Domenica 22 ottobre la Lombardia e il Veneto andranno a votare al referendum per ottenere l’autonomia.
L’abbiamo scritto in maniera molto chiara per poter permettere a tutti di capire ciò che sta succedendo. In nove articoli su dieci, nell’ultimo mese, si è sentito parlare della Lombardia di Maroni che chiede l’autonomia; sul Veneto, invece, solo poche parole. Veneti indipendentisti, si è detto.
Non è vero. La situazione veneta è molto più complessa di quella lombarda.
Cominciamo innanzitutto da un’importante premessa: per quanto i veneti siano affezionati al leone di San Marco, non vogliono andarsene dall’Italia; vogliono un’autonomia fiscale e su determinate competenze (i settori della vita pubblica). Certo, alcuni sentimenti indipendentisti ci sono ma, a pensarci bene, sono comprensibili; immaginate di vivere in una Regione che sta bene, con una buona sanità e delle persone efficienti che sanno valorizzare il proprio territorio, di avere un passato storico eccellente come quello della Serenissima; pensate poi di dover dare allo Stato un terzo di quello che guadagnate. Pensate poi di avere la matematica certezza che fuori dal vostro territorio non pagano esattamente tutti come te.
Ho suscitato abbastanza squallore? Vi è venuta un po’ la voglia di chiudere l’articolo dicendo “ma voi pensate di essere migliori di noi?”. Bene, possiamo continuare. Siete entrati nel malumore che serpeggia da anni nei bar veneti, aizzato da politiche create ad hoc.
In questo clima potete capire la nascita dei movimenti indipendentisti, basati perlopiù su studi di settore spesso falsati che cercano di capire come se la caverebbe il Veneto se fosse Stato.
Sono stati i movimenti indipendentisti i primi ad avviare la strada per il referendum sull’autonomia, convinti che, una volta raggiunta questa, la strada verso l’indipendenza potrebbe farsi più facile.
Cerchiamo quindi di capirci di più in toni molto terra terra, senza tecnicismi o cifre inutili e giri di parole, con Toni e Bepi, due aitanti giovani: Toni voterà sì al referendum, Bepi decide di andare in montagna ad Asiago.
L’INTERVISTA:
Cominciamo dall’inizio: perchè la necessità di indire un referendum?
Toni: Beh, ecco, noi veneti vogliamo più autonomia. Vogliamo poter dire la nostra sulle nostre questioni interne e tenerci le tasse per noi.
Bepi: Ecco, sempre le solite storie da leghisti.
Toni: Perchè, tu non vorresti trattenerti il terzo del tuo stipendio che va allo Stato?
Bepi: Sai benissimo che l’autonomia non riguarda questo.
Ecco, appunto. Cosa riguarda il referendum?
Toni: Il referendum è molto semplice. VUOI CHE ALLA REGIONE DEL VENETO SIANO ATTRIBUITE ULTERIORI FORME E CONDIZIONI PARTICOLARI DI AUTONOMIA? Questo sarà il quesito. Semplice.
Non si chiedono soldi al governo, semplicemente di poter gestire in autonomia l’istruzione, la giustizia di pace, la sanità, la tutela dell’ambiente e degli ecosistemi e dei beni culturali nonchè le materie concorrenti.
E quali sarebbero le materie concorrenti?
Toni: Beh, qui sta un po’ il nodo. Riguardano l’articolo 117 e sono tutte quelle di materia legislativa, tra cui le casse di risparmio e il commercio estero: non essere soggetti allo Stato per queste cose significherebbe molto.
Bepi: Sì, significherebbe molto per chi ne è a capo.
Perchè questo?
Bepi: Perchè, come si sa, non è affatto un referendum per “farci tenere le tasse”. Serve solamente a dare a Zaia il potere di dire al governo centrale “Guardate, io dalla mia parte ho tutti i veneti”. E’ la volontà dei veneti, quella che è in gioco. E’ il potere contrattuale.
