È sabato pomeriggio, l’orologio sta quasi per segnare le 14. Al mercato dell’Alberone, quando il rumore delle saracinesche che s’abbassano sovrasta il vociare dei commercianti, Francesco e Yacouba prendono a spingere con tutte le loro forze una pila di cassette piene di verdura e frutta.
È da tre mesi che ogni sabato, a orario di chiusura, compaiono nell’area mercatale a ridosso di via Appia Nuova. Hanno su per giù sulla trentina d’anni. Il primo è un antropologo africanista, l’altro invece è un rifugiato della Guinea Conakri, paese dell’Africa occidentale che da un decennio annega tra instabilità politica, epurazioni etniche e guerriglie fratricide. Le cassette che trascinano a mano sull’asfalto gliele hanno messe da parte i mercatali. C’è un po’ di tutto al loro interno: zucchine e peperoni, bietole, insalata e finocchi… Prodotti “stanchi”, oppure invenduti. Dall’aspetto ancora turgido e dai colori accesi. Roba che finirebbe nei bidoni della spazzatura, se non ci fossero loro due a redistribuirlo gratuitamente. Qualcuno, a vederli raccogliere cibo per gli altri, facendo più volte su e giù per il mercato e senza guadagnarci nemmeno un centesimo, li ha ribattezzati gli angeli dell’Alberone. C’è anche chi non si sforza nemmeno di capire, girandosi dall’altra parte. “Fa parte del gioco – taglia corto Francesco – Prima erano molti di più quelli che non ci vedevano nemmeno…”.
Con una bilancia che si son portati dietro da casa, Fabio prende a pesare tutti i prodotti accumulati. Lo fa salendoci su con le cassette in mano. Poco dopo la sua faccia s’illumina: “Oggi abbiamo raccolto 120 chili, altre volte ne raccogliamo anche 180 – spiega – La media adesso è ottima, basti pensare che quando abbiamo iniziato, qualche mese fa, raccoglievamo appena un’ottantina di chili al giorno”. Nemmeno il tempo di finire il concetto che attorno al banchetto improvvisato in strada, con un cartone ed una scritta a pennarello che annuncia la distribuzione dell’invenduto, si forma un capannello di persone che stringono in mano sacchetti di plastica vuoti e vecchie borse per la spesa. Tra loro si fa largo il garzone della panetteria che porta con sé un sacco pieno. “C’è anche il pane di ieri, ma è ancora morbido. Va bene lo stesso, no?”.
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La lancetta segna le 14: l’ora in cui inizia la seconda vita del mercato romano dell’Alberone. Un’attività parallela e silenziosa, lontana dal brulicare frenetico che anima via Appia Nuova. A partecipare sono uomini e donne ritenuti ai margini della società: pensionati e invalidi che a malapena arrivano a fine mese, badanti dell’Est europeo e famiglie africane, uomini e donne che con la crisi non ce la fanno a sbarcare il lunario. Non solo. S’affacciano al banchetto della distribuzione anche i curiosi, quelli che fanno parte del ceto medio e che ne vogliono saperne di più. C’è chi sbircia, chi annuisce e se ne va; oppure chi ferma la bici al marciapiedi e porta via simbolicamente qualcosa. Anche questo, dopo tutto, è un segno d’approvazione. Per sostenere il lavoro di Fabio e Yacouba. Aiutare chi è in difficoltà è solo uno degli aspetti di quest’iniziativa: l’obiettivo è molto più ambizioso, ed intende abbattere lo spreco alimentare attraverso piccoli gesti quotidiani, in grado di poter innescare col tempo una grande rivoluzione culturale.
Quella degli angeli dell’Alberone sembra la classica, inutile goccia nel mare. Eppure – è il ragionamento dei volontari – da qualche parte bisognerà pur cominciare, per far breccia nella coscienza dei cittadini. In Italia lo spreco alimentare è quantificato in cifre impressionanti: se si somma quello domestico a quello industriale e dei campi, si sfiora quasi un punto percentuale di Pil (0,98). Secondo una recentissima indagine del progetto Reduce 2017, condotta dal Ministero dell’Ambiente con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari dell’Università di Bologna e con SWG, sono 15,5 i miliardi di euro di beni del settore alimentare che ogni anno finiscono nella spazzatura, con una crescita esponenziale degli sprechi nel periodo natalizio che per il Codacons nel 2017 ha fatto finire nelle discariche il 20% delle pietanze presenti sulle tavole. Una vera e propria emergenza, denunciata da 4 anni a questa parte durante la Giornata Nazionale di Prevenzione dello Spreco alimentare, cui anche la politica ha cercato di porre un freno con una prima legge nazionale (la 166 del 2016) che prevede, tra l’altro, sgravi fiscali sulla TARI alle aziende che si adoperano nella ridistribuzione gratuita di prodotti alimentari e farmaceutici. Una normativa, voluta “a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi”, che però sarebbero davvero in pochi a rispettare. Almeno stando ai dati ufficiali sullo spreco alimentare.
Dopo Torino e Milano, dove dalle fasi sperimentali della primavera si è passati ad una raccolta sistemica e collaudata dei prodotti invenduti, le campagne contro lo spreco alimentare a settembre sono arrivate anche nella capitale. La pioniera dell’iniziativa si chiama Viola de Andrade Piroli: da sola ha deciso di voler ripercorrere l’esperienza torinese avviata da Paolo Hutter, il fondatore della onlus Eco dalle Città con un passato da assessore all’ambiente nel capoluogo piemontese che nel mese di maggio di quest’anno, al mercato di Porta Palazzo, ha per la prima volta messo insieme un gruppo di volontari (le “sentinelle dei rifiuti”) per distribuire gratis l’invenduto. E, come accaduto a Torino, con la partecipazione attiva degli “ecomori” – i rifugiati e richiedenti asilo ribattezzati così grazie all’ironica crasi dei termini ecologico e mori – anche a Roma si è creata una piccola squadra di volontari di cui fa parte Yacouba. “Per lui è un buon modo per socializzare e per migliorare il suo italiano giorno dopo giorno” spiega Viola. “La sua è voglia di integrazione, certo, ma anche di realizzare un sogno: quello di poter portare un giorno nel suo Paese le esperienze positive che ha vissuto qui”.
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La scelta dell’area mercatale dell’Alberone, a ridosso di una delle strade dello shopping più conosciute di Roma, non è stata di certo affidata al caso. Prima di partire, tre mesi fa, Viola ha passato al setaccio altri mercati della città: c’è voluta una attenta valutazione del contesto sociale, della fattibilità logistica offerta dall’area mercatale, della sua composizione e della frequentazione abituale. Una sorta di indagine demo-sociografica del quartiere che le ha permesso di muoversi abilmente all’Alberone. “Non è solo questione di solidarietà, ma di integrazione, di lotta allo spreco e di pari opportunità – chiosa Viola – Dal nostro lavoro viene fuori uno spaccato della realtà sociale di questa città, fatta di giovani che si danno da fare, di stranieri che non vedono l’ora di integrarsi, di persone in difficoltà economica, ma anche di tanti curiosi e commercianti che spesso sono dalla nostra parte ed in alcuni casi ci guardano con diffidenza, perché interpretano il nostro operato come una minaccia”. L’obiettivo, adesso, è quello di allargare la rete di volontari ed estendere la raccolta anche alle altre aree mercatali della città: una spinta dal basso che potrebbe innescare un lucido cambiamento in una società assuefatta alla logica del consumismo sfrenato.
Di seguito l’approfondimento Video
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