Gli artisti non vanno considerati persone comuni, l’arte deve essere vista come alchimia, trasforma il punto di vista comune in una visione profetica.
Wang Guangyi “Viaggio in Italia” di Demetrio Paparoni.
Wang Guangyi uno degli artisti contemporanei cinesi impostosi con rilevanza alla considerazione della critica mondiale con il suo ciclo di lavoro “Great Criticism”, una raccolta di opere che utilizza i simboli contemporanei della cultura di massa occidentale e consumatrice, illustrando in maniera critica e satirica la sua visione sprezzante di una società anestetizzata dai dogmi. Guangyi rappresenta l’uomo libero e, in lui, si avverte la continua esplorazione dell’essenza, dell’autenticità e della fede.
In un momento storico complesso e “diluito”, dove spesso vince l’annichilimento di una vita quotidiana figlia di un’epoca indotta al consumismo, dissacrata da guerre, fame, corruzione, dolore di un umanità dall’animo troppo spesso venduto, Wang con il suo linguaggio artistico, libero ma multiforme, con grande abilità, rivoluziona l’arte cinese in maniera decisamente innovativa, le proporzioni attraverso la sua opera, prendono forme completamente nuove e trascendenti, le tinte forti e sgargianti vengono in alcuni casi sovrapposte da una griglia ortogonale che veniva utilizzata dagli artisti cinesi per le proporzioni nelle gigantografie dei Leader.
Il metodo così svelato, abbatte l’eredità della figura del “leader-eroe”, demitizzando, ispirandosi al suo vissuto, Mao Zedong dittatore cinese che viene dipinto sullo stesso piano di una persona comune, così facendo indaga la diversità e la liberazione attraverso i suoi dipinti. Wang in questo modo riporta ad una vigilanza collettiva ed una presa di coscienza verso l’analisi dei meccanismi che ci inducono all’avere fede in qualcosa.
La prospettiva nell’arte non può essere sottovalutata si basa su leggi matematiche che consentono una perfetta rappresentazione delle cose, per studiare ed indagare la natura dell’opera e proprio in questo modo ci porta a riflettere che il vero “punto di fuga” che nella creazione di un’opera rappresenta l’insieme di tutte le linee che convergono in un culmine è l’unione delle menti rivoluzionarie che decidono di essere una voce fuori dal “coro”.
Il libero pensiero è quasi estinto, un utopia culturale per turisti, perché anche se in apparenza non sussiste oppressione, la nostra libertà di espressione è molto spesso limitata, siamo stati abituati come automi verso la non espressione di pensiero, giudicabili ma non giudicanti. Vivere un esistenza come se fossimo entrati in un fardello di obblighi culturali provocati da credenze indotte sotto il nome di un icona da seguire non ci rende forse esposti all’illusoria menzogna che l’uomo bramato dall’esigenza di credere in qualcosa preferisce l’inettitudine di pensiero ad una presa di coscienza?