Rigoletto, Teatro Carlo Felice di Genova, 6 dicembre 2017
Sala gremita il 6 dicembre a Genova per uno dei titoli più amati della lirica italiana e per la presenza simultanea di due tra i più grandi baritoni della storia recente, uno nel ruolo del protagonista, l’altro in quello del regista, Leo Nucci il primo, Rolando Panerai il secondo.
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Con in campo l’esperienza di questi due artisti, non poteva che essere uno spettacolo ben costruito e gradevole a vedersi, ma una volta di più devo constatare come sia fondamentale in una regia l’atto d’amore verso l’opera e il rispetto profondo per il lavoro del compositore e come depositari primi di questi valori siano coloro che per tanti anni, sul palcoscenico, hanno incarnato e dato vita ai personaggi. Il cantante-regista è oggi figura secondaria nel panorama lirico italiano: sono pochi coloro che si cimentano e a volte non hanno gli strumenti del mestiere e devono ricorrere ad assistenti, ma essi assicurano alla produzione un valore aggiunto che tutti i registi “di mestiere”, arrivati a curare una messa in scena dopo una “gavetta” come assistenti di un altro regista e senza aver mai vissuto nella propria carne l’emozione del palcoscenico lirico, non possono assicurare. Il cantante-regista non ha bisogno di affermarsi scandalizzando o di proporre il “Rigoletto di..” stravolgendo l’idea verdiana: generalmente muove anzi da una profonda arrabbiatura per tutte le situazioni di assurdità drammatica che si è trovato ad affrontare in carriera e quindi afferma con forza l’opera per quello che l’autore ha voluto che fosse. Benedetta quindi l’operazione che ha portato il maestro Panerai alla regia di questa produzione, lui che è stato di Rigoletto un grandissimo interprete. Persona stupenda, di una ricchezza interiore impagabile, Panerai è oggi un ragazzino di 93 anni, pieno di vita e di amore come solo chi ha vissuto con passione può essere. Era lecito dunque aspettarsi una messa in scena piena di questa passione e di un profondo rispetto e così è stato. In scena abbiamo visto tutto ciò che il maestro Panerai ha sempre pensato di Rigoletto ed in modo molto leggibile e palese, a partire dalla tradizionale scena della vestizione di Rigoletto durante la breve introduzione orchestrale.
Sul podio il maestro Francesco Ivan Ciampa conferma quanto di buono ebbi già a scrivere dopo la sua Bohème di Puccini al Maggio Fiorentino: estrema sicurezza gestuale, grande personalità nella scelta dei tempi, tutti assolutamente condivisibili, autorità nel gestire orchestra e palcoscenico, gusto del canto e capacità di assecondare gli artisti nelle loro necessità artistiche e vocali. Non teme gli sbalzi dinamici ed anzi li chiede con gesto chiaro ed inequivocabile, assicurando all’esecuzione una tavolozza di colori di tutto rispetto. Particolarmente bello l’improvviso, minaccioso, cambio di tempo nell’ ”O tu che la festa audace hai turbato”. Qui in realtà Verdi scrive un vivace sin dalla prima battuta, ma quanto è bella questa partenza al rallentatore che poi accelera e raggiunge il tempo voluto dopo qualche battuta!
Molto bene l’orchestra del Teatro Carlo Felice, impeccabile nel seguire i tempi, spesso giustamente brillanti, e le dinamiche del maestro. Bene anche il coro preparato dal maestro Franco Sebastiani: nemmeno le parti più perigliose lo hanno messo in difficoltà: voci agili e docili nel seguire le indicazioni dinamiche del concertatore. Attenzione solamente a non “scappare in avanti” rispetto all’orchestra all’inizio del secondo quadro.
All’inizio dell’opera si è avvertita un po’ di incertezza, dovuta, credo, ad un problema acustico: non si sentiva adeguatamente il suono dell’orchestra interna per cui le voci solistiche tendevano ad accelerare sul tempo orchestrale e non erano precisi nell’intonazione, imponendo al maestro Ciampa un gran lavoro di recupero della concertazione. Si respirava un po’ della giusta e doverosa tensione adrenalinica della prima rappresentazione, cosicché l’entrata di Borsa e il “Questa o quella” del duca risultavano non memorabili.
