Cardillac di Hindemith al Maggio Musicale Fiorentino
Sono andato a teatro martedì scorso, 15 maggio 2018, provando un intenso piacere, che spesso mi viene negato: quello della curiosità. Per la prima volta avrei assistito a “Cardillac” di Hindemith, opera che, per mia lacuna, avevo solo ascoltato in tre diverse registrazioni lontane tra loro nel tempo: l’incisione di Köln del 1968 con Dietrich Fischer-Diskau diretta da Joseph Keilbeth, quella del 1994, francese, diretta da Marek Janowski ed infine quella del 2010 di Vienna diretta da Franz Welser-Möst, ma mai vista in teatro dal vivo. Ben predisposto da ottime recensioni ricevute da amici di fiducia, mi sono dunque recato al Maggio Fiorentino, che ha avuto il coraggio di inaugurare con quest’opera nella versione originale il suo Festival 2018, pur essendo “Cardillac” così poco frequente sui palcoscenici nostrani ed essendo di autore ritenuto ostico per il grande pubblico e forse anche per le élites.
Il profumo della curiosità mi elettrizzava: quando si assiste per la prima volta alla messa in scena di un’opera che si è tante volte ascoltata credo sia normale voler vedere se la propria fantasia aveva, durante quell’ascolto, saputo ricostruire la scena. Speravo insomma di non provare la delusione che tante volte ci colpisce quando vediamo un film tratto da un libro che conosciamo bene.
Spiazzato dalla collocazione della narrazione nel primo novecento, anziché nel seicento, all’epoca di Luigi XIV, non ho però fatto fatica a ricollegare le emozioni di oggi con quelle di allora: Valerio Binasco ci ha infatti regalato una regia intelligente e fedele, pur nella differente collocazione storica, andando a solleticare altre corde della mia immaginazione e ricollegandosi ad un altro celebre allestimento, quello del musical “Jekyll and Hide”, da me visto più volte a Londra, che tanti spettatori ha appassionato con la sua atmosfera noir alla Edgar Allan Poe. Giustamente Binasco sottolinea, nelle sue note di regia, come la Parigi della novella di E.T.A. Hoffmann sia stata da lui trasformata in una città anonima, che potrebbe essere stata ovunque ed in qualunque tempo, anche se il coro canta “Sind wir nicht wir selbst: Paris, die Stadt!”. E’ stato ben coadiuvato dalle efficaci scenografie ideate da Guido Fiorato, con un continuo gioco di trasparenze che svelava gli interni delle case e gli omicidi che si commettevano in esse. Perfettamente indovinati gli arredamenti, salvo la scena della festa, volutamente triste, ma in realtà un po’ troppo squallida, con il coro che ripeteva gli stessi passi di danza scoordinati e fuori epoca (riconducibili al twist) nei quali già si era esibito con esiti non trionfali nella “Sonnambula” di Bellini. L’entrata del re e della sua combriccola è stata esagerata dal punto di vista dell’ubriachezza: difficilmente un re si presenterebbe completamente ubriaco a casa di un grande artista. Ciò ha dato l’idea che non si trattasse del re in persona, ma di un ubriaco mascherato come tale, togliendo mordente al dramma di Cardillac in quella scena, nella quale correva il rischio di dover commettere un regicidio se il sovrano si fosse impadronito di una delle sue creazioni. Binasco ha gestito perfettamente le lunghe pantomime, valorizzando tutti i temi voluti da Hindemith e aggiungendo richiami alla quotidianità, come quando la folla accusa degli omicidi un povero mendicante di colore per il semplice fatto di dover reperire un capro espiatorio plausibile. Una regia sobria e valida sotto ogni aspetto, un aiuto a leggere la vicenda e a penetrarla scoprendo anche tratti dei personaggi che avrebbero potuto sfuggire alla lettura del solo libretto. Un grande professionista! Validi i costumi di Gianluca Falaschi, efficaci a rendere perfettamente distinguibile la natura dei personaggi. Indovinate le luci di Pasquale Mari, con particolare eccellenza nell’illuminazione di Cardillac al tavolo, davvero molto bella.
