Motezuma di Galuppi al Festival Pucciniano di Torre del Lago, 19 agosto 2018
Inusuale trovarmi in una sera d’estate ad essere attratto al Festival Pucciniano da un titolo non pucciniano, di quelli che fanno la gioia di chi, come me, ha fame di conoscere e si precipita a teatro ogni qualvolta capita di poter assistere ad un’opera riscoperta, rivalutata, resuscitata, per ascoltare un altro capolavoro oppure un lavoro che sarebbe stato meglio lasciare ben coperto dalla polvere dei secoli. Inusuale anche trovarmi nel contesto di quella mezza occasione perduta che è l’auditorium del Teatro di Torre del Lago, luogo propizio per le rappresentazioni di opere elitarie, per palati fini e pochi spettatori, se solo gli ideatori della struttura avessero pensato, come gli antichi ben sapevano, che mettere gli spettatori tutti sullo stesso piano con un palcoscenico basso significa poter vedere solo quello che accade ai protagonisti dalla vita in su o districarsi cercando di vedere qualcosa tra una selva di teste ondeggianti nel tentativo a loro volta di vedere qualcosa. Vi sono stato richiamato da un’operazione intrigante ed intelligente: un progetto finanziato dalla Comunità Europea avente per oggetto una produzione dell’Opera Network Firenze, specializzata, con l’Ensemble San Felice, nel regalarci, con qualità raffinatissima, perle musicali dimenticate nel tempo, ringiovanendole e riproponendole. La coproduzione, di enorme spessore, con la Fondazione Festival Pucciniano ed il Salzsburger Landestheater ha reso la serata in oggetto, prima assoluta per l’opera in tempi moderni, un autentico evento. Enorme infine l’importanza di mettere alla prova giovani esecutori, in questo caso gli alunni dell’Accademia di Alto Perfezionamento Giacomo Puccini, in un repertorio così impegnativo, davanti ad un pubblico selezionato, ma competente. Un elogio quindi alla Governance del festival Pucciniano che ha compreso da tempo l’utilità di un uso alternativo dell’auditorium e di altri spazi per proporre titoli che non riempirebbero il Gran Teatro e un elogio alla squadra trainante dell’Opera Network composta da Paolo Bellocci, Federico Bardazzi e Carla Zanin.
Detto doverosamente questo, nel raccontare la serata debbo distinguere forzatamente gli aspetti principali: quello musicale e quello scenico. Dal punto di vista musicale la direzione d’orchestra di Federico Bardazzi è una garanzia di qualità, per le capacità direttoriali e per l’esperienza nella musica antica. Eccellente nel controllo ritmico e dinamico dell’orchestra, con gesto chiaro e preciso ha mantenuto, nonostante la forzata dislocazione non centrale, ma a sinistra dello spazio, un ottimo contatto con il palcoscenico, rimediando alle piccole sbavature degli interpreti e alle piccole amnesie. L’orchestra ha tenuto validamente l’equilibrio sonoro, non semplice, con i solisti; ogni cambio di tempo o di dinamica sono stati eseguiti in modo inappuntabile. L’esperienza del maestro ha sorretto le inesperienze di alcuni interpreti. Il risultato è stato una letizia ritmica, una gioia di comunicare emozioni e bellezza.
