il Pirata Barbastrisce
Il problema è noto: la nostra società sta scivolando verso una preoccupante e compiaciuta ignoranza. Non bastano le risposte di alcuni concorrenti nei quiz televisivi che collocano Verga in Piemonte, Hitler nel settecento o Marx nel medioevo, c’è anche la soddisfatta moda di considerare noioso e da evitare tutto ciò che impegna il pensiero e addirittura il pensiero stesso. La generazione susseguente la mia, incapace ormai (tranne eccezioni) di leggere Manzoni, di capire la differenza tra Rembrandt e Dalì, di ascoltare una musica che superi i tre minuti di durata, tempo massimo di concentrazione, ha insegnato ai figli che l’opera lirica è noiosa, un concentrato di tediosa inutilità da seppellire, e che siano soldi perduti tutti i contributi statali erogati a sostenere il genere culturale che più ci rappresenta nel mondo, che fa parlare l’italiano, che attira verso l’Italia milioni di turisti e che rende degna e grande la nostra immagine, contrastando la trilogia pizza-mandolino-mafia.
Ora ci si è accorti che i giovani della generazione ancora successiva uccidono per divertirsi, picchiano gli insegnanti, bullizzano i compagni, non hanno rispetto per la vita altrui e propria. Che fare? E’ possibile che la generazione dei padri ricominci a parlare di valori, a leggere e far leggere i giovani, a stimolare i loro cervelli, ad educarli alla musica (un tempo si suonava tutti uno strumento, fosse anche la chitarra, oggi costa tutto fatica)? La musica ha il potere di ridestare i cervelli sopiti e intontiti dei manipolati dalla Grande Rete?
Il teatro del Giglio di Lucca crede di sì e si impegna, ormai da cinque anni, in un progetto chiamato Lucca Junior Opera, quest’anno dedicato all’allestimento di un’opera lirica scritta per i ragazzi e da loro eseguita. Questa è una delle due modalità possibili per avvicinare alla musica colta il mondo dei giovani e, forse, attraverso di loro, riavvicinare anche i genitori e ridestarli dal sonno.
Anche negli operatori culturali, nel mondo colto e vivace intellettivamente, c’è una convinzione fatale: che l’opera lirica sia eccessivamente lunga e noiosa per poter piacere ad uno scolaro della scuola primaria. Vero? Forse in questo momento di sonno collettivo nel quale gli ignoranti prendono il potere potrebbe essere così: se la generazione dei trentenni esprime questo vuoto, a maggior ragione le giovanissime generazioni ne saranno afflitte. Così ci si autogiustifica: se la proposta culturale non è affascinante, e non lo è a priori, non proponiamo più o proponiamo dei trailer dell’opera lirica, della durata massima di un’ora. Non ci si pone il problema di come rendere l’opera lirica interessante attraverso una messa in scena intelligente e vivace, ci si pone il problema di presentarla a piccole pillole che non disturbino troppo il sonno mentale dei fruitori e soprattutto non li sveglino (le “antologie” per ragazzi).
Due modalità, dicevamo: l’opera pocket e l’opera per bambini. Entrambi validi strumenti per avvicinare i giovanissimi, strumenti fondamentali. La fiammella dell’attenzione, della passione può risvegliarsi anche dall’ascolto di pochi minuti, da una visione frammentata o da un linguaggio semplificato, ma non dal silenzio. Ben vengano dunque le varie Opera Pocket (opere antologiche tascabili eseguite con giovani cantanti ad un costo bassissimo, spesso con il pianoforte al posto dell’orchestra ed eseguite nei teatri come nelle aule magne delle scuole per tutto il paese) e ben vengano ancora di più le iniziative come questa di Lucca Junior Opera, che si ripropone di commissionare (termine purtroppo oggi quasi desueto) un’opera ad un compositore e ad un librettista.
