La Repubblica è partecipata dai Sauditi o da una qualche petrolmonarchia forse? Per un attimo questa assurda domanda mi ha attraversato la mente come un lampo aprendo il giornale e leggendo l’articolo di Federico Bitti e Antonello Guerrera. Inizio a rifletterci sopra.
L’articolo pubblicato ieri su La Repubblica sulla Storia del fotografo siriano che salva il bambino infatti ha una civetta ( un pezzo di articolo in prima pagina che viene ripreso all’interno) dal titolo quasi apologetico che recita : –Cosi’ ho salvato chi un giorno potrà uccidermi – poi a pagina 14 riprende all’interno ed è titolato così – Io sunnita, ho salvato quel bambino sciita.Non Faccio Distinzioni–
Nella mente del lettore o sullo schermo semantico del lettore i due titoli uniti hanno un unico suono, perché i due enunciati sono, di fatto, un unico titolo, due proposizioni di un unica frase, la quale da’ al lettore una estrema sintesi del tema di cui ci parla l’articolo, per intero è questa : “Cosi ho salvato chi un giorno potrà uccidermi, io sunnita ho salvato quel bambino sciita. Non faccio distinzioni“.
Sento che c’è una pesante faziosità , che vorrei dipanare, – non importa se voluta o casuale– per parafrasare Eisenhower, nella struttura di questo titolo, come una trappola morale che porta a un giudizio condizionato, pilotato, una trappola che scatta nella coscienza di chi leggendo assorbe questo enunciato . I due giornalisti de La Repubblica infatti hanno scelto di dare questo taglio ancora prima -politico-religioso piuttosto che umano: l’articolo infatti parla di un Sunnita eroico e buono che salva un piccolo sciita, cioè un piccolo nemico, che, come fanno dire al fotografo nel loro titolo, ha molte probabilità di diventare un domani assassino del suo salvatore, una specie di piccola serpe, a valutare bene il senso di questa frase.
Perché mai rifletto da questo bar semi deserto di un piccolo paese sugli appennini abruzzesi dove mi trovo, quel bambino dovrebbe un giorno uccidere chi lo ha salvato, o addirittura uccidere i suoi figli piuttosto che, semmai, provare riconoscenza? Perché mai un uomo, mi chiedo ancora, che ha salvato un bambino sente il desiderio, parlando con i giornalisti di un giornale occidentale, di dire loro affinché lo scrivano bene in vista che lui Sunnita, scrivetelo bene mi raccomando, ha salvato un piccolo sciita, figlio dei nemici, piuttosto che semplicemente dire che lo aveva salvato come un semplice uomo salva un semplice bambino?
Perché poi un giornale europeo dovrebbe farsi messaggero di un messaggio del genere? A noi cosa importa? Forse per sottolineare e inculcare nella pubblica opinione che l’occidente amico delle petrolmonarchie sunnite è amico della gente giusta e che gli altri sono appunto i nemici a cui pero salviamo una tantum un figlio dalla carneficina di un attentato contro di loro?
Per muovere a questo che si scrive cosi? Cosa interessa a noi di quale confessione è l’uomo che salva un bambino ferito e di quale confessione è il bambino ferito? E inoltre non sono forse i bambini innocenti, gli unici veri martiri di questo mondo che li massacra ? E non sono forse cristiani, cattolici buddisti, scintoisti, sunniti o sciiti senza averlo deciso, vittime di una realtà su cui non hanno nessun potere in cui la religione è usata come ideologia di guerra senza che essi possano farci nulla? Perché coinvolgere un bambino, nel racconto giornalistico, su questo piano delle appartenenze religiose, se non per scopo di propaganda, per cosa ?
E poi, continuo a riflettere, anche il bambino potrebbe essere ucciso domani da un sunnita. Anzi il bambino sciita di questa storia, penso, è lui ad essere appena sopravvissuto ad un attentato contro la sua vita, contro la sua vita di bambino innanzi tutto e poi contro la sua vita di sciita.