Non posso che manifestare ammirazione e rispetto per la prova del direttore d’orchestra Fabio Luisi, direttore musicale del teatro: eccellente nel dipingere i colori di quest’opera tanto turbata e turbolenta, con totale controllo della buca e del palcoscenico e con invenzioni dinamiche apprezzabilissime. Chiarissimo il gesto, sicura l’idea musicale, ha dato dell’espressionismo-oggettivismo di Hindemith una lettura fedele ed incisiva. Magnifica la prova dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, minime le sue sbavature in una partitura di grande impegno e difficoltà, con un primo violino di assoluta eccellenza. Ottimo anche il Coro del Maggio Musicale Fiorentino: un’ennesima prova di grande professionalità, sia scenicamente che vocalmente, nonostante le dissonanze a volte feroci e le asperità ritmiche che avrebbero potuto creare qualche problema. Complimenti vivissimi al maestro Lorenzo Fratini che lo ha preparato.
Per quanto riguarda le voci, ha dominato l’assoluta fedeltà ai canoni tedeschi dell’epoca (ed anche odierni per quanto riguarda la produzione del ventesimo secolo): massima attenzione alla dizione, al “teatrale”, per cui il suono facilmente veniva emesso, particolarmente in zona acuta, con una forte pressione del fiato, “strumentalizzazione” del timbro e un uso limitato della “maschera”, al contrario di come ci ha abituato la tradizione italiana. Nulla pertanto si può obiettare a chi ha assemblato il cast con tanta perizia e competenza. Mi rimane però il desiderio, un giorno, di poter ascoltare questa ed altre opere eseguite da voci “italiane”. Mi chiedo come risulterebbero: certamente meno fedeli allo stile originale, ma forse interessanti sotto altri punti di vista.
L’unico italiano della compagnia di canto, Adriano Gramigni, ci regala infatti all’esordio dell’opera una vocalità sicura e matura, prendendosi, nonostante il piccolo ruolo di Capo della “Prévôté”, uno spazio lusinghiero nell’economia generale dello spettacolo.
Martin Gantner è un protagonista degno ed efficace, dalla vocalità robusta e dagli acuti molto liberi, come la scuola tedesca espressionista impone; quando sale in acuto diventa tenorile, ma disegna un personaggio giustamente autorevole e forte. Per volontà del regista indugia molto sui tratti di follia del personaggio, rimanendo sempre un po’ curvo e turbato; avesse forse calcato di più sulla “normalità” per lui del suo amore folle per le proprie creazioni, avrebbe reso più acutamente straziante il dramma della figlia, che egli disdegna, preferendole i gioielli creati. La sua fisicità, come atteggiamento, è “mostruosa”, si ricollega troppo a Mister Hyde ed è quindi più facilmente identificabile da parte degli altri, nel suo isolamento colpevole.
Ottima la prova di Ferdinand von Bothmer come Ufficiale: la voce è potente e bella, l’aspetto vigoroso ed autorevole. Solo all’entrata non si è lasciato prendere dalla tenerezza per l’amata: è rimasto un po’ troppo militaresco, ma è stato efficace e preciso, controllando sempre la propria emissione in modo che risultasse rotonda e molto ben proiettata in sala. A volte è ricorso ad un’eccessiva dilatazione del cavo orale e perso conseguentemente in proiezione, ma la voce è di prima qualità e importanza.
Gun-Brit Barkmin, la Figlia di Cardillac, non ha questa rotondità ed infatti la sua sonorità appare meno netta, non dà sufficientemente spazio al suono e lo comprime con un risultato pur buono ai fini dell’esplicitazione di uno stile di canto espressionista. Penalizzata da una parrucca che non le donava, ha saputo disegnare un personaggio meno tenero del dovuto, ma comunque efficace nella sua vana richiesta d’amore al padre. Ha perso un po’ dell’innocenza della figlia di un assassino ( che non si accorge dei delitti del padre), ponendo più l’accento sul suo bisogno di essere amata e sui suoi due amori.
Molto professionale e ben calato nella parte il commerciante d’oro Pavel Kudinov, la cui vocalità ben si è prestata al personaggio, dando i colori dell’ambiguità, del sospetto, infine del tragico linciaggio. Peccato che a tratti si sia lasciato coprire dall’orchestra.
Jennifer Larmore, la Dama, è stata un’elegantissima signora, senza calcare sulla follia della sfida che le costerà la vita, né sulla frivolezza del personaggio. Vive un bisogno d’amore pari a quello della Figlia di Cardillac e per una prova d’amore non esita a scatenare il dramma. Vocalità perfettamente espressionista, con una forte limitazione del vibrato del suono, ma molto precisa sia musicalmente che scenicamente, ha dato una mirabile interpretazione nell’assolo finale del primo atto.