Se fosse stato vero interesse, si sarebbe fatto prima.
Ma il Veneto non aveva già provato a ottenere l’autonomia?
Bepi: Sì, ci ha provato più volte. Nel 1991 provarono a diventare a Statuto Speciale (con la Liga Veneta contraria) ma la Corte Costituzionale la bocciò. Nel 1998 Galan si ripropose a Prodi, ma nel 2000 venne di nuovo rimbalzato. Poi anche nel 2001 (quando venne bocciato da Berlusconi con, ai ministri, proprio Maroni e Zaia!) e fu promotore delle riforme alla Costituzione.
Toni: Ciò ti conferma che l’autonomia è una questione trasversale, non politica.
In che senso?
Bepi: In questo ha ragione. Se alla presidenza ci fosse il PD ora questo sarebbe semplicemente il referendum del PD; è una cosa che tutti vorrebbero cavalcare, dato che è un sentimento apartitico.
Indirettamente, in questo momento serve anche alla Lega per portare voti al proprio mulino, dato che al Lega Nord è ormai finita e, anche in Veneto, ormai vince solamente nelle liste civiche.
Il grande, grandissimo problema di questo referendum è la colpa di Zaia di aver personalizzato il referendum, così come aveva fatto Renzi all’epoca.
Toni: Par fortuna che no l’è Renzi.
Bepi: Sì, come se i fusse diversi. I xe a stessa roba, uno che varda da na parte e uno che varda da che altra, ma i se strinxe a man.
Però in questi giorni abbiamo visto l’esempio dell’Emilia-Romagna; ha ottenuto le stesse cose senza referendum.
Toni: No beh, mora, sta calma. Non esattamente le stesse cose.
L’Emilia ha chiesto pochissime competenze, dato che non ha i soldi per farlo. Per poter mantenere delle competenze bisogna avere i soldi per farlo; l’Emilia Romagna non ha grandi finanze pertanto chiede poco. Il Veneto ha chiesto una cosa come 24-26 competenze, quasi tutto.
Ti compri la macchina che ti puoi permettere di mantenere: l’Emilia può permettersi una Cinquecento, il Veneto una Porsche.
Bepi: Quindi secondo te è stato solo fumo negli occhi per oscurare il nostro referendum mostrando che si può applicare l’articolo 116 direttamente? Oh, che bella notizia. Si può davvero fare!
Non come Zaia che indice un referendum per nascondere i buchi del Mose che avete imposto ai veneziani, della Pedemontana che nessuno voleva e della sanità che state smantellando.
Pare quindi un referendum prettamente politico.
Bepi: Lo è. In caso di vittoria o quorum raggiunto, Zaia ha la strada spianata verso una bella carriera. Suvvia, tutti potrebbero votare l’uomo che ha reso autonoma la propria Regione. Anche a livello nazionale, giusto?
Toni: Non essere così smaliziato.
Bepi: Purtroppo è la realtà. C’è un vittimismo di sottofondo; poi ci facciamo prendere in giro dagli italiani.
E’ una questione anche ideologica: noi veneti siamo parte dell’Italia, non possiamo “chiedere” privilegi speciali, siamo italiani come tutti gli altri.
Toni: E lascia che lo facciano e poi vediamo come se la cavano senza i soldi dei veneti.
E quale sarebbe quindi una valida alternativa?
Bepi: Abolire le regioni a Statuto Speciale che non hanno più ragione di esistere. Ricominciare tutto da capo, tutti allo stesso livello.
Toni: E secondo te ce la fanno a starci dietro? Ci incolpano sempre di avergli rovinato la terra.
Bepi: Beh, noi non siamo mica dei campioni, neppure da soli ce la faremmo.
Abbiamo capito cosa voterete, insomma.
Ma in che mondo vorreste svegliarvi, il 23 ottobre? Con uno Stato indipendente?
Toni e Bepi: Sotto il gonfalone di San Marco! Par tera, par mar!
La Serenissima unisce tutti.