Nel caso in oggetto si tratta della modalità per me più valida ed estrema: un’opera per ragazzi scritta, con un linguaggio semplificato, per essere eseguita dai ragazzi stessi, in un contesto però professionale e non scolastico. Si è voluto meritoriamente che l’orchestra, il coro, i protagonisti, i ballerini fossero tutti ragazzi delle scuole di Lucca attraverso la collaborazione con il Liceo Musicale Artistico “A.Passaglia”: unici adulti presenti in palcoscenico il direttore d’orchestra e i due protagonisti “professionisti”. Una modalità vincente nel modo più schiacciante: nulla genera maggiormente attenzione, entusiasmo e partecipazione che far parte personalmente di uno spettacolo in un teatro d’opera con un pubblico vero di fronte.
Si obietterà che trattasi pur sempre di un’opera per ragazzi e quindi può svolgere solo una funzione propedeutica all’opera vera e propria, con il suo linguaggio e la durata ben differenti, ma la positività dell’operazione è indubbia e credo che si debba essere orgogliosi dell’esistenza di un teatro la cui governance investa nel futuro in modo così chiaro e determinato, mirando a destare nei giovanissimi un interesse e a richiamare in teatro i genitori che forse non vi hanno mai messo piede.
E’ stato infatti uno spettacolo nello spettacolo vedere, prima che l’opera iniziasse, i giovani orchestrali impegnati a salutare a gran voce e in coro i propri familiari, amici e compagni presenti in platea e vedere il pubblico, ignaro delle convenzioni comportamentali che bene o male e per fortuna resistono in teatro, chiamarsi a gran voce da una parte all’altra della sala, complici le dimensioni non eccessive del teatro del Giglio. Si trattava con ogni probabilità di pubblico che per la prima volta varcava le soglie del Tempio.
Marco Simoni è il compositore in assoluto più adatto a questo tipo di operazione: sa scrivere musica in modo validissimo e lo ha già molte volte dimostrato con le sue opere indirizzate al pubblico adulto (ricordiamo “Si camminava sull’Arno” e “Lyric Puppet Show”), ma soprattutto è padre e conosce benissimo il linguaggio dei ragazzi di oggi. Poi è colto, intelligente, ama la vita e la musica, condizioni per le quali compone con un profondo significato da trasmettere, con un messaggio, con un’intenzione pedagogica. Nulla della sua musica è casuale, nulla è scritto per dimostrare astruse teorie creative, adesioni a movimenti o contromovimenti o per creare nuovi linguaggi. Simoni usa un linguaggio comprensibile, ovviamente semplice, rivolgendosi in questo caso ad esecutori giovanissimi, e di presa sul pubblico. Ha il coraggio di essere melodico e questo può essere vincente perché elimina la difficoltà di fruizione creata da grandi compositori del passato, penso a Henze o Britten, che hanno impiegato un linguaggio dissonante, ostico, difficile, puntando in opere rivolte ai bambini su orchestre esperte e orecchie colte. In Simoni la vicinanza stilistica con il musical non è nascosta e non vedo perché nasconderla, visto che nella storia dell’opera lirica del nostro secolo è il punto di contatto tra la musica colta e quella popolare e ha avvicinato tante persone all’opera lirica tradizionale. Le melodie che scrive sono spesso brevi, molto attente alla valorizzazione della parola; si sente che è sua intenzione trasmettere un messaggio che deve essere compreso, usa ritmiche affascinanti con una sezione percussioni ben valorizzata, soprattutto nella scena della tribù di selvaggi, e si cimenta pure in una riuscitissima scena del temporale, rivaleggiando con Rossini e Verdi nell’intenzione descrittiva.
La brevità della vicenda, costretta a svolgersi nell’arco di un’ora abbondante di musica, fa sì che Simoni debba far ricorso a tutta la sua esperienza di sinteticità, ma non si ha l’impressione, come accade in altri compositori, che abbia dilatato un’idea per arrivare al numero di battute prestabilito; al termine dell’opera si ha invece l’impressione che sia stata troppo corta e rimane il desiderio di ascoltare ancora, segno che il compositore ha molto da dire e sa come dirlo.