Il vibrato è pressoché assente dalla vocalità di Johannes Klum, il Cavaliere, che mantiene una sonorità appuntita e pressata in avanti, declamatoria più che lirica, in pieno stile tedesco del ventesimo secolo; ricorre al falsetto nella zona acuta e nel duetto rimane in secondo piano rispetto all’amata.
Una serata più che interessante in conclusione, per il materiale compositivo e per la cantabilità a tratti quasi “gregoriana”, a tratti bachiana, a tratti declamatoria, a tratti lirica, ma sempre coinvolgente, della musica di Hindemith, che ha seguito necessità stilistiche sempre nuove (misi in scena “Sancta Susanna” a Pisa nel 2016), con urgenze comunicative che non sempre hanno trovato un’estrinsecazione ottimale, ma che tengono desta l’attenzione e l’ascolto dello spettatore. Il significato è potente: si tratta di analizzare la figura dell’artista e la sua assolutezza quando la sua arte si fa genialità, l’isolamento cui è condannato e si condanna, la sua diversità anche mostruosa, la sua incapacità di amare ed essere amato, il valore dell’opera d’arte e la sua eternità, superiore anche agli affetti più semplici, anche alla vita stessa. L’ammirazione che ha alla fine l’Ufficiale per colui che ha sfidato è significativa: “Morì un eroe. Umana paura gli era ignota. Pur se qui giace, è lui il vincitore, e io lo invidio.”
MARCELLO LIPPI
Autore e Critico Musicale per la Cultura di Young diretta da David Colantoni
Baritono. Nato a Genova, si è diplomato presso il conservatorio Paganini; e laureato presso l’istituto Braga di Teramo con il massimo dei voti. E’ anche laureato in lettere moderne presso l’Università degli studi di Genova. La sua carriera comincia nel 1988 con La notte di un nevrastenico e I due timidi di Nino Rota e subito debutta a Pesaro al Festival Rossini in La gazza ladra e La scala di seta. In seguito canta in Italia nei teatri dell’opera di Roma (Simon Boccanegra, La vedova allegra, Amica), Napoli (Carmina Burana), Genova (Le siège de Corinthe, Lucia di Lammermoor, Bohème, Carmen, Elisir d’amore, Simon Boccanegra, La vida breve, The prodigal son, Die Fledermaus, La fanciulla del west), Venezia (I Capuleti e i Montecchi), Palermo (Tosca, La vedova allegra, Orphée aux enfers, Cin-ci-là, Barbiere di Siviglia), Catania (Wienerblut, Der Schulmeister, das Land des Lächelns), Firenze (Il finanziere e il ciabattino, Pollicino), Milano ( Adelaide di Borgogna), Torino (The consul, Hamlet, Elisir d’amore), Verona (La vedova allegra), Piacenza (Don Giovanni), Modena (Elisir d’amore), Ravenna (Elisir d’amore), Savona (Medea, Il combattimento, Torvaldo e Dorliska), Fano (Madama Butterfly), Bari (Traviata, La Cecchina), Lecce (Werther, Tosca), Trieste (I Pagliacci, Der Zigeuner Baron, Die Fledermaus, Al cavallino bianco, La vedova allegra), Cagliari (Die Fledermaus- La vida breve), Rovigo (Werther, Mozart e Salieri, The tell-tale heart, Amica), Pisa (Il barbiere di Siviglia- La vedova allegra), Lucca (Il barbiere di Siviglia) eccetera. All’estero si è esibito a Bruxelles (La Calisto), Berlin Staatsoper (Madama Butterfly, La Calisto), Wien (La Calisto), Atene (Il barbiere di Siviglia- Madama Butterfly), Dublin (Nozze di Figaro, Capuleti e Montecchi), Muenchen (Giulio Cesare in Egitto), Barcelona (La gazza ladra, La Calisto, Linda di Chamounix), Lyon (Nozze di Figaro, Calisto), Paris (Traviata, Nozze di Figaro), Dresden (Il re Teodoro in Venezia, Serse), Nice (Nozze di Figaro, The Tell-tale heart), Ludwigshafen (Il re Teodoro, Serse), Jerez de la Frontera (Nozze di Figaro), Granada (Nozze, Tosca), Montpellier (Calisto, Serse), Alicante (Traviata, Don Giovanni, Rigoletto, Bohème), Tel Aviv (Don Pasquale, Elisir d’amore, Traviata), Genève (Xerses, La purpura de la rosa), Festival Salzburg (La Calisto), Madrid (La purpura de la rosa, don Giovanni), Basel (Maria Stuarda), Toronto (Aida), Tokio (Traviata, Adriana Lecouvreur), Hong Kong (Traviata), Frankfurt (Madama Butterfly), Dubrovnik (Tosca), Cannes (Tosca), Ciudad de Mexico (La purpura de la rosa), Palma de Mallorca (Turandot e Fanciulla del west), Limoges (Tosca), Toulon (Linda di Chamounix) ed altre decine di teatri in differenti nazioni del mondo.
