Il giuocatore – Teatro del Maggio Musicale Fiorentino – regia di Anna Tereshchenko.
Sono un fautore incondizionato dello sfruttamento, da parte dei teatri, degli spazi alternativi, interni o esterni ai teatri stessi; questi spazi ridotti si prestano infatti egregiamente a dar vita a tutti quei lavori teatrali che non troverebbero pubblico sufficiente nelle grandi sale e forse non vi si adatterebbero neanche artisticamente perché nati in ambito cameristico o comunque per organici ristretti. Un plauso quindi alla Governance del Teatro Fiorentino che ha deciso, a poche ore dal debutto di “Sonnambula”, di far esordire anche quest’operina di Cherubini, di sabato pomeriggio, nel Foyer di Galleria. Operazioni simili hanno fatto negli anni scorsi anche i teatri di tradizione come Pisa, Lucca e Livorno. Il pubblico che viene attratto da queste “chicche” è ovviamente un pubblico diverso, molto colto, curioso di ascoltare dal vivo una composizione raramente rappresentata.
Cherubini aveva 15 anni quando scrisse questo intermezzo in tre parti. E’ un lavoro “alla maniera di”, né si potrebbe pretendere qualcosa di diverso da un quindicenne, ma la musica scorre fluida e gradevolissima, e la bellezza sopperisce alla mancanza d’originalità, giacché Cherubini s’ ispira all’intermezzo dei grandi compositori del tempo e s’ inserisce nella storia dei molti rimaneggiamenti di “Bacocco e Serpilla” di Orlandini. Melodie facili, ma interessanti, alternate a recitativi “secchi” e qualche duetto, per 50 minuti di ottima musica. Questo fa riflettere su come il nostro paese non sia stato capace mai di valorizzare le proprie eccellenze: senza arrivare a dire che il fenomeno Mozart non sarebbe stato tale senza l’impegno di promozione dello stato austriaco e della città di Saltzburg, come alcuni studiosi affermano in modo provocatorio, resta però il fatto inconfutabile di una trascuratezza da parte dei nostri governanti di ogni epoca nei confronti del patrimonio culturale nazionale e di questi gioielli in particolare. Buona, ma non impeccabile, l’orchestra Cherubini di Firenze, particolarmente nel settore degli archi, non sempre coeso nell’esecuzione, ben guidata da Enrico Lombardi che ha saputo dare tempi ottimali e la giusta vivacità ritmica al lavoro di Cherubini.
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La trama è esilissima: Il marito di Serpilla, Bacocco, ha il vizio del gioco e la fa impazzire perdendo fortune alla “bassetta”. Lei decide pertanto di chiedere il divorzio. Si presenta da un giudice, che altri non è che lo stesso Bacocco travestito, il quale la corteggia, ricambiato. Bacocco si palesa e scaccia la moglie, rea di tradimento. Serpilla è ridotta nella povertà più estrema, ma incontra casualmente Bacocco, il quale accetta di perdonarla in cambio del perdono di lei per il suo vizio del gioco e della libertà di tornare a vivere come prima.
Giustamente riunite in questa occasione a formare un atto unico, le tre parti presentano una discontinuità logistica cui la regista Anna Tereshchenko ha saputo facilmente ovviare trasportando la vicenda in tempi moderni e collocandola in un contesto irrealistico, pressoché “virtuale”, secondo una chiave di lettura molto frequentata dalle regie operistiche in questi ultimi anni. L’idea di base è quella di lavorare sull’incomunicabilità indotta dai social e dagli smartphone, per cui, sin dall’ingresso degli spettatori, si vedono i protagonisti in scena intenti ad armeggiare con i telefonini, senza dare importanza alla presenza del pubblico. Non è raro che un regista decida di trasporre temporalmente un soggetto e non nascondo che la cosa mi trova molto favorevole per quanto riguarda le composizioni dell’epoca barocca e settecentesca in generale. E’ molto più efficace, infatti, in questo tipo di repertorio, “modernizzare” la situazione, rinunciando alle crinoline, alla cipria e alle parrucche bianche, che creano subito un enorme distacco generazionale dal pubblico.