Semplice ed efficace il libretto di Fabrizio Altieri che usa un linguaggio rodariano, sintetico ed apparentemente scarno, per raccontare l’esile trama.
Il soggetto è un inno a ciò che nella vita viene identificato come più importante: l’identità, la paternità, la famiglia, gli affetti; il pirata Barbastrisce, alla ricerca perpetua di tesori scopre che il vero tesoro sono i figli perduti e ritrovati, i quali, a loro volta, trovano in questa paternità e nel loro essere figli il traguardo del loro viaggio e della loro avventura, iniziato per un Avvenimento, l’incontro con una fascinosa ed incantevole dama misteriosa.
Incantevole Antonella Biondo lo è davvero in tutto: vocalmente e scenicamente; un’apparizione sulla scena di quelle che lasciano il segno: emissione morbidissima e delicata, timbro dolcissimo e fraseggio maturo. Una boccata di ossigeno per gli spettatori più esperti d’opera. Forzatamente statuaria scenicamente, per esigenze di copione, sa esprimere con uno sguardo un mondo di bellezza che affascina i due ragazzi e li convince ad intraprendere il viaggio.
Altrettanto efficace, il pirata Barbastrisce (Tremenzio nel primo atto), Ricardo Crampton. Se il primo personaggio gli dà poca occasione di porsi in evidenza, tratteggia benissimo il difficile personaggio del pirata, con la sua ambivalenza di feroce guerriero in realtà buono come il pane, con i suoi gesti a volte minacciosi, a volte fanciulleschi e sopra le righe. La parte musicale a lui affidata non è difficile, ma è sviluppata bene, con maturità vocale e stilistica e dominio della scena.
Leone Marangoni, uno dei due alunni della Scuola di Musica di Fiesole, è l’anello debole del cast, ed è evidente sin dalle prime note: è difficilissimo trovare un ragazzino, (in realtà un ragazzo cresciutello), che abbia un volume tale da poter essere sentito in un teatro senza microfono e con un’orchestra in buca (non così smaliziata da poter fare dei “pianissimo” quando lui canta). Anche il parlato è stato ai limiti dell’intelligibilità. Il ragazzo è molto bello, ma anche molto alto e cresciuto per poter fare il ruolo da ragazzino che il regista gli dipinge addosso. I suoi movimenti fanciulleschi risultano così un po’ troppo da bambino per la sua fisicità, conducendo lo spettatore a dubitare della sua integrità psichica. Avrebbe dovuto essere aiutato dal regista a valorizzare questa sua fisicità da Principe Azzurro.
L’altra alunna della scuola fiesolana, Teresa Poggiali, pur essendo una voce naturale da musical, ha una potenza notevolissima e i suoi suoni corrono in sala coprendo quelli del ragazzo. Ha una posizione di canto un po’ bassa e quindi ogni tanto entra un vibrato limitante che spero venga in futuro corretto e non stabilizzato. Bene scenicamente, è spigliata ed efficace, e, pur essendo cresciutella anche lei, riesce a fare la ragazzina con credibilità. Anche il parlato è sempre comprensibile e ben recitato.
Ottimo il lavoro del regista Cataldo Russo: con pochi mezzi ha saputo creare una bellezza visiva accattivante avvalendosi dell’ottimo balletto della Scuola Art&Danza Arabesque guidato dalla coreografa Monica Bocci e delle immagini cartoon dello Studio Kmzero (Isabella Ahmadzadeh), frutto della collaborazione con Lucca Comics and Games, il cui Art Director Cosimo Lorenzo Pancini è stato impegnato in questa produzione come scenografo e costumista, riuscendo a creare un’assoluta magia. Particolarmente efficace la scena della tribù indigena e quella del temporale; ben caratterizzati i personaggi, lasciando prevalere l’aspetto ludico, con una recitazione a tratti caricaturale, anche per riempire gli spazi che la musica ha lasciato all’azione. Belle le luci di Marco Minghetti.
