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Inquinamento e tumori: ecco perché i dati sullo smog valgono zero

Postato il Gennaio 3, 2016 Maria Melania Barone 0

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Abbiamo dovuto aspettare il 2016 per attendere che il vento misericordioso trascinasse via quell’orribile cappa di smog che ci penetrava i polmoni, la pelle e che riempiva il nostro sangue di nanoparticelle. L’aria fredda inoltre non faceva che peggiorare le cose. La nostra pelle è stanca, invecchia prima quando è a contatto con sostanze inquinanti. Ma, a dire il vero, eravamo ancor più stanchi di non poter godere del classico inverno dove l’acqua o la neve cade dal cielo e lascia l’aria fresca come una rosa, anche troppo umida a volte, quell’umidità che entra nelle ossa ma che ci aiuta a tenere puliti i polmoni e il nostro cervello. E per fortuna che l’Italia ha sempre un’umidità altissima, se invece l’Italia fosse come la Cina? Probabilmente saremmo tutti morti.

Invece no. Ci siamo dovuti sorbire prima Oscar Giannino che ha cominciato a pompare gli italiani con sacrosante critiche alle misure anti-inquinamento ritenute insufficienti visto che nella capitale vengono obbligate al pargheggio “solo i catorci”, cioè le auto precedenti alle euro 4. E questo forse è vero.

NANOPARTICELLE E SALUTE – Però è pur vero che lo scandalo VolksWagen avrebbe dovuto insegnarci che i motori veramente puliti non esistono. Anche perché, come insegna il Prof. Montanari in un suo articolo per IlFalsoQuotidiano.it, è proprio il principio di disintegrare le particelle più “grandi”, in particelle molto più piccole (le cosiddette nanoparticelle) ad essere sbagliato: Contrariamente a quanto si pensa, questo meccanismo, finisce per creare ulteriori danni all’ambiente e alla salute. Ne risulta infatti avvantaggiata la dispersione delle nanoparticelle e la più rapida diffusione all’interno del nostro organismo. Le nanoparticelle infatti possono penetrare tranquillamente la nostra pelle, già stanca e priva di tono.

E così, all’ottimismo di Giannino, si unisce anche Veronesi, il paladino della dieta vegetariana, lo spauracchio del cancro che ci informa che “il fattore primario per lo sviluppo dei tumori è il fumo di sigaretta”. Ancora una volta quindi, lo smog non c’entra, i fattori ambientali nemmeno, ma gli stili di vita.

Favolette che in Terra dei fuochi sono però stanchi di sentire. Eh sì perché in Terra dei fuochi, dove i tumori sono il doppio o anche il triplo rispetto ad altri comuni italiani, sanno che le nanoparticelle sprigionate dalla combustione di rifiuti o dall’intombamento degli stessi, sono la causa veramente primaria del cancro.

Come scrive lo stesso Stefano Montanari: “Che il fumo di tabacco faccia ammalare è un fatto indiscutibile, ma ciò che il professore ignora è che le polveri, quelle di dimensione più piccola che stanno diventando ogni giorno più comuni, restano nei polmoni solo pochi secondi e lì, agendo per un tempo così limitato, non riescono a fare guai particolari. Poi, dopo quei pochi secondi, entrano nel sangue e, con il sangue, se ne vanno ovunque nell’organismo provocando malattie cardiovascolari, cancri della natura più disparata, aborti, malformazioni fetali e, insomma, tutta la lunga serie delle cosiddette nanopatologie. Se il professore dedicasse un po’ di tempo allo studio invece di pontificare da “lei non sa chi sono io”, forse non sparerebbe sciocchezze.”

CENTRALINE “TAROCCABILI” – Quando una centralina che rileva l’inquinamento ti dice che in città lo smog  e le polveri sottili sono anche 45 volte superiori ai limiti di legge, non ti viene detto che composizione hanno queste particelle, né tantomeno, la loro capacità di indurre le malattie nel corpo umano.

Lo scopritore delle nanopaticelle è appunto, il già citato Stefano Montanari che ha spiegato come il filtro antiparticolato è “un aggeggio che peggiora, e non di poco, la situazione sanitaria liberando polveri molto più fini di quelle che uscirebbero se il filtro non ci fosse, ma l’importante è che le centraline emettano sentenze confortanti. E con quell’apparecchio, capace com’è di volatilizzare i residui carboniosi, le centraline che valutano le polveri sono gabbate.”

Andando nel tecnicismo quindi, la situazione è la seguente. Ciò che segue sono i fattori di inefficienza delle centraline che sarebbero deputate alla rilevazione di sostanze inquinanti nell’aria e, quindi, dello smog:

  • Le centraline usate dall’Arpa si limitano “a pesare le particelle con un diametro (diametro aerodinamico) pari o inferiore a 2,5 micron contenute in un certo volume d’aria, e si ferma lì. Le particelle con un diametro 10 o, ancor di più, 100 volte più piccole risultano in questo modo scarsamente rilevanti per la misura che ne esce, mentre sono proprio quelle ad essere più patogene e sono proprio quelle ad essere sempre più presenti nell’aria”.
  • La centralina è in grado di rilevare il peso del carbonio organico totale (TOC), ma non le infinite varietà di composti carbonio in grado di incidere in modo differente e con differente intensità sulla salute umana, sui vegetali e sugli animali.
  • Non attua alcuna differenza sui tipi diversi di metalli pesanti;
  • non attuando alcuna distinzione sui vari composti e sul loro stato fisico, non è in grado di determinarne la tossicità. Come precisato da Montanari: “la tossicità di un elemento varia non poco con il suo stato fisico. Una particella di alluminio, ad esempio, è infinitamente più tossica dell’alluminio in stato atomico e la tossicità si estrinseca in un modo molto diverso”.
  • Incapacità delle centraline di rilevare in maniera continua diossine e furani, sostanze che, tra loro, si somigliano.