IL METRO DEL GIUDIZIO DEL GIUDIZIO DEL PRIMO MINISTRO GENTILONI
Ora se usassi il metro con cui il mio primo ministro Gentiloni pochi giorni fa, giustificando l’attacco militare USA alla Siria, ha accusato senza prove Assad di aver usato armi chimiche, dovrei certamente affermare quanto segue: che non sappiamo se questo bambino sciita un giorno vorrà uccidere il suo salvatore sunnita ma certamente sappiamo che una qualche fazione sunnita invece ha cercato di ucciderlo; potrei, e la cosa avrebbe più di una qualche plausibilità, ma so che in questo groviglio siriano anche questa strage potrebbe celare diversi scopi, e che affermare una cosa del genere senza prove certe derivanti da una indagine rigorosa, internazionale e indipendente non avrebbe nessun fondamento di verità. Potrebbe essere un attentato jihadista, che sembra la cosa più probabile, sembra, ovvero un attentato di matrice sunnita, ma potrebbe essere anche un attentato veicolato da un servizio segreto straniero che non vuole assolutamente il negoziato, una false flag, potrebbe essere un attentato pilotato da fazioni sciite che vogliono combattere contro la volontà di pace della loro stessa gente invece stanca della guerra, un’altra false flag, potrebbe essere una fazione in disaccordo con altre fazioni, potrebbe essere che lo scambio degli ostaggi era solo una trappola per colpire altri civili, potrebbe essere qualcuno che vuole gettare benzina sul fuoco facendo saltare ogni possibile tavolo negoziale, potrebbe essere una false false flag e via dicendo, potrebbe essere molte cose in questo scenario inestricabile, in cui l’unica cosa certa sono le vittime civili morte sotto le armi di tutti i belligeranti ormai.
Meglio tornare all’articolo che è qui sotto i miei occhi. Il Bar di questo piccolo paesino d’abruzzo è quasi vuoto, una mosca ronza nell’aria e un pallido raggio di sole attraverso le nubi mi cade proprio sul giornale, ordino un caffè. Riprendo la mia discussione interiore che è una discussione con me stesso su ciò che è quello che sto leggendo, su questo giornalismo senza rigore, squallido, e anche un po’ infame, è solo la mia personalissima opinione rimuginata tra me e me, esercitato dal più importante quotidiano italiano e che ora stanno leggendo milioni di cittadini verso la cui intelligenza se ce l’hanno manifesta disprezzo e arroganza, e se invece non sufficientemente dotati di strumenti inganno, su come ricevo una notizia oggi, piuttosto che sul tema di questo pezzo.
L’EROE , UN GIORNALISTA SIRIANO INDIPENDENTE.
Dopo il titolo in prima pagina ecco le prime informazioni importanti, che ci dicono subito chi è e cosa è questo eroico Sunnita : scrivono i due giornalisti di Repubblica: “Abd Alkader Habak, ha 23 anni, è un giornalista siriano indipendente e sabato scorso era nei pressi di Aleppo“,subito annoto mentalmente che era, in questa proposizione, è un verbo che esprime una certa casualità decisamente stonata in questo contesto, infatti, penso tra me e me, non ci si trova in una zona di guerra come ci si trova, durante un andare a zonzo, improvvisamente a essere in qualche luogo: in un luogo di guerra bisogna andarci e per andarci servono procedure precise, la più importante di tutte è che bisogna avere il permesso della forza armata (regolare, governativa o antigovernativa, ribelle o criminale che sia) che ha il controllo del territorio e questo per il semplice fatto che se si gira con una macchina fotografica senza essere un giornalista embedded (1) si rischia nel migliore dei casi di venire catturati e imprigionati e nel peggiore di essere uccisi. Dunque per potersi trovare li Abd Alkader Habak doveva avere il permesso delle formazioni militari che controllavano il territorio, ciò rende plausibile la sua indipendenza? E poi cosa si intende per indipendenza?
INDIPENDENZA GIORNALISTICA CHE COSA VUOLE DIRE?