Eccellente il lavoro del direttore d’orchestra Paolo Biancalana, del preparatore musicale Guido Masini, della direttrice del coro Rossella Bevacqua, che hanno condotto i giovani interpreti ad un’esecuzione precisa e curatissima. La ritmica dell’opera non è particolarmente accidentata, anzi è strutturata per episodi regolari, contraddistinti da una scansione ben comprensibile, comunque è stata meritoria la precisione dell’ensemble. Negli episodi della dama misteriosa l’orchestra ha saputo dare tocchi di morbidezza ed eleganza.
Un’operazione in definitiva di grande efficacia, sia per il coinvolgimento diretto degli studenti di varie scuole, chiamati a mettere a frutto le competenze maturate con lo studio, sia per la partecipazione degli stagisti del corso di formazione per tecnico scenografo organizzato dall’Agenzia per lo sviluppo empolese Valdelsa SPA. Giovani protagonisti e molti giovani tra il pubblico. Già questo è un valore inconfutabile, ma ciò che ha fatto da vero padrone della serata è stata la musica, validissima, di Marco Simoni, cui speriamo siano presto affidate altre “commissioni”.
MARCELLO LIPPI
Autore e Critico Musicale per la Cultura di Young diretta da David Colantoni
Baritono. Nato a Genova, si è diplomato presso il conservatorio Paganini; e laureato presso l’istituto Braga di Teramo con il massimo dei voti. E’ anche laureato in lettere moderne presso l’Università degli studi di Genova. La sua carriera comincia nel 1988 con La notte di un nevrastenico e I due timidi di Nino Rota e subito debutta a Pesaro al Festival Rossini in La gazza ladra e La scala di seta. In seguito canta in Italia nei teatri dell’opera di Roma (Simon Boccanegra, La vedova allegra, Amica), Napoli (Carmina Burana), Genova (Le siège de Corinthe, Lucia di Lammermoor, Bohème, Carmen, Elisir d’amore, Simon Boccanegra, La vida breve, The prodigal son, Die Fledermaus, La fanciulla del west), Venezia (I Capuleti e i Montecchi), Palermo (Tosca, La vedova allegra, Orphée aux enfers, Cin-ci-là, Barbiere di Siviglia), Catania (Wienerblut, Der Schulmeister, das Land des Lächelns), Firenze (Il finanziere e il ciabattino, Pollicino), Milano ( Adelaide di Borgogna), Torino (The consul, Hamlet, Elisir d’amore), Verona (La vedova allegra), Piacenza (Don Giovanni), Modena (Elisir d’amore), Ravenna (Elisir d’amore), Savona (Medea, Il combattimento, Torvaldo e Dorliska), Fano (Madama Butterfly), Bari (Traviata, La Cecchina), Lecce (Werther, Tosca), Trieste (I Pagliacci, Der Zigeuner Baron, Die Fledermaus, Al cavallino bianco, La vedova allegra), Cagliari (Die Fledermaus- La vida breve), Rovigo (Werther, Mozart e Salieri, The tell-tale heart, Amica), Pisa (Il barbiere di Siviglia- La vedova allegra), Lucca (Il barbiere di Siviglia) eccetera. All’estero si è esibito a Bruxelles (La Calisto), Berlin Staatsoper (Madama Butterfly, La Calisto), Wien (La Calisto), Atene (Il barbiere di Siviglia- Madama Butterfly), Dublin (Nozze di Figaro, Capuleti e Montecchi), Muenchen (Giulio Cesare in Egitto), Barcelona (La gazza ladra, La Calisto, Linda di Chamounix), Lyon (Nozze di Figaro, Calisto), Paris (Traviata, Nozze di Figaro), Dresden (Il re Teodoro in Venezia, Serse), Nice (Nozze di Figaro, The Tell-tale heart), Ludwigshafen (Il re Teodoro, Serse), Jerez de la Frontera (Nozze di Figaro), Granada (Nozze, Tosca), Montpellier (Calisto, Serse), Alicante (Traviata, Don Giovanni, Rigoletto, Bohème), Tel Aviv (Don Pasquale, Elisir d’amore, Traviata), Genève (Xerses, La purpura de la rosa), Festival Salzburg (La Calisto), Madrid (La purpura de la rosa, don Giovanni), Basel (Maria Stuarda), Toronto (Aida), Tokio (Traviata, Adriana Lecouvreur), Hong Kong (Traviata), Frankfurt (Madama Butterfly), Dubrovnik (Tosca), Cannes (Tosca), Ciudad de Mexico (La purpura de la rosa), Palma de Mallorca (Turandot e Fanciulla del west), Limoges (Tosca), Toulon (Linda di Chamounix) ed altre decine di teatri in differenti nazioni del mondo.
