Dello Swaziland abbiamo parlato in un recente articolo, sottolineando la decisione di Mswati III, sovrano (o meglio, Ngwenyama, nell’idioma locale) della piccola monarchia sudafricana, che, il 19 aprile di quest’anno, in occasione del suo cinquantesimo compleanno, ha proclamato il cambiamento del nome ufficiale del Paese da Regno dello Swaziland a Regno di eSwatini (Umbuso weSwatini). In realtà, a livello internazionale il Paese continua ad essere chiamato Swaziland, tanto, anche perché, in lingua swazi, eSwatini significa esattamente “terra degli Swazi”, ovvero la traduzione letterale dell’inglese Swaziland.
Lo stesso Paese, considerato come l’ultima monarchia assoluta del continente africano, ha visto il recente svolgimento delle elezioni legislative, che si sono tenute su due turni il 18 agosto ed il 21 settembre. In programma c’era il rinnovo dei cinquantanove seggi elettivi della House of Assembly (erano cinquantacinque nella precedente legislatura), ai quali possono aggiungersi un massimo di dieci deputati scelti direttamente dallo Ngwenyama.
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A caratterizzare le elezioni dello Swaziland è il fatto che tutti i candidati sono obbligati a concorrere da indipendenti, visto che i partiti politici, seppur esistenti, sono stati banditi dalle competizioni elettorali nel 1973. Inoltre, il processo elettorale del Paese è considerato poco trasparente, visto che gli elettori possono votare solamente al secondo turno, mentre nel primo turno è un Consiglio locale a scegliere i tre candidati da somministrare poi al voto popolare.
Infine, il parlamento ha un potere poco più che simbolico, e non esiste un rapporto di fiducia diretto tra l’organo legislativo ed il governo. Il primo ministro, ruolo che dal 7 settembre è ricoperto da Vincent Mhlanga, e tutti gli altri membri dell’esecutivo sono scelti direttamente dal sovrano, senza bisogno di ottenere la fiducia della House of Assembly. Come se non bastasse, lo Ngwenyama può decidere la dissoluzione del parlamento in qualsiasi momento, e può porre il veto su qualsiasi provvedimento legislativo deciso dallo stesso.
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Considerati questi elementi, appare chiaro perché lo Swaziland è ancora oggi considerato come una monarchia assoluta, ed appaiono più che legittime le rimostranze presentate dall’opposizione, che ha messo in evidenza la scarsa trasparenza delle elezioni nel Paese, visto che solo ai candidati vicini al governo viene concesso uno spazio congruo nei media nazionali. Molti hanno anche promosso un boicottaggio delle elezioni, come il Movimento Democratico Unito del Popolo (Pudemo) ed il Partito Comunista dello Swaziland (CPS), due delle poche forze politiche organizzate che si oppongono apertamente al governo.
Il 18 settembre, tre giorni prima delle elezioni, si è tenuto anche un grande sciopero promosso dai sindacati locali, riuniti nel Trade Union Congress of Swaziland, per protestare contro l’abbassamento dei salari, ma la repressione delle forze dell’ordine non si è fatta attendere. Nonostante le proteste, dunque, lo Swaziland o eSwatini resta una proprietà personale di Mswati III, che tra l’altro vanta un primato di ben quindici matrimoni celebrati nella propria vita.
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