TAROCCABILITA’ – La “taroccabilità”, termine che mettiamo tra virgolette, consiste non tanto sui fattori di inefficienza, quanto sulla posizione della stessa centralina. Se la centralina viene posizionata in un posto anziché in un altro, si avranno, inevitabilmente, dati differenti. Scrive lo scienziato: “Nell’ormai lontano marzo 2010 addirittura Il Corriere della Sera, giornale certo non definibile come rivoluzionario, pubblicò un articolo in cui si riportavano deviazioni fisse tutt’altro che trascurabili dai dati reali per le centraline lombarde con deviazioni anche del 40%”.

TERRA DEI FUOCHI – Come più volte detto e denunciato, sono solo alcuni medici a insistere sul fattore ambientale come causa primaria dei tumori oltre, naturalmente, alle vittime innocenti. Fino ad oggi, il Sistema Sanitario Nazionale non si era mai espresso, salvo pubblicare uno studio, ripreso da Arpa Toscana e, successivamente, riportato da Antonio Marfella, dirigente dell’Istituto Tumori fondazione Pascale di Napoli nonché nonché Presidente ISDE, che ha un blog su Il Fatto Quotidiano.

Dopo questo studio che evidenzia l’aumento della mortalità infantile dei bambini nella Terra dei Fuochi è successo qualcosa di insperato: “l’ammissione, da parte dei medici del Sistema Sanitario Nazionale, della stretta correlazione tra “fattore ambientale” e comparsa di tumore”. Quella che sembra un’equazione logica infatti, è stata più volte negata dalla stessa Ministra Beatrice Lorenzin che, non molto tempo fa, si rivolse ai napoletani e alla stranissima incidenza di tumori affermando, senza la benché minima titubanza che quei tumori erano frutto “degli stili di vita”.

SOLUZIONI – Anche per questo Montanari ha le idee chiarissime e perfettamente in linea con quelle di molti ambientalisti, medici per l’ambiente e giornalisti della Terra dei Fuochi.
“E, allora, che fare? La soluzione più comunemente accolta è quella di prestare fede a chi promette miracoli attuando questa o quella contromisura, pur se quella contromisura (per esempio la riduzione temporanea del traffico) non ha mai dato esiti favorevoli. O, quando la fantasia per i miracoli è arrivata all’esaurimento, prestare fede a chi racconta panzane sussurrando che le cose stanno migliorando.

Di fatto, non esistono possibilità che esulino da sangue, sudore e lacrime, per usare un’immagine partorita da Winston Churchill. Bisogna ridurre la quantità di rifiuti prodotti perché una fetta non indifferente dell’inquinamento atmosferico viene dal loro incenerimento, e bisogna vietare l’uso di materiali incompatibili con l’ambiente come, ad esempio, il PVC, la plastica più usata da noi. Bisogna migliorare l’efficienza dei motori, perché moltissima energia contenuta nei carburanti viene sprecata, e, dei carburanti, bisogna pure migliorare la chimica. Bisogna imparare a centellinare l’energia, perché quella viene prodotta nella maggior parte dei casi bruciando petrolio o carbone, e bisogna smettere di dare permessi di costruire impianti demenziali come quelli a biomasse, ricordando che l’Italia ha un potenziale di produzione energetica più che doppia rispetto all’energia che impiega di fatto, e che quel tipo d’impianti serve solo a convogliare denaro pubblico nelle tasche di qualcuno. Sangue, sudore e lacrime per tutti ma anche un freno alla corruzione e alle ruberie che sono spesso all’origine di almeno parte dell’inquinamento. In definitiva, bisogna cambiare stile di vita.”

L’INUTILITA’ DELLE TARGHE ALTERNE – Abbiamo capito che non è la pioggia, dunque, a ripulire integralmente l’aria dallo smog, né tantomeno possiamo sperare che con le targhe alterne risolviamo il problema. Quindi non ce ne facciamo nulla delle imprecazioni di Giannino contro quei sindaci che vietano la circolazione solo dei catorci perché la verità è che i filtri di nuova generazione, sono in grado di scomporre le sostanze inquinanti in sostanze ancora più piccole. L’assenza di rilevazione delle stesse sostanze deriva piuttosto dall’incapacità dei macchinari utilizzati rispetto alla grandezza delle nanoparticelle. Quelle infinitamente piccole e quindi, infinitamente più pericolose, non sono rilevabili. Ecco perché anche la decisione del sindaco di Genova Marco Doria, di costringere le vespe genovesi d’epoca a restare in garage, risulta del tutto inutile.

Se camminassero i catorci e le nuove auto restassero a casa sarebbe meglio? Forse si.

 

Autore

  • Maria Melania Barone
    Maria Melania Barone

    Giornalista pubblicista nasce a nel cuore di Napoli ma vive in molte città italiane, dopo aver compiuto studi umanistici si interessa al mondo editoriale con particolare attenzione alla politica, ambiente e geopolitica.

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Maria Melania Barone

Giornalista pubblicista nasce a nel cuore di Napoli ma vive in molte città italiane, dopo aver compiuto studi umanistici si interessa al mondo editoriale con particolare attenzione alla politica, ambiente e geopolitica.


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