A tutti e sei gli interpreti sulla scena va il mio più grande augurio, perché tutti meritano, per l’impegno profuso e per le qualità artistiche, di poter raggiungere traguardi importanti. Regina della serata, seppure in personaggio en travesti, è stata Sara Cappellini Maggiore, che mi pare ricordare avesse una volta il vezzo di indugiare eccessivamente sulla svenevolezza dei personaggi che interpretava. In questa occasione ho trovato invece una vera leonessa, capace di dominare l’improbo ruolo di Motezuma, arricchendolo di tutta una dinamica da grande artista, osando i pianissimi e proiettando i suoni in avanti, nei momenti d’impeto, con una potenza che non le riconoscevo. Voce piena, matura, affascinante e sicura, ha risolto le arie con maestria, eleganza e morbidezza. Certo la sua femminilità, complice anche il costume di scena, prorompeva e come maschio non ha avuto molta credibilità, ma la sua gestualità limitata e precisa le ha permesso di creare un personaggio riuscito a tutto tondo. Unica pecca i pianissimi esagerati, perché racchiusi dietro labbra e non proiettati come il resto del canto, quasi che per lei il piano fosse un suono trattenuto in bocca e costretto. Alcuni suoni sono così risultati intubati, con un colore vocale differente, ma le basterebbe un’inezia, un pizzico d’attenzione in più per sistemare questa piccola menda. La fidanzata Erismena è stata interpretata da Beatrice Stella, applauditissima dal pubblico come pure la Cappellini Maggiore.
La Stella ha una voce davvero interessante, bella presenza, facilità di canto: è la prima volta che incontro una cantante che esegua, o tenti di farlo, le agilità secondo la straordinaria tecnica di Vivica Genaux, cioè di labbra, usando la vibrazione di esse (a bocca socchiusa) per conseguire precisione e rapidità nelle agilità. Esperimento interessante, se non fosse che manca ancora un poco di proiezione. Il problema, risolvibilissimo, è che questa posizione di canto non le permette l’approccio agli acuti in condizione di stabilità dell’organo vocale e pertanto è costretta a liberare improvvisamente queste note, con effetto non gradevole sugli ascoltatori, che hanno l’impressione di suoni sicurissimi, ma un po’ gridati. Professionale e validissima nella gestione del fiato e nel fraseggio, è un’interprete davvero valida e da tenere d’occhio per il futuro. Credo che, passata l’emozione del debutto, avendo un po’ più di cura delle dinamiche, darà il meglio di sé ed avrà molto successo nelle recite che seguiranno. La prova di Imma Iovine come Teutile, invece, è stata segnata dall’incertezza nell’emissione, quasi sempre sfocata, con intonazione non precisa. Credo che l’interprete, alla quale riconosco una vocalità interessante, non fosse a proprio agio nella tessitura del personaggio, forse troppo bassa per lei. A volte coperta dall’orchestra, non a suo agio nella vicenda scenica e nell’ “en travesti”, ha sicuri margini di miglioramento, ma deve recuperare il rapporto tra la respirazione e la fonazione, apparso in questa occasione non perfettamente equilibrato. Anche per Vladimir Reutov, Cortès, si è avuta l’impressione che l’artista fosse impegnato in una tessitura troppo bassa, non ottimale per lui, che è un formidabile acutista. Un po’ scolastico nei recitativi, si è impegnato per dare credibilità al proprio personaggio, riuscendoci sul piano vocale con progressione costante fino all’ultima aria, eseguita davvero con grande maestria. Bello e reale sulla scena, ha dovuto fare i conti con un “doppio”, almeno credo fosse tale, affibbiatogli dal regista, che lo ha seguito ovunque per quasi tutta l’opera rimanendo alle sue spalle, credo per indicare l’anima nera del conquistador. Reutov è riuscito, nonostante questa inquietante presenza, a mantenere la concentrazione. Il suono è ben proiettato, ma sarebbe meglio “raccogliere” un poco le “a” almeno nel terzetto, per evitare un eccessivo contrasto con le agilità sulla “o” e “u” delle due colleghe. Deliziosa la Lisinga (Mamma mia che nomi nelle opere di quel periodo!!!) di Micaela Sarah d’Alessandro. Voce delicata e morbida, come la spuma delle onde, capace di buoni recitativi, ottimi fraseggi ed un po’ condizionata solo da un pochino di nervosismo da “prima” che le ha fatto terminare l’aria con smorzato progressivo e sfumato finale, un po’ fuori stile. Scenicamente inappuntabile, carina e precisa nei pezzi d’assieme.
