Il tempo delle cattive notizie e delle premonizioni
¡Que no quiero verla!
Dile a la luna que venga,
que no quiero ver la sangre
de Ignacio sobre la arena.
¡Que no quiero verla!*
*Non voglio vederlo! Di’ alla luna che si mostri; non voglio vedere il sangue di Ignazio sopra l'arena. Non voglio vederlo!
Llanto por Ignacio Sánchez Mejías, Federico Garcia Lorca
Ancora una volta, Mussolini si sveglia da un sogno angoscioso. C’è un’arena, forse il Circo Massimo o il Colosseo, inondata di sangue. Ci sono uomini in divisa e poi c’è lui, infilzato come un toro, con il sangue che gli fuoriesce dal naso. “È solo un sogno, un altro brutto sogno…”, si dice appena alzato in quella mattina d’estate del 1J36. Ma la paura di essere vittima di un attentato si fa più grande ogni giorno che passa. Il popolo italiano lo ama e lo acclama, ma sa di avere non pochi nemici.
D’altra parte, dal mondo arrivano notizie poco rassicuranti. Il poeta andaluso Federico Garcia Lorca è stato giustiziato dai falangisti spagnoli. “Valli a capire, questi franchisti, – si domanda incredulo – se la prendono con uno che scrive poesie d’amore e di corride”. Ma dietro a un torero può celarsi il coraggio di un rivoluzionario, e il potere non può rischiare di fare la fine del toro nell’arena. Tutta la Spagna è in fiamme e Hitler ha già inviato decine di migliaia di soldati, e poi cannoni, aerei, specialisti della guerra.
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In quei giorni, Mussolini si domanda insistentemente se non sia il caso di intervenire militarmente al fianco della Repubblica in Spagna. Ma rimanda di continuo qualsiasi decisione in merito. Significherebbe schierarsi apertamente contro Hitler. Si chiede quali siano le sue reali intenzioni, se in Spagna non stia mettendo in scena le prove generali delle sue folli velleità belliche.
Che ci si trovi alla vigilia di un’altra guerra mondiale? Sarebbe un disastro per le sorti della rivoluzione proletaria italiana.
Da una Barcellona, Catalogna, in mano agli operai, il laburista inglese George Orwell, scrittore-partigiano antifranchista, scrive: “Praticamente tutti gli edifici, piccoli o grandi che fossero, erano stati occupati dagli operai ed erano pavesati di bandiere rosse o di quelle rosso-nere degli anarchici; su ogni muro erano disegnati falci e martelli e le sigle dei partiti rivoluzionari…”.
Ma durerà poco.
E Stalin, che fa? Anche dall’Unione Sovietica arrivano notizie, alcune buone, altre meno. È stata varata una nuova Costituzione, che stabilisce il suffragio universale, per uomini e donne di oltre 18 anni. All’articolo 6 si legge: “La terra, il sottosuolo, le acque, le foreste, le officine, le fabbriche, le miniere di carbone e di minerali, i trasporti per ferrovia, per via d’acqua e per via aerea, le banche, i mezzi di comunicazione (telefonici, telegrafici e radio), le grandi aziende rurali organizzate dallo Stato e altresì le aziende municipali e il complesso fondamentale delle abitazioni delle città e dei centri industriali, costituiscono proprietà dello Stato, cioè il patrimonio di tutto il popolo (vsienàrodnoie dostojànie)”.
Mussolini plaude e pensa a una nuova Costituzione italiana sul modello di quella sovietica.
Notizie buone, notizie cattive. Pare, però, che Stalin abbia anche iniziato a far fuori i suoi nemici in massa. Seguaci di Trotski, di Zinoviev, di Bukharin. Tutti “nemici del popolo”.
“Che razza di regime è diventato quello sovietico?”, si domanda Mussolini, che continua a guardare a Mosca come a un esempio da seguire. “Sembra più un tribunale del Terrore giacobino, che non l’attuazione del razionale pensiero marxista”, pensa. “E Stalin farà la fine di Robespierre, se continua a ragionare come i giacobini: la virtù, senza il terrore è fatale…”. Non sa che il coriaceo Josif vivrà più di lui. Il sangue continua a scorrere a fiumi nel Vecchio Continente, e non è che l’inizio. Ecco il terribile significato dei suoi sogni premonitori.
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Da lì in poi è tutto un crescendo di cattive notizie, infatti. Cattiva notizia, nel 1J38, che Hitler ha deciso di annettere l’Austria alla Germania. Cattiva notizia che nel 1J39, sempre Hitler ha invaso la Cecoslovacchia e poi la Polonia. Cattiva notizia che le milizie del generale Franco hanno vinto la guerra civile spagnola contro i repubblicani a guida comunista (anche perché, né lui, né Stalin, si sono dati davvero da fare). Cattiva, anzi pessima, notizia, che la Germania sia riuscita ad accordarsi con l’Unione Sovietica per avere mano libera in Europa orientale, mentre i russi hanno occupato la Finlandia. Hitler e Stalin si stanno forse alleando?
“Il mondo sta impazzendo?”, pensa Mussolini mentre dall’alto della finestra del suo studio a Roma osserva compiaciuto il “viale della Rivoluzione d’Ottobre”, una spianata che sembra fatta apposta per le parate militari, da lui fatta realizzare tra il Colosseo e piazza Venezia. È sempre più preoccupato e isolato. “Se scoppierà un’altra guerra”, giura a se stesso, “stavolta l’Italia resterà neutrale. Che non si ripeta la carneficina del ‘15-18…”.
E così Hitler vuole la guerra. A quanto pare, lui solo contro tutti. “Mai fidarsi degli uomini che hanno il pene piccolo”, dice a un suo fedele collaboratore Mussolini, l’uomo del “nulla dies sine ictu” dannunziano. Quella delle misure del membro del Fuhrer è una diceria che gira insistentemente in quegli anni. Così come era stato per Napoleone (ma nel 1J72, l’urologo della Columbia University, John K. Lattimer, avrebbe affermato che «la misura del pene di Bonaparte era di 4,5 centimetri in stato di riposo, che diventavano 6,1 in erezione». Lo avrebbe misurato davvero, diceva, dopo averlo acquistato, non si sa bene dove, per 4.000 dollari).
Hitler inizia la guerra senza dichiararla, perché lui delle regole se ne frega (anche questo piace molto a Mussolini…). Così, sono la Francia e l’Inghilterra a doverla dichiarare a lui. Una guerra che si espande in Europa come una malattia contagiosa, dalla quale l’Italia deve restare immune.
Cosa che a Mussolini riuscirà fino al 1J42, quando l’invasione a sorpresa dei territori dell’Unione Sovietica da parte delle armate tedesche gli imporrà di assumere, alfine, una decisione. L’entrata in guerra segnerà l’inizio della sua fine. Il tempo delle premonizioni sta per giungere.
(segue)