Ma un’idea, che sia buona o meno buona, va sorretta dall’inventiva per tutta la durata del lavoro in oggetto. Non la si può abbandonare per strada come a dire che le prove non sono state sufficienti o che l’ispirazione è durata meno dell’opera stessa. E’ purtroppo quanto abbiamo visto nel lavoro della signora Anna Tereshchenko. La prima parte è tutta incentrata sulle comunicazioni via social, con uno schermo gigante che trasmette slides riproducenti i minuscoli schermi dei telefonini e dei computer dei due protagonisti: grazie ad un’intromissione virtuale, Serpilla riesce ad entrare nel conto corrente del marito (divertente) e a scoprirne le spese; sono molte le trovate graziose legate sempre ai computer che interagiscono con i due protagonisti. Altrettanto riuscito il colloquio via chat-line tra Serpilla ed il Giudice (Bacocco travestito), che permette alla protagonista di non muoversi mai dalla stanza di casa nemmeno quando parla con il giudice, ma poi l’aire iniziale si spegne, il fondale che prima riproduceva il contenuto degli schermi degli smartphones e computers, ora rimane spesso spento fino ad un’ultima parte dimentica di tutte le intenzioni, con Serpilla costretta a giocare a lungo con una copertina da piegare e ripiegare sul lettino, unico elemento scenico non virtuale presente in scena. Il finale è stanco, con uno spogliarello molto parziale dei protagonisti, un giocare sotto le lenzuola privo di erotismo, lunghi momenti in cui i protagonisti rimangono immobili attendendo che termini l’introduzione di un’aria o di un duetto.
Nell’ultima parte la dimensione “virtuale” dello spettacolo è dimenticata. Peccato perché con qualche idea in più o forse con un po’ più di tempo per le prove, si sarebbe potuto ridere ancora un po’ delle trovate simpatiche della regista. E’ noto come la dimensione teatrale negli intermezzi fosse assolutamente ridotta e direi ininfluente: erano piccoli momenti musicali la cui funzione era quella di intrattenere il pubblico durante gli intervalli di un’opera seria, non avevano scenografie, venivano eseguiti in proscenio, mentre il pubblico parlava, mangiava, rumoreggiava. In tal senso abbiamo assistito ad uno spettacolo coerente con la natura della composizione, ma, visto che la regista ha voluto molto intelligentemente, come lei stessa dice nelle note di regia, “giocare con la macchina del tempo”, avrebbe potuto andare fino in fondo all’idea di base e, modernizzando, aderire maggiormente ai canoni teatrali moderni che mal sopportano l’incontro con la musica settecentesca se non integrano con l’azione, anche incoerente se è il caso, le molte parti nelle quali viene ripetuto lo stesso testo o ci sono interventi orchestrali tra le parti cantate. E’ necessario inventare continuamente, avere un ritmo di azione che corrisponda al ritmo della musica e non vi si contrapponga mai.
Anna Tereshechenko, che ha dimostrato di essere una valida regista e di avere le idee per fare quel bellissimo mestiere, aveva bisogno però di un supporto che non ha avuto, o forse voluto: forse qualche figurante, magari una cameriera, o qualche oggetto scenico in più avrebbero aiutato ad evitare gli attimi di attesa sulla scena. Ha lavorato a fondo con i personaggi e questo si è visto, ma ha perso il senso della gioia che l’intermezzo deve trasmettere, recuperandolo solo nel finale. Troppo “malato” di realtà virtuale il baritono protagonista, sempre curvo sullo smartphone, triste, incapace di alzare lo sguardo verso gli spettatori, e a volte anche verso il maestro, sempre che non fosse anche questa una scelta registica, con alcuni attacchi da brividi nei quali il protagonista iniziava una melodia partendo da solo senza attendere il gesto del direttore, collocato con l’orchestra a lato della scena (bravissimo Enrico Lombardi a recuperare sempre, pur non avendo a disposizione una compagine molto “docile”). Meglio tratteggiato il personaggio di Serpilla, con la protagonista impegnatissima ad aderirvi, al di là di quelli che possono essere i retaggi culturali del suo paese, e a cercare di essere sexy nel finale.
