Neonazisti che accerchiano minacciosi un centro accoglienza per profughi. Abitanti che approvano. Poi, scontri con la polizia. Infine, l’intervento pubblico – tardivo – di Angela Merkel che condanna l’accaduto con due parole, «vergognoso» e «ripugnante». E’ cronaca di questi giorni. E’ accaduto ad Heidenau, una cittadina di poco più di sedicimila abitanti in Sassonia. Tutto è partito da qui, non molto distante da Dresda, la città dove è nato di recente il fenomeno collettivo “Pegida”, un movimento di cittadini contro il presunto rischio di islamizzazione, non immune da sospetti di commistioni con la destra radicale.
Lo scorso fine settimana gruppi neonazisti sono scesi in strada e hanno preso di mira un centro allestito in tutta emergenza ad Heidenau per accogliere circa 600 profughi stranieri in cerca di asilo. I protagonisti dei disordini si sono spinti fino ad attaccare la polizia che aveva formato un cordone a protezione del centro.
Un episodio che in Germania ha attirato l’attenzione della stampa nazionale. Le reazioni politiche non sono tardate. Prima, quella del vicecancelliere Sigmar Gabriel: sua l’espressione Pack, “gentaglia”, rivolta ai manifestanti di Heidenau. Poi è intervenuto anche il presidente tedesco Joachim Gauck, che ha evocato l’immagine di una Dunkeldeutschland, di una “Germania buia” che sta affiorando. Le parole di condanna di Angela Merkel, invece, si sono fatte attendere – anche troppo, a detta di molti utenti di twitter, artefici dell’hashtag #merkelschweigt, “Merkel tace”. Solo nella giornata di lunedì la cancelliera ha etichettato «vergognoso» il fatto che «i cittadini, persino famiglie con bambini, fossero scese in strada per sostenere questo fenomeno inquietante». Una reazione tardiva, per alcuni commentatori. A questo punto Angela Merkel non si è potuta esimere dal recarsi in visita nella cittadina. Qui è stata accolta da cori di buuh e da un sottofondo di clacson. Il suo arrivo era annunciato e su Facebook gruppi di destra avevano invitato a queste forme di protesta. Al passaggio della cancelliera sono partiti gli slogan: “traditrice del popolo”, “noi siamo la gentaglia”, “per il popolo tedesco”.
Gli attacchi contro i centri che ospitano profughi e migranti sono però un fenomeno che va oltre una singola notizia. Le cifre parlano di una tendenza che ha conosciuto nella storia recente tedesca fasi di latenza e altri di vera e propria virulenza. Secondo il ministero degli interni, soltanto nella prima metà di quest’anno, si sono verificati oltre 200 azioni violente rivolte contro centri per richiedenti asilo. La gran parte è da ricondurre a gruppi della destra radicale.
Un’indagine condotta per iniziativa della Süddeutsche Zeitung e di due reti televisive ha scoperto però che esistono più casi di quelli registrati nelle cifre ufficiali del governo federale. Per il 2014 sono venuti fuori altri trenta episodi di cronaca che non erano stati conteggiati nelle statistiche nazionali. I dati del governo non coincidono con quelli forniti dalle autorità dei Länder. Il ministero degli interni si giustifica attribuendo la causa della discrepanza al ritardo con cui vengono comunicati i dati o alla classificazione sotto altra voce di questi episodi. Anche nei primi tre mesi di quest’anno il numero reale dei casi sarebbe di 96 non di 71 come afferma il governo. Cifre, in ogni caso, che mostrano una tendenza all’aumento rispetto allo scorso anno.
Un parlamentare locale della Spd nel Landtag della Sassonia accusava in questi giorni le autorità di sottovalutare il potenziale dell’estrema destra. Ma Heidenau non è un caso isolato. In questi giorni si sono verificati nel giro di sole 48 ore altri quattro casi. A Nauen, nel Brandeburgo, nella notte di martedì, è stato dato alle fiamme un edificio che avrebbe dovuto ospitare un altro centro di prima accoglienza per un centinaio di richiedenti asilo. Per gli inquirenti non ci sono dubbi, si tratta di un incendio deliberato. Le fiamme sono divampate mercoledì anche in un’ala di una ex clinica psichiatrica di Berlino, individuata – guarda caso – come possibile struttura per ospitare profughi. In un’altra località, a Parchim nel Mecklenburg-Vorpommern, due uomini ubriachi sono entrati armati di coltello in un centro per rifugiati. La polizia li ha arrestati prima che potessero rendersi pericolosi. Le fiamme si sono viste anche a Lipsia, anche qui è stato preso di mira un centro per stranieri in attesa di risposta alla domanda di asilo. Di tutti questi episodi, in media, solo un quinto viene effettivamente perseguito dalla giustizia. Solo per 16 dei 71 casi registrati ufficialmente dal governo nel primo trimestre 2015 è stato possibile accertare le responsabilità degli attentatori. Troppo poco se si pensa che quasi ogni giorno le cronache riportano notizie di aggressioni e incendi, soprattutto nei Länder meridionali e in quelli dell’est.
Il problema è che esiste un confine fluttuante tra la violenza esplicita di diversi gruppi politici nella galassia neonazista e un clima di crescente xenofobia nell’opinione pubblica. I casi di comitati cittadini che chiamano a iniziative di protesta contro l’accoglienza dei migranti sono tutt’altro che rari. E’ facile imbattersi in petizioni online, come è accaduto per gli abitanti di un paesino di ottocento anime, Winden am Aign, «preoccupati» per l’arrivo di cento o più stranieri. Le autorità hanno deciso di dimezzare il numero dei profughi, ma per i cittadini erano ancora troppi. Sulla pagina web del comitato sono iniziati a comparire post allarmanti che riportavano presunti episodi di stupri a opera di Asylanten avvenuti in altre località della Germania. Alla fine, a metà giugno, degli sconosciuti hanno appiccato il fuoco al centro che avrebbe dovuto accogliere i profughi. Casi del genere si ripetono con sempre maggiore frequenza, sempre con la stessa dinamica. Prima vengono le proteste dei cittadini, i comitati, le petizioni, il passaparola, il contagio della paura di un’invasione, poi – quando il clima è propizio – arrivano puntuali le fiamme e le aggressioni.
Un’ondata analoga, se non maggiore per intensità, c’era già stata negli anni Novanta. Da qualche anno, il fenomeno si è nuovamente acuito, stavolta con un aspetto preoccupante: il rischio di una contiguità tra l’anima più conservatrice dell’opinione pubblica tedesca con il protagonismo violento della destra radicale. Con i suoi atti, quest’ultima fa da cassa di risonanza a comitati e movimenti, accomunati tra di loro dallo slogan del Nein zum Heim, “no a casa nostra”.
«Non ci sarà nessuna tolleranza per coloro che mettono in discussione la dignità di altre persone e altri cittadini», ha assicurato Angela Merkel. Ma ci sono molti dubbi sulla sua politica. Troppe esitazioni, tentennamenti, ritardi. Aperture giuridiche per i migranti in cerca di asilo non ce ne sono. La cancelliera si limita ad auspicare che gli esami delle domande vengano condotte dalle autorità in tempi ragionevoli. Questo è tutto.