È così raro uscire da un teatro alla fine della recita con la certezza di aver assistito ad un capolavoro di altissimo livello, che la serata del 24 gennaio è stata per me in qualche modo memorabile. Sono andato ad assistere a questa Norma genovese un po’ guardingo: il titolo belliniano fa tremare i polsi; o c’è un cast stellare o ci si barcamena malamente fino alla fine tra lo scontento generale. E il cast stellare questa volta c’era: Mariella Devia, Stefan Pop, Annalisa Stroppa, Riccardo Fassi, coadiuvati dagli ottimi Manuel Pierattelli e Elena Traversi. Tutti bravissimi sia vocalmente che scenicamente. Sul podio un Andrea Battistoni in gran spolvero. Devo quindi fare una volta di più i complimenti alla direzione del teatro ligure per la capacità di creare cast di gran livello.
Sin dall’ouverture si è capito che sarebbe stata una serata magica: Andrea Battistoni ha imposto sin dalle prima battute una ritmica mordente e colori perfetti, con un gesto a tratti impetuoso ed efficace, a tratti morbidissimo ed aereo, sempre precisissimo e facilissimo da seguire per gli artisti. Ha assecondato splendidamente i cantanti, guidato l’orchestra e il coro del Teatro Carlo Felice con autorevolezza, richiamando all’ensemble i singoli quando si sono verificate piccole sbavature come nel finale. E’ un vero artista, carismatico e dotato di ottima tecnica. Una grande realtà del teatro mondiale.
La scenografia di Federica Parolini, riproducente una foresta druidica un poco da “Day After”, era molto interessante e bella a tratti, quando le sapienti luci di Luigi Biondi la valorizzavano e raccontavano un mondo di colori ed emozioni, illuminando le scene stesse o il fondale in modo poetico ed originale. Composta da legni contorti evocanti la foresta, che si illuminavano ed erano parte attiva dell’azione, è stata molto funzionale, nei suoi elementi astratti e multivalenti, ma è stata oggetto di limitatissime modifiche strutturali, tanto da potersi considerare scena unica per tutta l’opera, con effetto di monotonia, quasi che tutta la storia si svolgesse nei pochi metri davanti alla quercia d’Irminsul.
Riccardo Fassi, Oroveso, è un basso di grandi qualità, dotato di fisico importante, ancorché un po’ troppo giovanile nei movimenti, e di una voce bellissima. Il timbro scuro e una grande capacità di fraseggio e di legato, una grande autorevolezza nel personaggio e la sicurezza ritmica ne fanno un Padre di grande spessore. Proprio a voler ricercare un difettuccio, il Fassi dovrebbe prestare attenzione ai suoni piano in acuto, evitando il riassorbimento a favore di una maggior proiezione. In un solo punto, nel recitativo all’entrata di Norma, sul tremolo orchestrale, ha perso per un attimo l’intonazione, per il resto una prova maiuscola.
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Perfetta l’Adalgisa di Annalisa Stroppa, una sorpresa e una conferma in un ruolo più acuto di quelli che frequenta di solito. Bella, brava, ottima interprete, ha un timbro bellissimo, una voce affascinante e ci regala un legato di alta scuola; capace di dolcezza e di forza, con un maturo stile espressivo tratteggia un’ottima Adalgisa. Forza un pochino su qualche acuto e in generale, pur essendo un mezzosoprano, non è molto ricca di sostanza nella zona più grave della tessitura, ma affascina il pubblico e rimane impressa nella memoria per l’altissima qualità della sua interpretazione. Duetta con Mariella Devia e Stefan Pop in modo impeccabile.
Stefan Pop è un fenomeno di tenore: voce potente e bellissima, estrema facilità di fonazione, acuti sicurissimi e ben proiettati, un uragano di suoni e un dominio assoluto del personaggio, affrontato con naturalezza. La sua voce è impostata in modo da correre in platea, virile, potente e sicura. Domina la scena come solo i grandi sanno fare e affronta dei pianissimi da brividi di piacere, pur con la generosità vocale di cui è dotato.