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Venendo ai due protagonisti, che sono giovani interpreti dei corsi del conservatorio Cherubini e del Teatro del Maggio, era evidente la disparità di rendimento tra i due, ma causa del disagio è stata soprattutto la scelta di un soprano leggero a sostenere un ruolo da mezzosoprano. La tessitura di Serpilla infatti, se può essere definita “centrale” e quindi fattibile da un soprano come da un mezzo, è però molto gravitante verso il basso, con il risultato di un evidente disagio dell’interprete. Il giovane soprano leggero sud-coreano Myung-san Ko si è impegnata a fondo, in modo professionale, per ricoprire al meglio il ruolo, ma è stata in difficoltà sin dalle prime note a dare volume ai suoi suoni, perché il registro era troppo grave per lei: intendiamoci, ha eseguito tutte le note correttamente, ma il timbro era scolorito, la voce priva di appoggio, appannata e trovava un po’ di squillo solo nelle frasi più acute del ruolo. Così nei duetti era regolarmente sovrastata dal baritono costariqueño William Hernandez Ramirez, perfettamente a suo agio invece nella tessitura di Bacocco e dotato di un timbro squillante e di una tecnica di proiezione dei suoni validissima. Peccato non aver potuto avere un mezzosoprano per equilibrare meglio le sonorità.
Con questo non voglio dire che Myung-san Ko non mi sia piaciuta, anzi, ho molto apprezzato il lavoro che ha fatto, con piccoli aggiustamenti della parte e continue modifiche tecniche, per aderire in maniera ottimale al personaggio che era chiamata a fare. Ha fatto bene ad accettare il ruolo: in periodo di mancanza di lavoro un giovane cantante deve mettersi in gioco anche su ruoli che non sono specificatamente adatti alle sue caratteristiche. Attendo di ascoltarla in ruoli più consoni alla sua vocalità.
Pubblico entusiasta e meritato successo tributato a tutti gli interpreti e agli artefici dell’intelligente operazione culturale che mi ha permesso di ascoltare per la prima volta dal vivo questo gioiello del compositore fiorentino.
ANNA TERESHCHENKO Attrice e regista. E’ nata a Mosca (Russia), 08.11.1987. Nel 2007 – si laurea all’Accademia Teatrale della Russia a Mosca (GITIS) ,corso di regia e recitazione, il gruppo per gli attori, tenuto da Maestro M.Zakharov. Dal 2003 lavora nei diversi teatri di Mosca come attrice e regista. Conduce i corsi di recitazione per i ragazzi e per gli adulti. Fa l’assistente alla regista e l’insegnante di Biomeccanica Teatrale di V. Mejerchold Maestro A.Levinsky. Dal 2011 assistente e interprete di A.Levinsky durante i suoi laboratori internazionali della Biomeccanica Teatrale in Russia e all’estero. Dal 2005 partecipa ai fiction, cortometraggi e film in Russia. Nel 2010 porta in Italia il monologo “A Pushkin…” con il quale partecipa al festival “Invisibili” a Imola e al festival “Voci di Fonte” a Siena. Nel 2010 realizza il suo primo cortometraggio “Lungo corridoio” come regista e interprete, a Mosca. 2011-2012 segue il corso di regia presso la Scuola di cinema Immagina a Firenze diretta da regista Giuseppe Ferlito. Nel frattempo realizza i cortometraggi “Fuga” e “Amore” per il concorso di Sony. Interpreta un ruolo principale nel cortometraggio “Immagina” scritto e diretto da Giuseppe Ferlito. Alla fine del corso presso la scuola “Immagina” realizza come regista il cortometraggio “Bei sogni”. Fa l’assistente di Maestro dell’arte scenica Francesco Torrigiani al Conservatorio Statale di Musica “Luigi Cherubini” a Firenze.
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Marcello Lippi
MARCELLO LIPPI
Autore e Critico Musicale per la Cultura di Young diretta da David Colantoni