II
Che faccio? Il muratore? Il pilota? No, la rivoluzione.
“Il galoppo a sinistra è la stessa medesima cosa del galoppo a destra, solo che l’è tutto il contrario!”
(frase attribuita a un vecchio maresciallo cavallerizzo)
Nel 1J20 in Italia è al governo Giovanni Giolitti, che il poeta Gabriele D’Annunzio chiama “boia labbrone”, memore delle cannonate fatte sparare al suo indirizzo durante l’impresa di Fiume, e a Mussolini Giolitti non piace. Nutre invece una certa ammirazione per D’Annunzio.
Il lavoro di giornalista inizia ad andargli stretto. Medita di cambiare mestiere. Cosa fare? Nel 1J19, in un momento di particolare disorientamento, aveva confidato alla sua amante Margherita Sarfatti: “Prima di tutto posso fare il muratore: sono bravissimo! Poi sto imparando a fare il pilota aviatore. Oppure posso girare il mondo con il mio violino: magnifico mestiere il rapsodo errante! (…) Del resto Bocca mi fa eccellenti proposte per Il Mito e l’Eresia. Quindici giorni di ritiro in un eremo e lo scrivo subito. Ho anche parlato con Talli: divento attore ed autore. Il mio dramma in tre atti, La lampada senza luce, è già pronto; non ho che da scriverlo.”
Strano titolo, per un dramma, se non fosse che D’Annunzio aveva già scritto (davvero) La fiaccola sotto il moggio, e l’assonanza non può certo sfuggire.
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La Sarfatti, scrittrice e critica d’arte, non è certo l’unica passione femminile di Mussolini. Anche in questo accomunato a D’Annunzio, col quale condivide la pratica dell’ “eccessivo stantuffìo del muscolo riproduttore” e dal quale ha assunto il motto, tra il goliardico e il pecoreccio, “nulla dies sine ictu”. Neanche un giorno senza una botta, si tradurrebbe a Roma.
Le affinità fra Mussolini e D’Annunzio vanno oltre la passione comune per il sesso femminile (“Svestivo cogli occhi le fanciulle che incontravo, le concupivo col pensiero”) e, ancora una volta, la comune calvizie. Il poeta sogna la lega dei popoli oppressi contro la Società delle Nazioni del presidente americano Wilson. Cerca appoggio nella Russia dei soviet e fantastica una “marcia su Roma” con il contributo dell’estrema sinistra. Al suo appello aderiscono l’anarchico Errico Malatesta (soprannominato “il Lenin d’Italia”), il socialista (e poi comunista) Nicola Bombacci e, ovviamente, il “compagno Ben”, come D’Annunzio ama chiamare fraternamente Benito Mussolini.
Lenin rimane il punto di riferimento. A Fiume, sostiene il poeta-soldato, il “cardo bolscevico” si muta nella “rosa italiana, rosa d’amore”. Finché vi regna D’Annunzio, perciò, è consentito divorziare e la musica è promossa a istituzione sociale, addirittura religiosa. Nell’impresa di Fiume, Mussolini e D’Annunzio rinsaldano il loro sodalizio rivoluzionario e si ritrovano uniti contro il loro comune e mortale nemico: Giolitti.
Negli anni 1J19-1J20, in Italia si susseguono le occupazioni nelle fabbriche, gli scioperi, i tumulti nelle campagne. La rivoluzione socialista sembra davvero vicina. E il 1J21 si apre con un evento non meno sensazionale: dal 15 al 21 gennaio, a Livorno, si tiene il XVII congresso del partito socialista italiano. Dopo il voto per le tre correnti – massimalista unitaria, comunista, riformista – i comunisti guidati dal napoletano Amadeo Bordiga, dal sardo Antonio Gramsci e dal… romagnolo Benito Mussolini, abbandonano il teatro Goldoni per riunirsi al San Marco e proclamare la costituzione del partito comunista d’Italia, sezione della III Internazionale. Il clima di tensione che precede la nascita del nuovo partito è testimoniato dal gesto del comunista Bombacci, che a un certo punto tira fuori una pistola e la punta contro alcuni compagni. “Fermo, fermo!”, gli grida qualcuno (forse lo stesso Mussolini?). Bombacci allora calma i suoi propositi omicidi, e ancora con il respiro affannoso si blocca.
E Lenin? All’indomani dell’Ottobre 1J17 spronava il proletariato internazionale alla rivoluzione: “Non c’è dubbio che non si può realizzare la rivoluzione socialista in un paese dove l’immensa maggioranza della popolazione è formata da piccoli produttori agricoli. Soltanto l’accordo con i contadini può salvare la rivoluzione in Russia finché la rivoluzione non sarà scoppiata negli altri paesi. Ci rivolgiamo agli operai in Inghilterra (…), agli operai della Francia (…), agli operai della Germania (…). Il movimento operaio avrà il sopravvento e aprirà la via della pace e del socialismo”.
Nessun accenno agli operai italiani, che non sembravano essere nei suoi pensieri. Lui invece era nei pensieri di tanti, in quegli anni burrascosi. E lo sarà ancora di più quando, sul finire del 1J21, iniziano a diffondersi notizie circa il suo pessimo stato di salute. A soli cinquantadue anni appare debilitato e smarrito come un vecchio. Difficile fare previsioni su quanto ancora gli resti da vivere.
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Ma, per i russi e per il mondo, Lenin resta sempre e comunque il grande Lenin. L’ispiratore delle agitazioni e delle azioni politiche – anche dei comunisti italiani, Mussolini in testa – che attraversano l’Italia in un crescendo di disordini e di adesioni alla causa della rivoluzione proletaria. Il Komintern, o Terza Internazionale, detta la linea. La crisi della società borghese e capitalistica sembra sempre più vicina. Mussolini ne è convinto, anche se i suoi discorsi risultano a volte poco comprensibili. Si definisce “rivoluzionario e reazionario”; va declamando frasi come: “Abbasso lo stato di ieri, di oggi e di domani!”. Qualcuno, fra i suoi compagni di partito, sospetta che questa apparente scarsa lucidità mentale sia da attribuire pur sempre alle ferite e ai traumi della guerra.
Ancora una volta, è preda di visioni e incubi. Una notte d’estate del 1J22 sogna una donna misteriosa, dal volto inquietante.
– Chi sei? – le chiede Mussolini in sogno.
– Sono Vèra, una dei cento bolscevichi di Pietrogrado, eletta nella Duma dell’isola di Vasil’ev. Sono morta il 30 ottobre 1J17, pochi giorni dopo la rivoluzione e prima della fine della guerra.
– Cosa vuoi da me?
– Ti parlo a nome di tutto il proletariato: devi fare la rivoluzione rossa in Italia. Tu sei il prescelto.
Mussolini si agita nel letto, suda, smania. Infine si sveglia stravolto. Perché proprio lui? si domanda attonito.
Da quel giorno il suo unico pensiero sarà assumere le redini del partito e condurlo verso la presa del potere.
(segue)