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Mariella Devia è una scuola di canto e non potrebbe essere altrimenti: senza una tecnica prodigiosa non potrebbe regalarci simili perle di una carriera molto longeva. La voce è bellissima, incisiva, tutta proiettata in avanti, delicatissima e dolcissima sui piano: la sua “Casta Diva” è un incanto di poesia e di bellezza; è un usignolo nei pianissimi. Verso il finale dell’opera perde un poco di smalto e qualche acuto non è eseguito con la dovuta energia (“accorrete”), ma un po’ di stanchezza è più che normale in chi ha dato tutto in un’opera così impegnativa. In generale è un po’ meno sicura la zona grave della tessitura.
In un simile cast non potevano essere da meno dei protagonisti i due comprimari di lusso, Elena Traversi (Clotilde) e Manuel Pierattelli (Flavio) sicuri ed efficacissimi nei rispettivi personaggi, dotati di voci gradevoli e ben costruite, hanno eseguito le parti musicali con grande professionalità.
Ottimo il Coro del Teatro Carlo Felice, ben istruito da Franco Sebastiani. A parte rari e brevissimi momenti di trascuratezza nella fonazione, quasi di pigrizia da parte di alcuni elementi, è stato preciso e puntualissimo nei colori, nelle dinamiche e nell’azione. Una prova maiuscola di grande professionalità in un’opera non semplice per le molte insidie nascoste. Si è notata qualche piccola incertezza ritmica solo nel primo intervento, prontamente riportata sul binario dal maestro Battistoni. Alcuni professori del coro hanno voci di alto livello, adatte alla carriera solistica.
Della regia, insolitamente a quattro mani affidata ai Teatrialchemici (Luigi Di Gangi e Ugo Giacomazzi) non posso che dire bene, avendo i due creatori saputo inventare un moto scenico efficace, realistico, mai statico, fatto di piccoli spostamenti dell’attenzione, di divagazioni leggere e di profonda concentrazione nei momenti topici; non c’è mai l’impressione di un’approssimazione, mai si vedono i personaggi o il coro abbandonati a se stessi e immobili mentre un altro canta. Tutto è realistico e artistico moto leggero, il moto della vita, il palpitare studiato per essere naturale che fa emergere l’energia interiore delle cose senza mai distrarre l’ascoltatore dall’azione principale. Non si comprende però la reiterazione e il significato dei nastri e corde con i quali i personaggi hanno continuamente a che fare. Si tratta sicuramente di un significato religioso che mi è ignoto e forse trova spiegazione solo nel desiderio di non staticità nella semplicità. I nastri diventano continuamente cose nuove, sono intrecciati, tesi, ammassati, a seconda del momento, in modo che mai il cantante rimanga immoto ad attendere il suo turno. Bellissimo il senso dello spazio, come il gusto dell’immagine, aiutato da luci azzeccatissime e dagli splendidi costumi di Daniela Cernigliaro. Si creavano e disfacevano di continuo quadri in movimento che sottolineavano la bellezza potente della musica. Eppure i due registi sono stati contestati agli applausi finali!
Credo per un errore madornale non digerito dal pubblico che infatti nell’intervallo lo commentava con insofferenza. Per non so quale finalità artistica, i due registi hanno infatti permesso alla realtà di entrare nel sogno, ponendo a repentaglio la credibilità del soggetto, della storia, dell’opera intera: hanno permesso una citazione del mondo attuale e dei suoi problemi, totalmente incoerente con il racconto e del tutto fuorviante. Non è, si badi bene, una questione di razzismo, ma divertirsi a mettere i due figli di Norma in scena, uno bianco e l’altro di pelle nera non era solo una strizzata d’occhio alla società multietnica attuale non gradita e non coerente (tipo Mimì nella “Bohème” del Comunale di Bologna di pochi giorni fa che posa accanto al giaciglio due scarpette rosse simbolo della lotta al femminicidio- pur morendo di tisi come tutte le Mimì di questo mondo): è stata una scelta gravida di conseguenze. Il fatto che uno dei figli di Norma (bianca di pelle) e di Pollione (bianco di pelle) fosse nero di pelle significava automaticamente, nella Gallia del tempo dei romani, che questo figlio per lo meno non fosse di Pollione e dunque che la sacerdotessa Norma non avesse avuto una, ma più relazioni proibite dal suo voto di castità. Ipotesi fuorviante personaggio e vicenda. Gli artisti, in questo clima post-guerra nucleare, si muovono tutti più come barbari che come romani, anche coloro che romani lo sono; l’imbarbarimento è tale che alcune comparse camminano a quattro patte. Questo è sicuramente d’effetto e Pollione, con il viso sporco e un costume da sopravvissuto senza tempo, acquista un fascino nuovo, affascinante, non tradizionale. Tra le immagini più belle mi piace ricordare il finale del duetto con Adalgisa-Pollione con l’amplesso in ombra cinese o il duetto Norma-Adalgisa dove ciascuna è come il “doppio” dell’altra e si muovono all’unisono. In generale tutti i duetti sono stati trattati benissimo dai due registi, evitando staticità e monotonia sceniche. Eccellente l’uso dei follower a delimitare lo spazio scenico ad una prigione di luce che isola l’artista e lo esalta nella sua eroica solitudine. Bellissimo questo effetto sia alla confessione di Norma (“son io”) che nel terzetto finale.
