Sembra una di quelle notizia da blog acchiappaclick o una boutade per nulla simpatica. E invece no: è proprio tutto, tragicamente e scandalosamente vero, pubblicato direttamente sul sito ufficiale del nostro Ministero dell’Interno. Qui potete scaricare e leggere l’incredibile bando pubblico, che ha una durata di appena 9 giorni, e si rivolge a giornalisti professionisti che vogliano occuparsi, a titolo “assolutamente gratuito”, della comunicazione per il dipartimento dedicato, udite udite, alle “Libertà civile ed all’immigrazione”.
Ma non basta essere iscritti all’albo dei professionisti. Al Ministero della schiavitù ci tengono anche ad elencare altri requisiti non negoziabili da tenere presenti prima di presentare la domanda. In particolare si richiedono:
- Esperienza lavorativa documentabile di almeno 3 anni nel settore dellacomunicazione e dell’informazione maturata nell’ambito della Comunicazione istituzionale presso le Pubbliche amministrazioni e/o presso questa Amministrazione
- Ottima conoscenza della lingua inglese.
Certo, si legge più sotto tra gli elementi che garantiscono l’ottenimento di ulteriore punteggio nella valutazione, è consigliabile avere anche una laurea e l’immancabile master. All’articolo 5 del documento, per la voce “compenso”, si precisa e ribadisce appunto che l’incarico sarà conferito a titolo “assolutamente gratuito” e che, al massimo, saranno previsti eventuali rimborsi per spese di viaggio, vitto ed alloggio dovute a lavoro fuori dal proprio comune di residenza.
Insomma, è ufficiale e lo prevedono oramai anche i ministeri: un giornalista, anche se professionista, è previsto che lavori come volontario anche per enti pubblici. Un bel pernacchio al buon Enzo Iacopino e a tutti coloro che si sono battuti per la legge sull’equo compenso, che avrebbe dovuto obbligare i facoltosi e pubblicamente sovvenzionati editori a retribuire i propri collaboratori.
A qualcuno è venuto in mente che, magari, quello appena discusso sia il classico “bando ad hoc”, costruito cioè intorno ad una persona specifica; cucito su misura del “professionista” che già si sa di dover prendere. Un mezzuccio vecchio ma ancora diffuso per scavalcare le regole (apparentemente) stringenti sui bandi pubblici e sulle procedure di selezione.
IL MASSACRO DEI DIRITTI SOCIALI DIVENTA UFFICIALE
Chissà se dal Ministero, dopo essere stati tanati, riterranno opportuno e dignitoso produrre un comunicato con relativo chiarimento, anche se ciò che abbiamo letto è decisamente cristallino e non lascia spazio a fraintendimenti.
La possibilità forse concepibile è che, magari, il tutto sia stato redatto da un altro professionista non retribuito che, per ripicca, ha voluto denunciare la sua situazione in maniera originale ed efficace.
Lo so: sono troppo fantasioso, probabilmente, ma in tal caso la mia fantasia è un po’ una speranza. La speranza che questo paese non sia sul serio caduto così in basso da formalizzare e concepire simili scempi della dignità umana, stuprando i diritti sociali di base per tutelare quelli civili.
Aspettiamo, comunque, di vedere la notizia pubblicata anche su quelle grandi testate che da una porcata simile potrebbero trarre giovamento, trovando un egregio precedente di non retribuzione anche all’interno di un Ministero, con tanto di bando pubblico. Chissà a tal proposito cosa avrà da dire Alfano, tanto ossessionato dai diritti della presunta “famiglia naturale” quanto naturalmente portato a dimenticarsi quelli al lavoro retribuito.
UN MESSAGGIO PERICOLOSO PER TUTTI I LAVORATORI
Ma attenzione, perché questo bando non è uno scandalo solo per i giornalisti professionisti, ma per qualsiasi categoria di lavoratore qualificato e non. Oggi tocca infatti ai cronisti, domani la prestazione a “titolo gratuito” potrebbe riguardare impiegati sanitari, medici, avvocati, commercialisti, netturbini, muratori, operai specializzati e non. Quando un ente pubblico, adducendo ragioni di “ristrettezza economica”, ha il coraggio di richiedere con una bando lo svolgimento di una mansione delicata ed importante a titolo gratuito, manda un messaggio molto chiaro a qualunque categoria di lavoratore: da oggi possiamo prevedere sfruttamento con rimborso spese anche nel settore pubblico, così come accade già in quello privato da anni.
Occhi quindi a non ritenere questo scempio un problema esclusivo dei giornalisti. Sarebbe un errore molto miope.