Casaleggio ha fondato il suo impero propagandistico e manipolato numerosi incapaci di intendere e di votare), la mancata radiazione immediata di tutti i giornalisti che non ne rispettano le regole deontologiche e la più strumentale di tutte: la mancata tutela dei giornalisti precari e disoccupati, che però spetterebbe (come ovvio) prima di tutto al sindacato.
Ora, premesso che da sempre sostengo con fermezza che un tesserino non fa un giornalista così come una laurea non fa una persona colta ed intelligente, ognuna di questa accuse è del tutto priva di senso e pronunciata in regime di totale ignoranza o completa malafede.
Del resto, che l’ordine sia imperfetto e bisognoso di riforme urgenti e profonde, di ammodernamenti e miglioramenti è fuor di dubbio. Che così com’è sia effettivamente un ente poco efficace, vetusto, male organizzato e quindi percepito come del tutto inutile, è altrettanto innegabile.
Ma, banalmente, senza di esso la situazione sarebbe ancora peggiore, ci sarebbero ancora meno controlli, molto più caos, sfruttamento e doppiolavoristi in misura ancora maggiore. Niente sarebbe migliore, eliminando l’ordine dei giornalisti senza prima aver pensato ad una valida e più moderna alternativa.
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ALLORA ABOLIAMO TUTTO CIÒ CHE NON FUNZIONA PERFETTAMENTE!
Per andare incontro alle facoltà mentali di chi né richiede a gran voce e piccola competenza la cancellazione, facciamo qualche esempio molto semplice: abolire l’ordine dei giornalisti per le motivazioni addotte, in pratica sarebbe come togliere dalle strade tutte le pattuglie di polizia, vigili e carabinieri perché non riescono a garantire il 100% di sicurezza ovunque; sarebbe come abolire l’ordine degli avvocati perché non tutti i suoi iscritti sono eccellenti o rispettosi delle regole deontologiche. Sarebbe come abolire l’ordine dei medici perché non tutti i “dottori antivax” sono stati subito radiati e così via all’infinito. E potremmo persino pensare di farlo, ma come detto solo dopo aver pensato ad una valida alternativa in sostituzione. Migliorativa e non brutalmente distruttiva.
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LE VERE CONSEGUENZE (DEVASTANTI) PER I GIORNALISTI
E intanto, mentre molti colleghi che in realtà dovrebbero vedersi stracciare il tesserino sostengono il folle quanto disutile progetto grillico, c’è da attestare che in realtà una conseguenza nefasta l’abolizione dell’ordine l’avrebbe subito e colpirebbe direttamente le tasche di tutti i giornalisti che al momento, in quanto tali, versano contributi al loro ente di previdenza: l’INPGI.
Senza ordine e senza una nuova legge ad hoc a riconoscere e regolamentare la nostra professione, infatti, di certo l’INPGI non avrebbe più ragione d’esistere e verrebbe inglobato nell’INPS. Differenza? Si passerebbe dal 12% di contributi (di cui il 10% a carico del giornalista ed il 2 restante a carico del committente) al 27% totale.
Un aumento devastante dei contributi dovuti annualmente e l’ennesima batosta ad una categoria già in ginocchio, imponendo ancora più lavoro in nero ovunque possibile. Non solo: se con l’INPS non si maturano almeno 20 anni di contributi versati, i soldi semplicemente vengono persi (sic!).
L’unica, buona notizia che è molto probabilmente questa proposta sarà l’ennesimo flop pentastellato. L’ennesimo coito interrotto d’intenti, che anche se venisse approvato alle camere sarebbe poi impugnabile di fronte alla Corte Costituzionale, che sulla legittimità dell’ordine si è già espressa una volta, in maniera molto chiara.