Rifletto su questa asserzione di indipendenza del giornalista siriano di questa storia. Di solito, qui in occidente, quando diciamo che un giornalista è indipendente noi pensiamo a una forma di neutralità, immaginiamo che indipendente nel caso di un giornalista significhi che egli sia un osservatore che non ha interessi personali in ballo nella situazione che descrive , che abbia un punto di vista neutro, non in senso assoluto, poichè qualsiasi persona potrebbe farmi a ragione notare che nessuno è mai completamente neutrale, ma neutrale rispetto agli interessi che sono in gioco in una data situazione e che con questo punto di vista neutro racconti l’oggettività dei fatti che si svolgono sotto i suoi occhi, “X uccide Y, Y appartiene al gruppo D X al gruppo C” e via dicendo.
Qui da noi per giornalista indipendente intenderemmo un giornalista che non scrive ad esempio su un giornale organo di partito, e quindi non deve difendere le direttive dello stesso partito, oppure che non è sul libro paga di un gruppo di interesse sulle cui questioni il giornalista stesso sia chiamato a scrivere, perchè qui da noi i conflitti sono conflitti politici, sono conflitti di economici, e insomma abbiamo anche una categoria a ricordarcene che è appunto il conflitto di interesse.
La questione è estremamente delicata e strategica. Il giornalismo infatti può diventare propaganda, e la propaganda è una tecnica per dirigere e formare convinzioni e credi nelle masse, propaganda + mezzi di informazioni controllati dal potere + masse danno per risultato nel migliore dei casi la dittatura, nel peggiore il totalitarismo.
Il giornalista di questa storia , dichiarato dai nostri giornalisti indipendente, è siriano e questa storia si svolge in una Siria dilaniata ormai da 6 anni di una sanguinosissima guerra civile, io innanzi tutto mi chiedo se in una feroce guerra civile dove ognuno dei belligeranti ha ammazzato civili, donne e bambini, giovani e vecchi, della fazione avversaria, un ‘individuo, come lo è questo giornalista, appartenente al popolo sprofondato in questo orrore possa mai ritenersi al di sopra delle parti. In una guerra civile ci sarà qualcuno per esempio a cui attribuire la responsabilità di aver iniziato questa carneficina ormai ingovernabile? Oppure sono tutti egualmente responsabili?
SOLO LA NEMESI PUO’ VEDERE LA NEMESI IN UN BAMBINO
In via del tutto speculativa un individuo appartenente a una nazione invischiata in una feroce guerra civile ma che resti al di sopra delle parti potrebbe esistere, certo, se ad esempio questa guerra fosse il prodotto di un conflitto scatenato per mero possesso del potere da parte di tutti i soggetti belligeranti, con al centro una popolazione inerme e succube di questo scontro tra bande, ma credo che un simile individuo al di sopra delle parti nonostante cittadino di questa tragedia, guarderebbe indifferentemente o meglio con la stessa disperazione la vittoria o la sconfitta di una delle qualsiasi parti, tutte odiose per lui; probabilmente egli assisterebbe agli eventi senza nessuna partecipazione se non l’orrore: un simile cittadino completamente distaccato ed equidistante in una guerra civile non avrebbe mai detto di se “Io, sunnita“, tanto che potremmo chiederci “quale motivo mai gli farebbe rischiare la vita per assistere a degli eventi estremamente pericolosi e di cui qualsiasi sviluppo sarebbe per lui egualmente odioso?”, piuttosto egli non tenterebbe come fanno le centinaia di migliaia di siriani che si trovano evidentemente in mezzo ai fuochi omicidi, di lasciare il paese in cerca di salvezza? Certo qualcuno mi potrebbe rispondere ” semplicemente per passione del suo lavoro di giornalista“, e la cosa avrebbe senso, senonché questo senso renderebbe insensato il fatto di una sua dichiarazione cosi di parte come quella che viene riportata e usata come titolo, ricordiamola “Cosi ho salvato chi un giorno potrà uccidermi, io sunnita ho salvato quel bambino sciita. Non faccio distinzioni“. Tra me e me penso che solo un sunnita coinvolto attivamente in una fazione militante nella guerra civile possa pensare che un bambino un domani lo uccida nonostante egli lo abbia salvato: mi dico che questa nemesi, che egli vede nel futuro del bambino, bisogna che la abbia egli stesso in quegli occhi con cui egli , pur avendolo presumibilmente salvato, guarda quel bambino.