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Ho potuto riascoltare dopo parecchio tempo Antonio Gandia ed è stato un vero piacere sentire che questo artista, nel quale fui tra i primi a credere, ha sviluppato un colore ed una proiezione molto efficaci. La sua sicurezza in acuto, quando non prende il suono dal basso, è assoluta ed è garanzia di successo in un ruolo esposto come il duca. Nel registro centrale perde un po’ di proiezione ed il colore si fa meno gradevole, ma credo sia un difetto veniale e rimediabilissimo, come il vezzo di dare un colpetto di glottide ogni tanto (il famoso “singhiozzino” tipico della scuola di canto iberica d’antan) e quello di staccare in modo eccessivo le “n” quando sono in mezzo alla parola. Si è scaldato a partire dal duetto con Gilda ed è andato in crescendo, molto validamente, esibendo una linea di canto nobilissima e naturale, proiettando i suoni davanti a sé sfruttando egregiamente le risonanze frontali.
(A proposito di questo duetto, consiglierei entrambi di non eccedere con le libertà: una volta si usava, oggi meno, e se possibile suggerirei di cantare “addio” e non “addi- i- ahah!” per fare meglio l’acuto)
Una menzione speciale merita il Marullo di Claudio Ottino per la presenza vocale e la bellezza del suono. Peccato senta il bisogno di scandire il tempo con piccoli movimenti del corpo e debba tenere gli occhi sempre fissi sul maestro perché il personaggio ne risente un poco.
Leo Nucci non “interpreta” Rigoletto, ma “è” Rigoletto, con un’adesione totale al personaggio ed una recitazione che raccoglie tutti i pregi e difetti di una tradizione sua e d’altri. Così il pubblico si aspetta di vedere Rigoletto e così Nucci, che di questo ruolo oggi è l’interprete più consacrato, se ne guadagna il consenso entusiastico. Le scivolate su note parlate, i “fuori nota” di recitazione, fanno parte di una tradizione che non sarebbe di sicuro accettata in un giovane cantante, ma è invece pretesa da un grande interprete quale Nucci è. L’artista ci dona moltissimi colori, a volte a scapito del legato, e lascia prevalere il suo personaggio sul cantante. Dotato come sempre di acuti felicissimi e facilissimi, sfoga il suo canto nelle arie e duetti con un legato mirabile per poi aprirsi ad acuti di potenza e bellezza notevole. Apre a volte un poco i suoni, ma tutto ciò rientra nel lavoro di immedesimazione ed approfondimento del personaggio. Non dà mai l’impressione di affaticarsi, nonostante il suo ruolo sia molto lungo ed impegnativo, nemmeno con l’esecuzione integrale del duetto del primo quadro e con il bis della “Vendetta”. Sa come emozionare il pubblico e lo fa con maestria. C’è stato un solo problema, che ha condizionato un poco tutto ciò: quando un teatro oggi vuole una grande star, deve venire a patti con il suo calendario ed accettare che sia assai poco presente alle prove. Credo di non sbagliare dicendo che anche questa volta sia successo qualcosa di simile, perché spesso il maestro Nucci iniziava un cantabile ad un tempo salvo frenare immediatamente ed adattarsi al tempo diverso staccato dall’orchestra (“Deh non parlare” per esempio) . Il rapporto con il maestro ha rivelato per tutta la recita problemi, risolti solo per l’altissima professionalità di entrambi, come quando Nucci, poco prima del “Cortigiani”, ha attaccato una frase con un quarto di anticipo rimanendo a lungo in vantaggio ed accordandosi magistralmente con l’orchestra grazie ad una frase in “intonazione libera”, o quando non è pervenuta la frase “Son questi suoi costumi”: mi sembra di poter dire che avessero provato assai poco i tempi di esecuzione ed è un peccato che il maestro Nucci fosse così costretto a dare massima attenzione al “golfo mistico”. Ascoltare questo artista è comunque un privilegio immenso, una “scuola”, la sua capacità di fraseggio è da imitarsi per le nuove generazioni. In ogni caso quindi è stata una fortuna averlo nel cast, a dispetto delle poche prove.
