CONCLUSE LE CONVERSAZIONI ROMANE
Si sono conclusi ieri i 4 appuntamenti romani – che continuano invece a breve nel suggestivo scenario di Capri- delle conversazioni, ideate da Antonio Monda e Davide Azzolini, aventi come tema quest’anno, XI° edizione, la “diversità” , presso la RAI nella Sala degli Arazzi ( cosi chiamata perché ospita 3 meravigliosi e giganteschi arazzi fiamminghi del 1565 ) che hanno visto Sergio Castellitto e Margaret Mazzantini, Edoardo Albinati, Niccolò Ammaniti e infine
Ieri l’ultimo incontro che, per me, è stato il più bello, il più intenso, con Pupi Avati, il quale ha letteralmente travolto il pubblico e Antonio Monda con un flusso narrativo filosofico straripante, tra Bergman, Proust, cultura contadina con le sue immaginazioni e le sue paure, fellini, la pittura fiamminga, in questo caso il celebre dipinto del maestro Jan van Eyck , il ritratto dei coniugi Arnolfini, quadro al quale Avati ci ha raccontato come vada ad attingere spavento quando ne ha bisogno per alimentare le proprie immaginazioni, e infine il racconto, sollecitato da un ultima domanda di Monda proprio sulla questione, sulla vicenda della storia di Salò e le 120 giornate di sodoma, di Pasolini, di cui Avati è stato sceneggiatore e che per una vicenda di fallimento della prima casa produttrice che doveva realizzare il film, in principio tutt’altra cosa da come noi lo conosciamo, è stato per questa sceneggiatura, come ci ha con grandissima ironia raccontato, pagato tre volte al prezzo pero di non essere accreditato nei titoli del film in quanto appunto il suo nome era scritto nella sceneggiatura compresa nel fallimento della prima casa di produzione. Così Avati ci ha restituito, quasi come degli affreschi appena scoperti, delle pitture mnemoniche della casa romana di Pasolini dove il poeta viveva con la madre e una cugina, e dove Avati aveva passato alcune serate a scrivere le 120 giornate di Sodoma, raccontando inedite scene di vita familiare in cui da una stanza la madre di Pier Paolo chiedeva cosa preferissero mangiar per cena mentre dall’altra parte del muro si immaginavano e discutevano ad alta voce le prelibate efferatezze delle centoventi giornate.
Monda, tra le varie cose, chiede ai tutti suoi ospiti di scegliere un film, il proprio film preferito, cosi come chiede un libro, e come chiede di confessare quale è quello che in america si definisce un guilty pleasure, – per Avati “Via col vento“- ; Avati ha portato come film preferito il bellissimo “il posto delle fragole” , e su questo bellissimo film ha aperto una riflessione-confessione sulla vita come memoria, come percorso entro un quadrante ellittico delle fasi del tempo dell’esistenza umana, come un segreto ritorno al punto di partenza, come terribile divaricazione costante e progressiva tra corpo e essere o anima o spirito o Io che dir si voglia, fino a raccontare, in un momento particolarmente toccante, di questo suo desiderio nel momento del sogno-veglia, di vedere se stesso tornare a casa e trovare ancora i suoi genitori che lo aspettano per cena. Insomma un uomo alla soglia degli 80 anni, che parlava di arte, ma soprattutto che parlava, a mio avviso, di quel prepararsi alla morte che è la vita del filosofo come dell’artista tramite l’elaborazione, permette una sintesi poetica, della bellezza nell’arte e nel pensiero. Raccontando al pubblico, rapito dalla sua fabula, e anche da doti istrioniche notevoli, una fiaba che gli veniva raccontata da bambino, per restituire l’incantesimo di una società pre-mediatica, in cui sono cresciuti i grandissimi protagonisti della cultura del 900 , e tramite questo espediente illustrando il modo in cui la paura suscitata dal terribile di cui erano ridondandi le fiabe alimentava le immaginazioni che in qualche caso poi diventavano sorgenti di anche grandissime opere d’arte ( pensiamo al settimo sigillo di Bergman per esempio) Per poi andare a rivedere insieme al pubblico, Monda e Avati, alcuni fotogrammi del tuffo nel tevere di Accattone, che giustamente Avati ha riconosciuto come un capolavoro di poesia assoluta. Questo solo per dire alcune delle cose che mi sono restate impresse. Tale è stato l’interesse suscitato in me da questo 4° incontro, per la forza dell’autenticità e del portato esistenziale e artistico di Avati, che, tornato a casa, ho passato il resto della serata, fino a notte fonda, a riguardare e anche a ripensare alla luce delle nuove suggestioni con immenso piacere la scuola pittorica dei fiamminghi, a riguardare cose su Bergman e Pasolini e a quant’altro evocato dalla Conversazione a cui avevo assistito: ora quando un evento culturale con-muove in questo modo, riaccendendo un meditare e desideri gnoseologici , sete di sapere, allora possiamo realmente parlare di Mission Accomplished, dello scopo delle Conversazioni.