Nel bar entrano degli avventori e siccome il paese in cui mi trovo è il mio paese d’origine , dove tutti mi conoscono fin da bambino, devo essere un po sgarbato per chiedere di non disturbarmi mentre cerco di dipanare mentalmente la matassa, cosa che provoca un certo risentimento in alcuni miei conoscenti, ma tant’è insomma. Ordino un altro caffè.
Torniamo all’articolo, nella Civetta dunque, in prima pagina, La Repubblica, maggior quotidiano italiano con 3 milioni di copie, asserisce che questo giovane giornalista siriano è indipendente, ma appena andiamo a pagina 14 per leggere il resto dell’articolo, colpo di scena, il giornalista diventa Sunnita.
Ora Sciti e Sunniti sono in conflitto, un conflitto antico e sanguinoso, in cui giacciono sepolte anche le orme delle enormi colpe delle antiche potenze coloniali; esattamente il conflitto in cui si è “trovato” il giornalista “indipendente”, e non solo: il posto dove si trovava il nostro giornalista indipendente che però ci dice subito dopo La Repubblica essere connotato come sunnita, era inoltre in mano ai gruppi antiAssad che sono appunto sunniti, e i gruppi antiassad comprendono ovviamente le formazioni dell’isis, anzi direi fondamentalmente dell’Isis, nelle sue varie declinazioni.
La domanda che lampeggia come come una grande scritta bianca su sfondo rosso nella mia mente, quasi all’unisono con il pulsare del sangue nelle vene delle tempie è questa “come può essere indipendente un giornalista dichiaratamente sunnita, che inoltre è siriano durante una guerra civile siriana in cui il proprio popolo fa a pezzi se stesso, in una mattanza fratricida, e che si trova in un settore controllato da forze sunnite forze che comprendono tra le proprie sigle le varie sigle che si rifanno ad Al quaeda e all’Isis? Come potrebbe essere sicuro di sopravvivere in un territorio militarmente in mano, tra gli altri a fazioni dell’Isis?”
L’ENIGMA DEL GIORNALISTA INDIPENDENTE
Nel tentativo di rispondere alla questione della plausibilità di questa indipendenza giornalistica dichiarata in primissima battuta , mi inoltro nell’articolo, certo che troverò un qualche cosa che risolverà l’enigma dimostrandomi che quanto scrivono i giornalisti Federico Bitti e Antonello Guerrera, autori del pezzo, e cioè che il giovane giornalista Siriano è un giornalista indipendente, è assolutamente vero, e finalmente ecco il passaggio che risolve definitivamente la questione, leggiamolo insieme : “Habak risponde a Repubblica via Whatsapp è sunnita e anche sui socianetwork non fa mistero di essere un fermo oppositore di Assad” …ma come…e l’indipendenza allora?
Mentalmente unisco e leggo con voce interiore le due frasi scritte sullo stesso articolo a poche righe di distanza come una stessa frase: “Abd Alkader Habak, ha 23 anni, è un giornalista siriano indipendente e sabato scorso era nei pressi di Aleppo, Habak risponde a Repubblica via Whatsapp : è sunnita e anche sui social network non fa mistero di essere un fermo oppositore di Assad” questa allucinante contraddizione mi stordisce, mi da un senso di vertigine, è stomachevole e si trasforma in una sensazione di impotente indignazione. Come si permettono di insultare cosi volgarmente l’intelligenza del lettore?
LA SPUDORATA MENZOGNA
Mi torna in mente quel caustico aforisma di Teodor Adorno che impietosamente recita ““Tra gli scaltriti pratici di oggi, la menzogna ha perso da tempo la sua onorevole funzione di ingannare intorno a qualcosa di reale. Nessuno crede più a nessuno, tutti sanno il fatto loro. Si mente solo per fare capire all’altro che di lui non ci importa nulla, che non ne abbiamo bisogno, che ci è indifferente che cosa pensi di noi” La barista del bar, una simpatica ragazza di queste parti, che si accorge dei miei moti interiori mi chiede se tutto è a posto. Le annuiscono che è okay.