Infine Sara Tommasini, Ostane, altro ruolo “en travesti”: la sua vocalità è purtroppo assai poco proiettata, “fa” il contralto, più che esserlo ed i suoni sono un po’ cavernosi, quasi mai liberi. Con un po’ di perfezionamento tecnico con i docenti dell’accademia sono convinto che troverà presto il modo di dare “verità” al proprio suono. Dal punto di vista scenico è stata impostata sulla caricatura del maschio e quindi ci ha regalato una serie di facce che avrebbero voluto essere tragiche, ma sono risultate comiche. Pessima la scena di mimo tra lei e la Iovine, nella quale dovevano inscenare una lite, ma avendo avuto indicazione di picchiarsi a ritmo di musica ed essendo in quel punto la musica lenta, si sono limitate ad una danza da lottatori di sumo assolutamente inappropriata e brutta.
Dal punto di vista scenico devo fare molte considerazioni. La prima è che penso che quest’operazione non abbia avuto in dote un periodo lunghissimo di prove, né una disponibilità notevole di mezzi scenici. Ma rimango fermo nelle mie convinzioni: se si ripropongono titoli desueti, come è il caso di questo “Motezuma” e ancor più se lo si fa con cantanti giovani, ci sono alcune cose dalle quali non si può prescindere. Come prima cosa direi sicuramente la cura dei recitativi. Essi sono, nell’ottica del dramma, il momento dell’azione; devono essere comprensibili, efficaci, giusti nella misura e nella tempistica, secondo i tempi di una recitazione moderna e non dell’ampollosità barocca. In questa occasione sono stati molto scolastici e lenti, con una retorica attoriale indigesta ed innaturale. E’ mancato un po’ di lavoro in questo senso oppure sarà stata una scelta registica. L’opera seria di quei tempi seguiva un’attorialità oggi incomprensibile ed improponibile: il regista dovrebbe scegliere se assecondare l’autore modernizzandolo però nel canto vicino alla parola (recitativo appunto) oppure spezzare tutto dichiarando di non crederci ed optando per una recitazione dove la retorica sia messa alla berlina, un teatro del nonsense o del divertimento in un’opera inizialmente seria. Il regista nel nostro caso non ha purtroppo scelto.
La statuarietà imbarazzante dei personaggi, l’assenza di rapporti tra loro, l’affidare un debole messaggio simbolico ai mimi ed alle proiezioni lasciando i cantanti abbandonati ad un’immobilità quasi totale sia fossero impegnati nel canto, sia nell’ascolto del collega di turno, non è stata scelta vincente. Luca Ramacciotti, mio carissimo amico e persona stimatissima, non ha scelto cosa fare: non ha dimostrato di credere alla vicenda costruendo dei personaggi profondi come lui avrebbe saputo fare, ma non ha nemmeno dissacrato divertendosi a giocare a fare il contrario di quanto dettato dal libretto.
La scena vuota, le diapositive e clip proiettate, con alternanza di boschi nordici da Schwarzwald (dovremmo essere in Messico) dall’atmosfera alla Blair Witch Project ed immagini evocanti gli Atzechi, civette, l’anima nera di Cortès ecc.. hanno prodotto ancora più staticità anche perché la visione era parzialmente annullata dalle luci di scena, ben più forti della proiezione sul fondo. Nessuna attrezzeria, nemmeno un trono, una sedia, un gradino che potesse offrire un appoggio ai cantanti per non dover rimanere all’in piedi tutto il tempo, come unica alternativa al passeggiare a vuoto come pesci in un acquario, con espressioni standard, slegate dalla vicenda in corso.