Una volta di più complimenti all’Orchestra del Teatro Carlo Felice, uno dei migliori complessi del panorama nazionale ed internazionale.
Pubblico numeroso e contento.
MARCELLO LIPPI
Autore e Critico Musicale per la Cultura di Young diretta da David Colantoni
Baritono. Nato a Genova, si è diplomato presso il conservatorio Paganini; e laureato presso l’istituto Braga di Teramo con il massimo dei voti. E’ anche laureato in lettere moderne presso l’Università degli studi di Genova. La sua carriera comincia nel 1988 con La notte di un nevrastenico e I due timidi di Nino Rota e subito debutta a Pesaro al Festival Rossini in La gazza ladra e La scala di seta. In seguito canta in Italia nei teatri dell’opera di Roma (Simon Boccanegra, La vedova allegra, Amica), Napoli (Carmina Burana), Genova (Le siège de Corinthe, Lucia di Lammermoor, Bohème, Carmen, Elisir d’amore, Simon Boccanegra, La vida breve, The prodigal son, Die Fledermaus, La fanciulla del west), Venezia (I Capuleti e i Montecchi), Palermo (Tosca, La vedova allegra, Orphée aux enfers, Cin-ci-là, Barbiere di Siviglia), Catania (Wienerblut, Der Schulmeister, das Land des Lächelns), Firenze (Il finanziere e il ciabattino, Pollicino), Milano ( Adelaide di Borgogna), Torino (The consul, Hamlet, Elisir d’amore), Verona (La vedova allegra), Piacenza (Don Giovanni), Modena (Elisir d’amore), Ravenna (Elisir d’amore), Savona (Medea, Il combattimento, Torvaldo e Dorliska), Fano (Madama Butterfly), Bari (Traviata, La Cecchina), Lecce (Werther, Tosca), Trieste (I Pagliacci, Der Zigeuner Baron, Die Fledermaus, Al cavallino bianco, La vedova allegra), Cagliari (Die Fledermaus- La vida breve), Rovigo (Werther, Mozart e Salieri, The tell-tale heart, Amica), Pisa (Il barbiere di Siviglia- La vedova allegra), Lucca (Il barbiere di Siviglia) eccetera. All’estero si è esibito a Bruxelles (La Calisto), Berlin Staatsoper (Madama Butterfly, La Calisto), Wien (La Calisto), Atene (Il barbiere di Siviglia- Madama Butterfly), Dublin (Nozze di Figaro, Capuleti e Montecchi), Muenchen (Giulio Cesare in Egitto), Barcelona (La gazza ladra, La Calisto, Linda di Chamounix), Lyon (Nozze di Figaro, Calisto), Paris (Traviata, Nozze di Figaro), Dresden (Il re Teodoro in Venezia, Serse), Nice (Nozze di Figaro, The Tell-tale heart), Ludwigshafen (Il re Teodoro, Serse), Jerez de la Frontera (Nozze di Figaro), Granada (Nozze, Tosca), Montpellier (Calisto, Serse), Alicante (Traviata, Don Giovanni, Rigoletto, Bohème), Tel Aviv (Don Pasquale, Elisir d’amore, Traviata), Genève (Xerses, La purpura de la rosa), Festival Salzburg (La Calisto), Madrid (La purpura de la rosa, don Giovanni), Basel (Maria Stuarda), Toronto (Aida), Tokio (Traviata, Adriana Lecouvreur), Hong Kong (Traviata), Frankfurt (Madama Butterfly), Dubrovnik (Tosca), Cannes (Tosca), Ciudad de Mexico (La purpura de la rosa), Palma de Mallorca (Turandot e Fanciulla del west), Limoges (Tosca), Toulon (Linda di Chamounix) ed altre decine di teatri in differenti nazioni del mondo.