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A queste nuove generazioni appartiene Maria Mudryak anche lei da me recentemente recensita per la Bohème del Maggio Fiorentino. Soprano in ascesa con merito perché è bella e brava. Io non sono favorevole agli steccati che limitano l’attività di un’artista imponendole di seguire le classificazioni artificiose in soprano lirico o leggero o lirico leggero e quant’altro. Certo ascoltarla prima in Mimì e poi in Gilda mi ha dato qualche perplessità iniziale, perché lo stile è diverso e diverso il modo di cantare. Come Gilda la Mudryak era vocalmente più robusta del consueto, il che non sarebbe male, se non desse qualche problema di elasticità poi sia negli acuti flautati che in quelli forti che il ruolo richiede. Se dunque è stata impeccabile come personaggio, bella, giovane come deve essere, spontanea nell’emissione e quindi molto libera nella gestualità, dava però l’impressione d’inerpicarsi sulle note che lei “sentiva “ come acuti e quindi cercava di “proteggere” tecnicamente, invece di lasciar sgorgare con la stessa naturalezza. Accanto a due acutisti come Nucci e Gandia, proprio lei perdeva un poco il confronto ed è stato un peccato. Il suo colore, lirico, ha regalato al pubblico una morbidezza di fraseggio deliziosa, sarebbe perfetto se la trovasse anche sulle ultime note del “Caro nome”, precise, ma piccole e prive di proiezione e vibrazione sufficiente, e sugli acuti espansivi come il finale della “Vendetta” dove, purtroppo per lei due volte, non ha fatto bene l’acuto finale, la prima volta calante, la seconda troppo aperto e gridatino. Non ho ben capito l’intenzione registica sul suo personaggio: è la prima volta che vedo una Gilda sexy, con una camicina completamente trasparente che mostra un intimo moderno non coerente con l’epoca dei costumi. Per fortuna Maria non è stata assolutamente condizionata da questo nude-look ed ha interpretato una Gilda ragazzina, innocente ed angelica come deve essere. Peccato sia arrivata al duetto di “Tutte le feste al tempio” un po’ provata ed alcuni suoni da lì in poi non fossero precisi di intonazione, compresa la scena della morte.
Ottima la coppia di “vilains”: Maddalena, è stata interpretata da Anastasia Boldyreva, lei sì vestita in modo provocante e sexy come deve essere, dato il personaggio. L’artista è perfetta per il ruolo in quanto bellezza fisica e profondità della voce, scura ed affascinante. Deve fare però attenzione a non cercare troppo il petto quando canta frasi che salgono subito dopo; in questo modo crea una difficoltà di “passaggio” che potrebbe invece facilmente evitare. La voce è potente nei gravi tanto che è ben presente anche nel quartetto, laddove generalmente la voce del mezzosoprano tende a sparire.
Sparafucile è stato interpretato da Dario Russo, un altro artista che ha fatto un cammino tecnico ed artistico di tutto rispetto. Notevolissimo il suo personaggio sia fisicamente che vocalmente.
Come spesso accade, purtroppo, l’artista scelto per interpretare Monterone non ha il volume necessario in acuto per sovrastare i potenti accordi dell’orchestra previsti da Verdi. Nel nostro caso Stefano Rinaldi Miliani si impegna a fondo, ma risulta poco “presente” vocalmente e di conseguenza rende il personaggio debole e non sufficientemente efficace.
Corretta e molto professionale Anna Venturi come Giovanna.
In difficoltà emotiva, suppongo, Annarita Cecchini, che nelle poche frasi del paggio non è stata precisa ritmicamente, né molto sicura vocalmente.