Nemmeno i costumi hanno aiutato, perché sembravano, e probabilmente erano, presi da varie produzioni, per cui sulla scena si muoveva Motezuma vestito da Lady Oscar, con una variante-intimo di un corsetto da Frasquita, Cortès con un costume da nobile inglese alla caccia alla volpe, mentre il suo alter ego era vestito da nazista. Erismena in compenso era una perfetta Violetta Valery, pettinatura a parte, Lisinga una giovane Mimì, Teutile un perfetto Hoffmann nei Racconti ed infine Ostane era pronto per interpretare una delle maschere in Turandot nella produzione del maestro Del Monaco. Completava il tutto una giovane danzatrice, alla quale era affidato tutto l’esotismo atzeco. Confesso di non aver compreso il messaggio. Torniamo così alla prima considerazione: forse il tempo è stato così poco che il bravo Ramacciotti non ha potuto approfondire di più di così. E’ un’ipotesi, nulla più. Ma l’occasione meritava un po’ di impegno in più dal punto di vista scenico, almeno per pareggiare la precisione dell’aspetto musicale. Ci sarà tempo per perfezionare i meccanismi prima del debutto austriaco e, forse, di rivedere qualche scelta. Per il momento complimenti a tutti per il lavoro svolto e per il progetto, intelligente e vincente
MARCELLO LIPPI
Autore e Critico Musicale per la Cultura di Young diretta da David Colantoni
Baritono. Nato a Genova, si è diplomato presso il conservatorio Paganini; e laureato presso l’istituto Braga di Teramo con il massimo dei voti. E’ anche laureato in lettere moderne presso l’Università degli studi di Genova. La sua carriera comincia nel 1988 con La notte di un nevrastenico e I due timidi di Nino Rota e subito debutta a Pesaro al Festival Rossini in La gazza ladra e La scala di seta. In seguito canta in Italia nei teatri dell’opera di Roma (Simon Boccanegra, La vedova allegra, Amica), Napoli (Carmina Burana), Genova (Le siège de Corinthe, Lucia di Lammermoor, Bohème, Carmen, Elisir d’amore, Simon Boccanegra, La vida breve, The prodigal son, Die Fledermaus, La fanciulla del west), Venezia (I Capuleti e i Montecchi), Palermo (Tosca, La vedova allegra, Orphée aux enfers, Cin-ci-là, Barbiere di Siviglia), Catania (Wienerblut, Der Schulmeister, das Land des Lächelns), Firenze (Il finanziere e il ciabattino, Pollicino), Milano ( Adelaide di Borgogna), Torino (The consul, Hamlet, Elisir d’amore), Verona (La vedova allegra), Piacenza (Don Giovanni), Modena (Elisir d’amore), Ravenna (Elisir d’amore), Savona (Medea, Il combattimento, Torvaldo e Dorliska), Fano (Madama Butterfly), Bari (Traviata, La Cecchina), Lecce (Werther, Tosca), Trieste (I Pagliacci, Der Zigeuner Baron, Die Fledermaus, Al cavallino bianco, La vedova allegra), Cagliari (Die Fledermaus- La vida breve), Rovigo (Werther, Mozart e Salieri, The tell-tale heart, Amica), Pisa (Il barbiere di Siviglia- La vedova allegra), Lucca (Il barbiere di Siviglia) eccetera. All’estero si è esibito a Bruxelles (La Calisto), Berlin Staatsoper (Madama Butterfly, La Calisto), Wien (La Calisto), Atene (Il barbiere di Siviglia- Madama Butterfly), Dublin (Nozze di Figaro, Capuleti e Montecchi), Muenchen (Giulio Cesare in Egitto), Barcelona (La gazza ladra, La Calisto, Linda di Chamounix), Lyon (Nozze di Figaro, Calisto), Paris (Traviata, Nozze di Figaro), Dresden (Il re Teodoro in Venezia, Serse), Nice (Nozze di Figaro, The Tell-tale heart), Ludwigshafen (Il re Teodoro, Serse), Jerez de la Frontera (Nozze di Figaro), Granada (Nozze, Tosca), Montpellier (Calisto, Serse), Alicante (Traviata, Don Giovanni, Rigoletto, Bohème), Tel Aviv (Don Pasquale, Elisir d’amore, Traviata), Genève (Xerses, La purpura de la rosa), Festival Salzburg (La Calisto), Madrid (La purpura de la rosa, don Giovanni), Basel (Maria Stuarda), Toronto (Aida), Tokio (Traviata, Adriana Lecouvreur), Hong Kong (Traviata), Frankfurt (Madama Butterfly), Dubrovnik (Tosca), Cannes (Tosca), Ciudad de Mexico (La purpura de la rosa), Palma de Mallorca (Turandot e Fanciulla del west), Limoges (Tosca), Toulon (Linda di Chamounix) ed altre decine di teatri in differenti nazioni del mondo.
