Woody Allen, tra leggenda e strascichi di una vita privata troppo spesso resa pubblica da una parte della famiglia, arriva a 83 anni con una densa carriera costellata da successi tra cui una filmografia molto amata ed apprezzata sia negli Stati Uniti che nel resto del mondo, soprattutto dagli estimatori tanto devoti al suo stile così newyorkese e tipicamente autoriale, e qualche nuvola di passaggio.
Al momento in Italia e in questi giorni a Milano per dirigere al Teatro Alla Scala la sua personale riedizione del pucciniano “Gianni Schicchi” con un finale diverso dall’originale, il grande regista, sceneggiatore, comico, musicista e produttore si cimenta anche con l’Opera.
Facendo qualche passo indietro e non in riferimento al jazz, immancabile amore di gioventù che ha intarsiato le sue brillanti serate esibendosi con il clarinetto tra New York, New Orleans e ultimamente Milano al Teatro degli Arcimboldi, Woody si è visto rifiutare la distribuzione di “A Rainy Day in New York” da parte di Amazon che aveva intenzione di distribuire anche i successivi quattro film del regista.
Dylan Farrow con le sue pubbliche accuse in un’intervista andata in onda il 18 gennaio 2019 sulla CBS nel programma CBS This Morning è una delle ragioni per le quali Amazon ha fatto marcia indietro. A rafforzare le nubi su Woody, anche la decisione di Rebecca Hall – co-star del film con protagonista Timothée Chalamet (“Call Me by Your Name”) ritirato da Amazon e che uscirà in Francia, Italia e Germania nell’autunno del 2019, al momento ancora in cerca di un distributore – di devolvere i compensi del film all’iniziativa #Time’sUp e a fondazioni pro-gay e contro l’incesto.
Parliamo di lavoro o di vita privata? Qual è quindi la sottile linea da non valicare?
Se questa linea è l’assioma morale che determina la produttività creativa di un genio in termini di incassi al botteghino ma che, al contempo, ne distrugge la carriera, allora altri grandi registi tra cui Roman Polanski, stupratore di una minorenne, dovrebbero avere problemi di distribuzione?
Nessuno tranne i presenti possono sapere la verità sulle vicende private che investono Woody Allen come una bufera. Che Woody sia assolutamente innocente e che le accuse della figlia adottata da Mia Farrow e da lui siano infondate, non sono inoppugnabili. Tuttavia, in seguito alle indagini condotte tra lo Stato di New York e del Connecticut dove Dylan risiede, non sono emerse prove schiaccianti contro Allen.
Personalmente non difendo il regista e non credo nemmeno che Dylan si inventi una storia di molestie per screditare il padre adottivo, ma mi chiedo e, forse con me molti altri estimatori dei film alleniani si chiedono se sia giusto giudicare il lavoro di un artista, autore, regista, comico e musicista in base a ciò che la vita privata svela e quanto della sua vita privata sia davvero reale e non manipolata?
L’amore tra uomini maturi e giovani donne è uno dei leitmotiv e una delle tematiche maggiormente ricorrenti nei film di Allen, presente anche in “A Rainy Day in New York”, forse perché fortemente condivisa dal regista che ha sposato Soon-Yi Previn, una delle sue figlie adottive dopo il divorzio da Mia Farrow.
I detrattori di Allen possono razionalmente asserire che uno dei registi più amati in Europa e nel mondo, è di fatto un uomo lascivo che utilizza il suo lavoro per attrarre donne, possibilmente giovani e giovanissime, nel suo letto e che quindi, dal punto di vista etico e morale, non è proprio uno specchio di virtù, ma i suoi 75 film in attivo – di cui alcuni grandi successi candidati all’Oscar, ai Golden Globe e ai Bafta Awards, di cui alcuni vincitori dell’Academy Award, dei Golden Globe e dei Bafta Awards, ne ricordiamo due in particolare, “Annie Hall” (1977) e “Midnight in Paris” (2011) perché entrambi vincitori dei tre prestigiosi riconoscimenti – oltre alle opere teatrali, alla prosa e alle sceneggiature brillanti, possono essere ripudiati per questo motivo?
Quali sono i parametri per giudicare un artista che a breve si recherà in Spagna che lo ha già visto immerso nella regia di “Vicki Cristina Barcelona” per girare il prossimo film, uno dei prossimi quattro in programma, le cui riprese inizieranno tra poche settimane e che sarà nuovamente prodotto da MediaPro che con il regista ha un rapporto decennale.
Concludo cercando di immaginare quale assioma morale deve o dovrebbe screditare un grande genio e la mia risposta è che arte, successo, creatività e coscienza morale sono concetti non necessariamente legati tra loro da una causa e un effetto.