In effetti, arrivato a questo passaggio che mi porta ad appoggiarmi un attimo al tavolo con tutte e due le mani sopra il giornale, sono furioso.
DA GIORNALISTA INDIPENDENTE A FERMO OPPOSITORE DEL REGIME NEL VOLGERE DI POCHE RIGHE SENZA BATTERE CIGLIO
Mi domando se il direttore Mario Calabresi, direttore del maggior quotidiano del paese, avrà letto e approvato questo pezzo in cui al tempo stesso si descrive indipendente e fermo oppositore di Assad lo stesso giornalista siriano. E poi cosa vuol dire fermo oppositore, quale grado di ingaggio descrive mi chiedo? In una guerra civile un fermo oppositore del regime è un combattente. Sono forse pazzi i due giornalisti che hanno scritto questo pezzo, oppure la pensano in maniera talmente diversa e, essendo un pezzo a 4 mani, una è frase scritta da uno e l’altra dall’altro? Uno lo pensa indìpendente l’altro fermo oppositore e militante anti Assad? Oppure scrivendo cosí riflettono inconsciamente cosa è per loro indipendenza, forse l’indipendenza economica che da’, in cambio della libertà intellettuale, l’essere al servizio di una verità a comando, una verità come la vuole il tuo produttore culturale… chissà, vado riflettendo.
Allertato dalla alta tossicità intellettuale di questo articolo continuo a leggere con estrema cautela, con massima attenzione semantica il pezzo.
UNO SGUARDO PIU’ DA VICINO SU QUESTA NUOVA STELLA SUNNITA SIRIANA DEI MEDIA OCCIDENTALI
Il nostro giornalista Indipendente e al tempo stesso forte oppositore, si trovava dunque con le forze militari antiassad in attesa dei civili in fuga dai due villaggi sciiti in una enclave sunnita circondati dalle forze antiassad. Dunque ricapitolando il bambino faceva parte di questi cittadini , e i due giornalisti del pezzo a questo punto tra parentesi scrivono cosi: “cittadini (e combattenti)“, assediati dai sunniti, il nostro giornalista indipendente però ora anche fermo oppositore di Assad, dunque è un assediante, il bambino un assediato, questo movimento di civili siriani che si stavano consegnando ai sunniti era frutto di un accordo e si trattava di una resa da parte dei due villaggi in prospettiva di uno scambio sciiti per sunniti.
I giornalisti riportano le parole del giornalista siriano “Ero sul luogo della strage da un paio di giorni con altri colleghi e amici ( quasi il tono di una scampagnata N.d.R) per documentare l’evacuazione dei civili in fuga, Abbiamo dormito in strada” ora da queste parole comprendiamo che il livello di giornalismo embedded del nostro giornalista “indipendente” siriano è altissimo, due giorni dormendo per strada in quel posto sicuramente controllato anche da gruppi jihadisti , (noti tagliagole) significa essere completamente al sicuro tra i miliziani ribelli “L’atmosfera anche con i combattenti ribelli non sembrava tesa” e perché mai avrebbe dovuto esserlo se il giornalista come i ribelli è un fermo oppositore di Assad?
A questo punto incuriosito sono andato a cercare il profilo facebook di questo giornalista sunnita che secondo i nostri giornalisti di Repubblica è indipendente pur essendo schierato fermamente contro Assad, per vedere un po’ i suoi post, il modo in cui si autorappresenta pubblicamente per capirci, e l’ho trovato, ecco a voi il profilo facebook di Abd Alkader Habak, vi ho trovato parecchio materiale interessante che dimostra un profilo decisamente militante se non da vero combattente, molto fiancheggiatore, insomma questa ventilata indipendenza del giornalista sembrerebbe bella che fottuta, per dir scherzando, ma giudicare da voi stessi e se potete fatevi tradurre i post che ovunque inneggiano alla lotta. Riporto qui solo un paio di foto che danno l’atmosfera.