Dal 2004 al 2009 ha ricoperto l’incarico di Direttore Artistico e Sovrintendente del Teatro Sociale di Rovigo. Nel 2010 è stato direttore dell’Italian Opera Festival di Londra. Dal 2011 al 2016 è stato direttore artistico della Fondazione Teatro Verdi di Pisa.
Dal 2015 firma come regista importanti spettacoli operistici in tutto il mondo: ha appena terminato il Trittico di Puccini ad Osaka (Giappone), Cavalleria rusticana di Mascagni, Traviata di Verdi, Don Giovanni a Pafos, Tosca, Rigoletto e sarà presto impegnato in altre importanti produzioni estere ed italiane come Jolanta e Aleko. Ha firmato la regia anche di opere moderne come Salvo d’Acquisto al Verdi di Pisa e barocche come Il Flaminio con il Maggio Formazione di Firenze
Docente di canto lirico in conservatorio a La Spezia, Alessandria, Udine, Ferrara e ora a Rovigo
Ha insegnato Management del Teatro all’Accademia del Teatro alla Scala di Milano.
Ha fatto Master Class in varie parti del mondo, per esempio Kiev (accademia Ciaikovski), Shangai, Chengdu, Osaka, San Pietroburgo, San Josè de Costarica ed in moltissime città italiane.
Musicologo, ha pubblicato molti saggi: Rigoletto, dramma rivoluzionario 2012; Alla presenza di quel Santo 2005 quattro edizioni e 2013; Era detto che io dovessi rimaner… 2006; Da Santa a Pina, le grandi donne di Verga 2006 due edizioni; Puccini ha un bel libretto 2005 e 2013, A favore dello scherzo, fate grazia alla ragione 2006 e 2013; La favola della ”Cavalleria rusticana” 2005; Un verista poco convinto 2005; Dalla parte di don Pasquale 2005; Ti baciai prima di ucciderti 2006 e 2013; Del mondo anima e vita è l’amor 2007 e 2014Vita gaia e terribile 2007; Genio e delitto sono proprio incompatibili? 2006 e 2012; Le ossessioni della Principessa 2008 e 2012; Dal Burlador de Sevilla al dissoluto punito: l’avventura di un immortale 2014; L’uomo di sabbia e il re delle operette 2014; Un grande tema con variazioni: il convitato di pietra 2015; E vo’ gridando pace e vo’ gridando amor 2015; Da Triboulet a Rigoletto 2011; Editi da Teatro Sociale di Rovigo, Teatro Verdi di Padova, Teatro Comunale di Modena, Festival di Bassano del Grappa, Teatro Verdi di Pisa.
Ha pubblicato “una gigantesca follia” Sguardi sul don Giovanni per la casa editrice ETS a cura di da Alessandra Lischi, Maria Antonella Galanti e Cristiana Torti dell’Università di Pisa. Nel 2012 Ha edito un libro di poesie “Poesie 1996-2011” presso la casa editrice ABEdizioni. E’ nell’antologia di poeti contemporanei “Tempi moderni” edito da Libroitaliano World. E’ iscritto Siae ed autore delle versioni italiane del libretto delle opere: Rimskji-Korsakov Mozart e Salieri; Telemann Il maestro di scuola; Entrambe rappresentate al Teatro Sociale di Rovigo ed al teatro Verdi di Pisa. Dargomiskji Il convitato di pietra rappresentata al teatro Verdi di Pisa