Dal 2004 al 2009 ha ricoperto l’incarico di Direttore Artistico e Sovrintendente del Teatro Sociale di Rovigo. Nel 2010 è stato direttore dell’Italian Opera Festival di Londra. Dal 2011 al 2016 è stato direttore artistico della Fondazione Teatro Verdi di Pisa.
Dal 2015 firma come regista importanti spettacoli operistici in tutto il mondo: ha appena terminato il Trittico di Puccini ad Osaka (Giappone), Cavalleria rusticana di Mascagni, Traviata di Verdi, Don Giovanni a Pafos, Tosca, Rigoletto e sarà presto impegnato in altre importanti produzioni estere ed italiane come Jolanta e Aleko. Ha firmato la regia anche di opere moderne come Salvo d’Acquisto al Verdi di Pisa e barocche come Il Flaminio con il Maggio Formazione di Firenze
Docente di canto lirico in conservatorio a La Spezia, Alessandria, Udine, Ferrara e ora a Rovigo
Ha insegnato Management del Teatro all’Accademia del Teatro alla Scala di Milano.
Ha fatto Master Class in varie parti del mondo, per esempio Kiev (accademia Ciaikovski), Shangai, Chengdu, Osaka, San Pietroburgo, San Josè de Costarica ed in moltissime città italiane.
Musicologo, ha pubblicato molti saggi: Rigoletto, dramma rivoluzionario 2012; Alla presenza di quel Santo 2005 quattro edizioni e 2013; Era detto che io dovessi rimaner… 2006; Da Santa a Pina, le grandi donne di Verga 2006 due edizioni; Puccini ha un bel libretto 2005 e 2013, A favore dello scherzo, fate grazia alla ragione 2006 e 2013; La favola della ”Cavalleria rusticana” 2005; Un verista poco convinto 2005; Dalla parte di don Pasquale 2005; Ti baciai prima di ucciderti 2006 e 2013; Del mondo anima e vita è l’amor 2007 e 2014Vita gaia e terribile 2007; Genio e delitto sono proprio incompatibili? 2006 e 2012; Le ossessioni della Principessa 2008 e 2012; Dal Burlador de Sevilla al dissoluto punito: l’avventura di un immortale 2014; L’uomo di sabbia e il re delle operette 2014; Un grande tema con variazioni: il convitato di pietra 2015; E vo’ gridando pace e vo’ gridando amor 2015; Da Triboulet a Rigoletto 2011; Editi da Teatro Sociale di Rovigo, Teatro Verdi di Padova, Teatro Comunale di Modena, Festival di Bassano del Grappa, Teatro Verdi di Pisa.
Ha pubblicato “una gigantesca follia” Sguardi sul don Giovanni per la casa editrice ETS a cura di da Alessandra Lischi, Maria Antonella Galanti e Cristiana Torti dell’Università di Pisa. Nel 2012 Ha edito un libro di poesie “Poesie 1996-2011” presso la casa editrice ABEdizioni. E’ nell’antologia di poeti contemporanei “Tempi moderni” edito da Libroitaliano World. E’ iscritto Siae ed autore delle versioni italiane del libretto delle opere: Rimskji-Korsakov Mozart e Salieri; Telemann Il maestro di scuola; Entrambe rappresentate al Teatro Sociale di Rovigo ed al teatro Verdi di Pisa. Dargomiskji Il convitato di pietra rappresentata al teatro Verdi di Pisa