Lo avranno esplorato anche i nostri Federico Bitti e Antonello Guerrera prima di scrivere sulle colonne del quotidiano La Repubblica , “indipendente”? Resto perplesso e non so cosa pensare. A pensare male ce ne sarebbe poiché tutti sappiamo che Sunnite sono le petrolmonarchie che voglio la testa di Assad , Arabia Saudita in testa, Sunnita era Saddam Hussein e i sunniti in Iraq erano una minoranza al potere che ha sempre governato su una maggioranza sciita, prima sotto l’impero Ottomano e poi sotto il colonialismo , Sunnita è il turco Erdogan, e Arabia Saudita e Turchia sono quelli che vogliono la testa di Assad, Turchia e Arabia Saudita sunnite secondo lo storico svizzero Daniele Ganser sono poi i paesi che hanno infiltrato appositamente gli jihadisti in Siria per farla precipitare nella guerra civile e decapitare il governo. Sunnite sono anche le bande criminali battenti bandiera dell’isis e movimenti di capitali e armi da parte Turca e saudita a queste formazioni mercenarie criminali sono ormai una verità passata in giudicato, e riconosciuta da Tutti. Sunnita è questo Eroe, il cui essere Sunnita diventa il tema principale di questo articolo di Repubblica, articolo il cui clone si poteva leggere ieri in molti altri quotidiani. E le petrolmonarchie sunnite sono le fondamentali alleate nello scenario mediorientale dell’occidente, salvo paradossalmente essere poi i principali sponsor del terrorismo jihadista che dell’occidente vorrebbe la distruzione. Ce n’è eccome a voler pensare.
Per curiosità sono andato a cercare l’articolo sempre di Repubblica in cui si da notizia del terribile attentato a cui il bambino salvato dal fotografo è sopravvissuto, mi sono chiesto se in questo caso La Repubblica avesse dato l’enfasi alla appartenenza confessionale delle vittime, come ha fatto con l’essere sunnita del fotografo, titolando non so, “Uccisi 100 civili sciiti” invece il titolo è questo “Siria, autobomba con l’inganno contro gli sfollati di Foua e Kafraya: 112 vittime” mentre nell’articolo sul fotografo che l’eroe è sunnita lo sappiamo fin dal titolo, per sapere che le 100 vittime dell’attentato sono sciite dobbiamo andare in lettura, a parità di trattamento mi sarei aspettato di leggere “112 vittime sciite”.
Noto un’ultima anomalia che mi lascia uno strano retrogusto di cui non saprei dire meglio, ovvero che la versione on line dello stesso articolo non ha ne testo ne titolo uguali a quella cartacea, come invece è molte altre volte, il titolo è stavolta Il fotoreporter di Rashideen: “Ho salvato quel bimbo dei nemici, ma non sono un eroe“, è diverso e soprattutto non c’è nessun accenno alla indipendenza del giornalista non solo nel titolo ma nemmeno nel pezzo. Forse, penso, perché on line il pubblico è molto più sul pezzo , e ha sotto le mani una tastiera con la possibilità di rispondere sui social. Forse, sono solo sciami di pensieri che mi attraversano la mente, non fateci troppo caso.
Osservo inoltre leggendo il pezzo on line, che a distanza di molti giorni , nonostante molti autorevoli commentatori , uno per tutti l’ex ambasciatore britannico in Siria Peter Ford, di cui vi metto qui la breve ma illuminante intervista niente di meno che alla BBC , abbiano ribadito in tutti i modi possibili che su l’uso dei famigerati agenti chimici, attribuiti a un bombardamento del regime di Assad, invece non sappiamo nulla, ne se sono stati usati realmente, ne di che tipo sarebbero e ne chi li abbia usati, e che l’unica cosa di cui si avrebbe bisogno sarebbe stata una commissione di inchiesta internazionale ( chiesta da Siria e Russia) i due giornalisti de La Repubblica ancora lasciano dire al loro eroe sunnita le seguenti affermazioni “Si ero disperato, piangevo senza sosta mentre provavo a salvare quel povero bambino e correvo il più veloce possibile verso l’ambulanza. Respirava a fatica. Mentre scappavo e piangevo sempre più forte, ho pensato al gas sarin che ha soffocato i poveri bambini di Khan Shaykun lo scorso 4 aprile. Quel giorno ho visto tanti piccoli morti, ma sono arrivato tardi e non ho potuto salvare nessuno. Stavolta invece una vita l’ho salvata, il destino ha voluto che io fossi lì“. Dando essi ancora per scontato quella presunzione di uso e di colpevolezza che nessuno fino ad oggi invece ha mai dimostrato con prove scientifiche come correttamente appunto ha detto Peter Ford alla BBC. Ma e ammissibile leggere questo giornalismo sul primo quotidiano italiano?