Dal 2004 al 2009 ha ricoperto l’incarico di Direttore Artistico e Sovrintendente del Teatro Sociale di Rovigo. Nel 2010 è stato direttore dell’Italian Opera Festival di Londra. Dal 2011 al 2016 è stato direttore artistico della Fondazione Teatro Verdi di Pisa.
Dal 2015 firma come regista importanti spettacoli operistici in tutto il mondo: ha appena terminato il Trittico di Puccini ad Osaka (Giappone), Cavalleria rusticana di Mascagni, Traviata di Verdi, Don Giovanni a Pafos, Tosca, Rigoletto e sarà presto impegnato in altre importanti produzioni estere ed italiane come Jolanta e Aleko. Ha firmato la regia anche di opere moderne come Salvo d’Acquisto al Verdi di Pisa e barocche come Il Flaminio con il Maggio Formazione di Firenze
Docente di canto lirico in conservatorio a La Spezia, Alessandria, Udine, Ferrara e ora a Rovigo
Ha insegnato Management del Teatro all’Accademia del Teatro alla Scala di Milano.
Ha fatto Master Class in varie parti del mondo, per esempio Kiev (accademia Ciaikovski), Shangai, Chengdu, Osaka, San Pietroburgo, San Josè de Costarica ed in moltissime città italiane.
Musicologo, ha pubblicato molti saggi: Rigoletto, dramma rivoluzionario 2012; Alla presenza di quel Santo 2005 quattro edizioni e 2013; Era detto che io dovessi rimaner… 2006; Da Santa a Pina, le grandi donne di Verga 2006 due edizioni; Puccini ha un bel libretto 2005 e 2013, A favore dello scherzo, fate grazia alla ragione 2006 e 2013; La favola della ”Cavalleria rusticana” 2005; Un verista poco convinto 2005; Dalla parte di don Pasquale 2005; Ti baciai prima di ucciderti 2006 e 2013; Del mondo anima e vita è l’amor 2007 e 2014Vita gaia e terribile 2007; Genio e delitto sono proprio incompatibili? 2006 e 2012; Le ossessioni della Principessa 2008 e 2012; Dal Burlador de Sevilla al dissoluto punito: l’avventura di un immortale 2014; L’uomo di sabbia e il re delle operette 2014; Un grande tema con variazioni: il convitato di pietra 2015; E vo’ gridando pace e vo’ gridando amor 2015; Da Triboulet a Rigoletto 2011; Editi da Teatro Sociale di Rovigo, Teatro Verdi di Padova, Teatro Comunale di Modena, Festival di Bassano del Grappa, Teatro Verdi di Pisa.
Ha pubblicato “una gigantesca follia” Sguardi sul don Giovanni per la casa editrice ETS a cura di da Alessandra Lischi, Maria Antonella Galanti e Cristiana Torti dell’Università di Pisa. Nel 2012 Ha edito un libro di poesie “Poesie 1996-2011” presso la casa editrice ABEdizioni. E’ nell’antologia di poeti contemporanei “Tempi moderni” edito da Libroitaliano World. E’ iscritto Siae ed autore delle versioni italiane del libretto delle opere: Rimskji-Korsakov Mozart e Salieri; Telemann Il maestro di scuola; Entrambe rappresentate al Teatro Sociale di Rovigo ed al teatro Verdi di Pisa. Dargomiskji Il convitato di pietra rappresentata al teatro Verdi di Pisa