Nel 2009 riceveva il Nobel per la pace l’appena eletto presidente degli Stati Uniti Obama, nel 2012 viene premiata l’Unione Europea.
Il presidente americano venne insignito, forse a volerlo sospingere verso scelte coraggiose, nel solco della pace e della pacificazione internazionale. Agli altri ‘stati uniti’ invece, quelli d’Europa, il premio a sugellare l’iniziativa gloriosa dell’unificazione europea che tanto progresso ha portato agli stati fondatori e a quelli aderenti che nei decenni si sono aggiunti all’UE.
E’ giunto il momento a beneficio del mondo intero di ripagare i riconoscimenti e i premi ottenuti e per noi Europei è il momento in particolare per le nostre Istituzioni comunitarie.
La crisi siriana, il venir meno dell’argine Libia nel Mediterraneo, Turchia ed Egitto che non si ergono più a forze filo-occidentali impegnate a stabilizzare le rispettive aree, la situazione incandescente di altri Paesi magrebini, l’eterna polveriera di Israele hanno fatto si ormai che da più anni, da più fronti e sempre più in massa popoli interi migrino nella direzione di una terra promessa che vedono della ‘vecchia Europa’. Non più solo le classiche rotte marine che spingevano emarginati sulle coste italiane e iberiche. Oggi a queste, sempre teatro di tragedie e sciagure si sono affiancate quelle terrestri ben presto divenute a loro volta teatro di sofferenze e di martiri per popolazioni intere e che non conoscono soluzioni di continuità.
Con sempre maggior insistenza si parla di rivedere la normativa di Schengen, e in tanti addirittura parlano di una sua vera e propria sospensione quasi a voler pensare che sia l’unica cosa da fare per risolvere tutti i problemi esistenti. Rendere più difficile la libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione Europea e di riflesso impedirne l’accesso in realtà non è altro che lo strumento per creare alle frontiere delle Nazioni senza Stato, Nazioni senza terra, e far divenire quindi i fenomeni migratori delle vere e proprie diaspore che ai margini dei nostri Paesi vedono accrescere povertà, miseria e ahimè anche rabbia e inquietudine aggravando dunque in modo esponenziale la già tragica situazione.
Spiace constatare come spingano in questa direzione proprio gli Stati che nei decenni hanno tratto giovamento dalla politica Europea che via via ha cercato di inglobare anche Stati per tradizione e impostazioni varie distinti da quelli che invece più degli altri vollero e sostennero la nascita di una Unione di Stati con fini di benessere economico, sociale, culturale.
Il Nobel a Obama e nella fattispecie all’UE, come era stato anche quello riconosciuto nel 2001 alle Nazioni Unite e al suo segretario generale Kofi Annan così come gli altri andati nei decenni a varie organizzazioni internazionali è stato in realtà sì la consacrazione per risultati raggiunti, ma ancor più, sia per Obama che per l’intera Unione Europea, la spinta a meglio fare e meglio lavorare alla pace, all’integrazione e al benessere delle comunità, per quelle da essi stessi guidate, USA e UE, e per quelle di volta in volta in difficoltà che a queste guardano come sostegno cui allacciare le proprie speranze.
Non solamente apprezzamento dunque, ma incitamento per ciò che per il mondo andava fatto e ancora oggi va fatto.
Obama sembrò esser stato scelto per ciò che avrebbe dovuto fare nel suo mandato, poi bissato, l’Unione Europea per quella che sarebbe dovuta diventare; l’uno era stato indicato per i suoi straordinari sforzi per rafforzare la diplomazia internazionale e la cooperazione tra i popoli, l’altra per aver contribuito per oltre sei decenni all’avanzamento della pace e della riconciliazione della democrazia e dei diritti umani in Europa.
Ogni vittoria è il sigillo di un’impresa riuscita, di un progetto superato in bellezza, ma anche una vera è propria apertura di credito e la richiesta forte a continuare quella stessa impresa e a perfezionare quello stesso progetto con l’auspicio di renderli benessere per il più alto numero di individui.
E’ il momento di agire e di escogitare delle soluzioni politiche che portino a misure efficaci di geopolitica, lo si deve fare per milione di persone in difficolta, lo si deve fare perché le nostre ancora giovani istituzioni sono messe alla prova ed è il momento di cementarle tra loro, lo si deve fare, e so come possa apparire l’ultimo dei problemi, per dimostrare di aver meritato l’apertura di credito del mondo intero, e chi sa, che l’escogitare le misure giuste non possa portare ad altri e più significativi ‘premi’.