INTERVISTA ALLA BBC DELL’EX AMBASCIATORE BRITANNICO PETER FORD IN CUI DICHIARA CHE NON SAPPIAMO NULLA SULLA VERITA’ DELLE ARMI CHIMICHE E ALTRE COSE ASSOLUTAMENTE IMPORTANTI CHE LA NOSTRA STAMPA NON HA MAI NEMMENO APPENA CITATE
IL SUNNOGRAFO; MITOLOGICA CREATURA META’ FOTOGRAFO META’ COMBATTENTE, META’ INDIPENDENTE META’ OPPOSITORE SUNNITA
A leggerne le dichiarazioni in questo articolo poi ci rendiamo conto che questo eroe sunnita è uno di questi quasi mitologici personaggi, come gli ambiguissimi caschi bianchi, istituiti e formati da un ex soldato britannico, che si trovano ovunque sempre al posto giusto e nel momento di una strage o di un attacco. Comunque se fosse anche arrivato tardi di qualche ora sul luogo di un utilizzo di gas sarin bisognerebbe dire al bell”eroe indipendente sunnita, che è cosi piaciuto ai nostri due giornalisti, e dirlo anche a loro , che il Gas Sarin lo avrebbe ucciso quella volta se fosse stato veramente sui corpi delle vittime, anche ore dopo. Per semplice contatto con con quei corpi o per inalazione dell’aria del posto.
Per chi ne abbia desiderio poi qui ho linkato il video completo girato durante l’attentato all’autocolonna dei civili sciiti contro cui è stato fatto l’attentato. Potrete vedere che molte persone corrono infine con dei bambini in braccio, in occidente però è stato eroicizzato solo quello adatto per una serie di motivi, non da ultimo il suo apparire molto occidentalizzato, capelli lunghi e sciolti, macchina fotografica in mano, che ne fanno una interfaccia iconologica perfetta del Sunnita anti Assad che però salva bambini nemici. Certo c’è anche il suo pianto a fare una differenza degna di cronaca. Ma s’è fatto tardi e tanto non si va da nessuna parte.
Ormai si è fatta notte, sono uscito dal bar dove è iniziata questa riflessione ore e ore fa. Sono a casa, ai piedi della montagna. Sto guardando Marzullo che manda la sua intervista in memoria di Piero Ottone, storico giornalista e direttore del Corriere della Sera, scomparso tre giorni fa, accendo la televisione proprio mentre Ottone soavemente sta dicendo che il giornalismo dovrebbe stare attento a non essere gridato e sensazionalistico, ma profondo e rigoroso, che in italia ci sarebbe bisogno di giornali di cui il pubblico potesse fidarsi, è una intervista di circa 20 anni fa . Lezione che mi rendo conto non è stata raccolta e non ha avuto evidentemente troppi allievi.
No, non è apologia sunnita quella di questo articolo di Repubblica, spero, anche se poi è acqua che finisce in quel mulino, come se il cattivo giornalismo avesse una corda interiore di empatia con gli scopi della propaganda, si , dopo aver ascoltato Ottone penso che si tratta piuttosto di sciatteria, una sciatteria triste e gravida di pesanti conseguenze però, perché finisce con l’inquinare la capacità di ragionare di milioni di italiani. Segno di un paese atrocemente regredito e senza più guide intellettuali.
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Note: 1 Di giornalista che lavora in una zona di guerra al seguito di un esercito, accettandone la protezione ma anche le limitazioni imposte alla propria libertà di movimento e di espressione.