Piccolo stato africano che si affaccia sul Golfo di Guinea, il Togo ha ottenuto la propria indipendenza dalla Francia nel 1960, quando salì al potere il radicale Sylvanus Olympio, tra i leader del movimento per la liberazione nazionale, che però venne assassinato nel 1963. Dopo la morte di Olympio, seguirono anni di grande instabilità politica, fino all’emergere della figura di Gnassingbé Eyadéma, che nel 1967 istituì un governo militare.
Eyadéma tentò poi di legittimare il proprio potere fondando un partito, il Raggruppamento del Popolo Togolese (in francese Rassemblement du Peuple Togolais, abbreviato in RPT), ma istituendo di fatto una dittatura che, anche dopo l’apertura al multipartitismo, resterà saldamente nelle sue mani fino al 5 febbraio 2005, data della sua tragica morte in un incidente aereo.
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Braccio destro del presidente defunto, Faure Gnassingbé venne così promosso a leader del Paese, assumendo la presidenza, confermata poi dalle discusse elezioni presidenziali in tre occasioni. Nel 2012, inoltre, Gnassingbé decise di sciogliere il RPT per fondare un suo partito, denominato Union pour la République (UNIR) – di fatto si è trattato di un mero cambio di nome.
Con le ultime elezioni presidenziali svoltesi nel 2015, quest’anno erano invece in programma le elezioni legislative per il rinnovo dei novantuno seggi che compongono l’Assemblea Nazionale. Le opposizioni, che solo cinque anni fa avevano ottenuto un ottimo risultato alle presidenziali, portando Jean-Pierre Fabre oltre il 35%, hanno però lanciato una campagna di boicottaggio contro il capo di Stato in carica, reo di aver promosso una riforma costituzionale che gli permetterà di candidarsi per ulteriori due mandati presidenziali.
Nonostante le proteste dei principali gruppi d’opposizione, Gnassingbé ha rifiutato di tornare indietro, portando la coalizione denominata Alliance C14 a non partecipare alle legislative. Di conseguenza, l’UNIR del presidente ha ottenuto ancora una volta la maggioranza assoluta, collezionando 59 seggi, nonostante una perdita di tre scranni rispetto alle precedenti elezioni. Tra gli altri partiti, il primo è l’Unione delle Forze di Cambiamento (Union des forces de changement, UFC), che ha eletto solamente sei rappresentanti sotto la guida di Gilchrist Olympio, figlio del primo presidente del Paese. Dopo essere stato a lungo uno dei principali attivisti contro la dittatura di Eyadéma, nel 2010, però, Olympio ha deciso di stringere un’alleanza con Gnassingbé, trasformandosi in sostenitore del governo.
[sostieni]
Il quadro degli eletti è completato da ben diciotto indipendenti, tre deputati del Mouvement patriotique pour la démocratie et le développement (MPDD), stesso numero degli eletti del Nouvel engagement togolais (NET), mentre un solo rappresentante spetterà al Parti des Démocrates panafricains (PDP) ed al Mouvement des républicains centristes (MRC).
I risultati di queste elezioni, devono però porre dei quesiti all’opposizione: anche se i confronti elettorali in Togo sono da decenni manipolati e condizionati da brogli ed altre infrazioni di ogni tipo, quanto può essere utile sottrarsi completamente all’esito delle urne? Solamente tre anni fa, alle elezioni presidenziali, le opposizioni avevano ottenuto un 35% che, se ripetuto anche alle legislative, avrebbe consentito loro di eleggere un buon numero di rappresentanti, visto che in Togo viene utilizzato un sistema elettorale proporzionale, e di rendere dunque più efficace la lotta contro l’egemonia dell’UNIR e di Gnassingbé.