Tre gli incontri che hanno preceduto l’ultimo con Avati, il primo con Sergio Castellitto e Margaret Mazzantini, poi con Edoardo Albinati e infine con Niccolò Ammanniti. Tutti interessanti e fertili di spunti e suggestioni, ma per me soprattutto interessante , è una cosa assolutamente soggettiva, quello con Castellitti e Mazzantini, ovvero La conversazione dove si è mostrato il rapporto tra una coppia di due artisti, uno regista/ attore e una scrittrice/attrice, legati nella vita come nell’arte, che in qualche modo rappresentano anche il fondamentale rapporto tra immagine e parola, rapporto entro cui si gioca proprio una diversità cruciale, quella tra l’uomo e gli animali, ovvero la capacità simbolica, laddove è proprio tra immagine e parola che è situata la sorgente di ciò che è umano, la sua irriducibile natura di diverso, quindi centrando completamente il tema, essendo le immagini comuni a tutte le creature, e la parola invece disperatamente solo umana. E’ proprio in questo dialogo in cui “l’anima si affatica in se stessa intorno agli enti” come scriveva Platone nel Teeteto, che sorge l’umano. Incontro questo in cui si poteva riflettere per risonanza simpatica al racconto del come del loro rapporto tra letteratura e cinema, proprio sul movimento fondante l’essere umano, ovvero il suo continuo processo di metabolizzazione simbolica dell’immagine raccolta dagli occhi è trasformata in significato dal logos.
Il format de Le Conversazioni è agile e leggero, sapientemente tenuto in una durata di ogni incontro di un’ora e mezza che passa senza che ce se ne accorga, lasciando piuttosto affamati che sazi di ascolto, il tempo di raggiungere la quota è già si è in fase di atterraggio, come in quei piacevolissimi viaggi aerei tra vicine città. L’argomento, quest’anno, come già ripetuto, la diversità.
è via via la meta teorica, la coordinata della rotta, di ogni edizione, ma in realtà il viaggio è un viaggio da cui ci affacciamo proprio come da un oblò di aereo sulle orografie interiori degli artisti che vengono a raccontarsi sapientemente interrogati dalla maieutica di Monda, insomma non troverete esaurito dialetticamente l’argomento delle conversazioni tramite gli artisti che vi convengono ma piuttosto troverete il farsi di un ritratto degli artisti tramite l’argomento, ed è giustissimo, poiché mentre è possibile uno sguardo d’altura assolutamente interessante ed evocativo, stimolante a ritorni personali sulle cose che via via emergono, sulle officine mentali degli artisti, in uno scorcio temporale cosi breve sarebbe impossibile affrontare realmente in senso filologico e filosofico questioni cosi specifiche quanto vaste come -la diversità- , dunque via via l’argomento deciso da Monda e Azzolini alle varie edizioni, è piuttosto uno fuoco prospettico da cui possiamo innalzare i volumi ontologici degli artisti incrociando sulla pianta disegnata dalle loro narrazioni interrogate in parte su una griglia per tutti uguale e in parte appunto sulla scorta del tema di volta in volta diverso di ogni edizione. Sono incontri questi delle Conversazioni interessanti per chiunque, ma lo sono moltissimo per chi vive nella dimensione della cultura come proprio ambiente naturale , è una conversazione “ligth” tra artisti ed intellettuali, un dialogo moltissimo fatto di citazioni, citazioni di cui Walter Benjamin auspicava addirittura una lingua, in cui sognava interamente redarre un libro, per cui Le Conversazioni sono incontri estremamente fecondi per chi ha fatto della cultura e dell’arte una vera e propria lingua madre.
Per i fortunati che si troveranno a Capri, Le Conversazioni continueranno li con questa agenda : 24/06 Valeria Luiselli 25/06 Donato Carrisi 26/06 Gary Shteyngart 01/07 Erica Jong 01/07 Hanan Al-Shaykh 02/07 Garth Risk Hallberg 03/07 Marlon James.
A questi fortunati auguriamo un buono ascolto e a Monda e ad Azzolini, ringraziandoli, un buon proseguimento.