Belle le scenografie, ideate dallo stesso Rolando Panerai, che sfruttano parzialmente le grandi capacità del palcoscenico genovese. Panerai ci regala un primo quadro senza le orge furibonde che da tempo imperversano nelle produzioni di “Rigoletto”, senza nudi, senza violenze: solo un balletto ottimamente mosso da Giovanni Di Cicco, che crea visivamente un’atmosfera festaiola senza finire nell’inelegante ed inutile depravazione di altri allestimenti. Ancora una volta il grande artista dimostra la sua finezza e nobiltà d’animo. Apprezzabile che Rigoletto affronti Monterone sedendosi sul trono; non è una novità, ma dà molta forza alla scena. Non facilmente comprensibile invece il passaggio dalla reggia alla casa di Rigoletto: ai più è sembrato un errore, ma credo non lo fosse. La scena della prima maledizione è terminata infatti con Rigoletto illuminato da un follower e con chiusura del sipario. Dopo qualche istante il sipario si riapre, ma la scena non è pronta, si vede la reggia sprofondare grazie ai tre palcoscenici rotanti del Carlo Felice e farsi avanti la nuova scena pronta con la casa di Rigoletto. Il tutto con i tecnici presenti a lato per ragioni di sicurezza. Allora mi chiedo: se l’intenzione era quella di mostrare, come credo, i meccanismi del teatro, perché non rinunciare alla chiusura del sipario? Così è sembrata una decisione dell’ultimo momento, che il pubblico dapprima non ha capito proprio per la presenza dei tecnici al lato che sorvegliavano il moto delle macchine: è sembrata un’apertura errata del sipario. La casa di Rigoletto è stata pensata con grande acutezza dal Panerai: si presta a perfezione per ogni esigenza scenica. L’uso dei followers invece è stato discontinuo e non ben giustificato: la luce si restringeva spesso per poi riaprirsi un attimo dopo senza coerenza con la storia ed i suoi tempi. Pochi gli errori di una regia curatissima nei particolari, che ha saputo creare ottime relazioni tra gli interpreti; sono errori molto comuni: quando Sparafucile porta fuori di casa il sacco con Gilda morente passa laddove fino ad un istante prima si doveva supporre ci fosse un muro, per quanto non esistente e solo immaginato per separare interno ed esterno e poi Gilda stessa, infilata nel sacco, non può mostrare gli speroni a Rigoletto che pure canta di vederli. Particolare e non troppo efficace che sia Gilda morente a sostenere Rigoletto e non viceversa. Ottimi i costumi di Regina Schrecker e le luci di Luciano Novelli.
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Marcello Lippi
MARCELLO LIPPI
Autore e Critico Musicale per la Cultura di Young diretta da David Colantoni
Baritono. Nato a Genova, si è diplomato presso il conservatorio Paganini; e laureato presso l’istituto Braga di Teramo con il massimo dei voti. E’ anche laureato in lettere moderne presso l’Università degli studi di Genova. La sua carriera comincia nel 1988 con La notte di un nevrastenico e I due timidi di Nino Rota e subito debutta a Pesaro al Festival Rossini in La gazza ladra e La scala di seta. In seguito canta in Italia nei teatri dell’opera di Roma (Simon Boccanegra, La vedova allegra, Amica), Napoli (Carmina Burana), Genova (Le siège de Corinthe, Lucia di Lammermoor, Bohème, Carmen, Elisir d’amore, Simon Boccanegra, La vida breve, The prodigal son, Die Fledermaus, La fanciulla del west), Venezia (I Capuleti e i Montecchi), Palermo (Tosca, La vedova allegra, Orphée aux enfers, Cin-ci-là, Barbiere di Siviglia), Catania (Wienerblut, Der Schulmeister, das Land des Lächelns), Firenze (Il finanziere e il ciabattino, Pollicino), Milano ( Adelaide di Borgogna), Torino (The consul, Hamlet, Elisir d’amore), Verona (La vedova allegra), Piacenza (Don Giovanni), Modena (Elisir d’amore), Ravenna (Elisir d’amore), Savona (Medea, Il combattimento, Torvaldo e Dorliska), Fano (Madama Butterfly), Bari (Traviata, La Cecchina), Lecce (Werther, Tosca), Trieste (I Pagliacci, Der Zigeuner Baron, Die Fledermaus, Al cavallino bianco, La vedova allegra), Cagliari (Die Fledermaus- La vida breve), Rovigo (Werther, Mozart e Salieri, The tell-tale heart, Amica), Pisa (Il barbiere di Siviglia- La vedova allegra), Lucca (Il barbiere di Siviglia) eccetera. All’estero si è esibito a Bruxelles (La Calisto), Berlin Staatsoper (Madama Butterfly, La Calisto), Wien (La Calisto), Atene (Il barbiere di Siviglia- Madama Butterfly), Dublin (Nozze di Figaro, Capuleti e Montecchi), Muenchen (Giulio Cesare in Egitto), Barcelona (La gazza ladra, La Calisto, Linda di Chamounix), Lyon (Nozze di Figaro, Calisto), Paris (Traviata, Nozze di Figaro), Dresden (Il re Teodoro in Venezia, Serse), Nice (Nozze di Figaro, The Tell-tale heart), Ludwigshafen (Il re Teodoro, Serse), Jerez de la Frontera (Nozze di Figaro), Granada (Nozze, Tosca), Montpellier (Calisto, Serse), Alicante (Traviata, Don Giovanni, Rigoletto, Bohème), Tel Aviv (Don Pasquale, Elisir d’amore, Traviata), Genève (Xerses, La purpura de la rosa), Festival Salzburg (La Calisto), Madrid (La purpura de la rosa, don Giovanni), Basel (Maria Stuarda), Toronto (Aida), Tokio (Traviata, Adriana Lecouvreur), Hong Kong (Traviata), Frankfurt (Madama Butterfly), Dubrovnik (Tosca), Cannes (Tosca), Ciudad de Mexico (La purpura de la rosa), Palma de Mallorca (Turandot e Fanciulla del west), Limoges (Tosca), Toulon (Linda di Chamounix) ed altre decine di teatri in differenti nazioni del mondo.