Dal 2004 al 2009 ha ricoperto l’incarico di Direttore Artistico e Sovrintendente del Teatro Sociale di Rovigo. Nel 2010 è stato direttore dell’Italian Opera Festival di Londra. Dal 2011 al 2016 è stato direttore artistico della Fondazione Teatro Verdi di Pisa.
Dal 2015 firma come regista importanti spettacoli operistici in tutto il mondo: ha appena terminato il Trittico di Puccini ad Osaka (Giappone), Cavalleria rusticana di Mascagni, Traviata di Verdi, Don Giovanni a Pafos, Tosca, Rigoletto e sarà presto impegnato in altre importanti produzioni estere ed italiane come Jolanta e Aleko. Ha firmato la regia anche di opere moderne come Salvo d’Acquisto al Verdi di Pisa e barocche come Il Flaminio con il Maggio Formazione di Firenze
Docente di canto lirico in conservatorio a La Spezia, Alessandria, Udine, Ferrara e ora a Rovigo
Ha insegnato Management del Teatro all’Accademia del Teatro alla Scala di Milano.
Ha fatto Master Class in varie parti del mondo, per esempio Kiev (accademia Ciaikovski), Shangai, Chengdu, Osaka, San Pietroburgo, San Josè de Costarica ed in moltissime città italiane.
Musicologo, ha pubblicato molti saggi: Rigoletto, dramma rivoluzionario 2012; Alla presenza di quel Santo 2005 quattro edizioni e 2013; Era detto che io dovessi rimaner… 2006; Da Santa a Pina, le grandi donne di Verga 2006 due edizioni; Puccini ha un bel libretto 2005 e 2013, A favore dello scherzo, fate grazia alla ragione 2006 e 2013; La favola della ”Cavalleria rusticana” 2005; Un verista poco convinto 2005; Dalla parte di don Pasquale 2005; Ti baciai prima di ucciderti 2006 e 2013; Del mondo anima e vita è l’amor 2007 e 2014Vita gaia e terribile 2007; Genio e delitto sono proprio incompatibili? 2006 e 2012; Le ossessioni della Principessa 2008 e 2012; Dal Burlador de Sevilla al dissoluto punito: l’avventura di un immortale 2014; L’uomo di sabbia e il re delle operette 2014; Un grande tema con variazioni: il convitato di pietra 2015; E vo’ gridando pace e vo’ gridando amor 2015; Da Triboulet a Rigoletto 2011; Editi da Teatro Sociale di Rovigo, Teatro Verdi di Padova, Teatro Comunale di Modena, Festival di Bassano del Grappa, Teatro Verdi di Pisa.
Ha pubblicato “una gigantesca follia” Sguardi sul don Giovanni per la casa editrice ETS a cura di da Alessandra Lischi, Maria Antonella Galanti e Cristiana Torti dell’Università di Pisa. Nel 2012 Ha edito un libro di poesie “Poesie 1996-2011” presso la casa editrice ABEdizioni. E’ nell’antologia di poeti contemporanei “Tempi moderni” edito da Libroitaliano World. E’ iscritto Siae ed autore delle versioni italiane del libretto delle opere: Rimskji-Korsakov Mozart e Salieri; Telemann Il maestro di scuola; Entrambe rappresentate al Teatro Sociale di Rovigo ed al teatro Verdi di Pisa. Dargomiskji Il convitato di pietra rappresentata al teatro Verdi di Pisa