Dal 2004 al 2009 ha ricoperto l’incarico di Direttore Artistico e Sovrintendente del Teatro Sociale di Rovigo. Nel 2010 è stato direttore dell’Italian Opera Festival di Londra. Dal 2011 al 2016 è stato direttore artistico della Fondazione Teatro Verdi di Pisa.
Dal 2015 firma come regista importanti spettacoli operistici in tutto il mondo: ha appena terminato il Trittico di Puccini ad Osaka (Giappone), Cavalleria rusticana di Mascagni, Traviata di Verdi, Don Giovanni a Pafos, Tosca, Rigoletto e sarà presto impegnato in altre importanti produzioni estere ed italiane come Jolanta e Aleko. Ha firmato la regia anche di opere moderne come Salvo d’Acquisto al Verdi di Pisa e barocche come Il Flaminio con il Maggio Formazione di Firenze
Docente di canto lirico in conservatorio a La Spezia, Alessandria, Udine, Ferrara e ora a Rovigo
Ha insegnato Management del Teatro all’Accademia del Teatro alla Scala di Milano.
Ha fatto Master Class in varie parti del mondo, per esempio Kiev (accademia Ciaikovski), Shangai, Chengdu, Osaka, San Pietroburgo, San Josè de Costarica ed in moltissime città italiane.
Musicologo, ha pubblicato molti saggi: Rigoletto, dramma rivoluzionario 2012; Alla presenza di quel Santo 2005 quattro edizioni e 2013; Era detto che io dovessi rimaner… 2006; Da Santa a Pina, le grandi donne di Verga 2006 due edizioni; Puccini ha un bel libretto 2005 e 2013, A favore dello scherzo, fate grazia alla ragione 2006 e 2013; La favola della ”Cavalleria rusticana” 2005; Un verista poco convinto 2005; Dalla parte di don Pasquale 2005; Ti baciai prima di ucciderti 2006 e 2013; Del mondo anima e vita è l’amor 2007 e 2014Vita gaia e terribile 2007; Genio e delitto sono proprio incompatibili? 2006 e 2012; Le ossessioni della Principessa 2008 e 2012; Dal Burlador de Sevilla al dissoluto punito: l’avventura di un immortale 2014; L’uomo di sabbia e il re delle operette 2014; Un grande tema con variazioni: il convitato di pietra 2015; E vo’ gridando pace e vo’ gridando amor 2015; Da Triboulet a Rigoletto 2011; Editi da Teatro Sociale di Rovigo, Teatro Verdi di Padova, Teatro Comunale di Modena, Festival di Bassano del Grappa, Teatro Verdi di Pisa.
Ha pubblicato “una gigantesca follia” Sguardi sul don Giovanni per la casa editrice ETS a cura di da Alessandra Lischi, Maria Antonella Galanti e Cristiana Torti dell’Università di Pisa. Nel 2012 Ha edito un libro di poesie “Poesie 1996-2011” presso la casa editrice ABEdizioni. E’ nell’antologia di poeti contemporanei “Tempi moderni” edito da Libroitaliano World. E’ iscritto Siae ed autore delle versioni italiane del libretto delle opere: Rimskji-Korsakov Mozart e Salieri; Telemann Il maestro di scuola; Entrambe rappresentate al Teatro Sociale di Rovigo ed al teatro Verdi di Pisa. Dargomiskji Il convitato di pietra rappresentata al teatro Verdi di Pisa