Sabato 23 settembre si sono tenute le elezioni legislative in Nuova Zelanda, con il primo ministro uscente Bill English che partiva come favorito per la successione a se stesso. In quell’occasione, si recarono alle urne circa 2.56 milioni di elettori, con un’affluenza pari al 78.8% sui 3.57 milioni di aventi diritto. Dopo oltre un mese di contrattazioni, però, la formazione del nuovo governo ha visto un’alleanza tra due forze sulla carta contrapposte, lasciando ad English il compito di guidare l’opposizione.
SISTEMA ELETTORALE E CANDIDATI
Come anticipato, i cittadini neozelandesi sono stati chiamati alle urne per rinnovare la composizione dei 120 seggi del Parlamento. In Nuova Zelanda vige il cosiddetto sistema proporzionale a rappresentanza mista, ed è inoltre prevista una soglia di sbarramento del 5%. I primi 71 seggi vengono assegnati con il metodo del first-past-the-post ai candidati più votati di ciascun collegio elettorale, mentre i restanti 49 vengono distribuiti, attraverso delle liste bloccate decise dai partiti, per ristabilire la proporzionalità tra le forze in campo. In alcuni casi particolari, possono essere aggiunti dei seggi per rispettare il criterio di proporzionalità.
Primo ministro in carica, il cinquantacinquenne Bill English si presentava come leader del New Zealand National Party (Nats), che nell’ultima legislatura aveva mantenuto la maggioranza grazie all’alleanza con un altro partito del centro-destra conservatore, ACT New Zealand (Association of Consumers and Taxpayers), guidato da David Seymour.
Tra le forze di opposizione, la principale era sicuramente rappresentata dai laburisti del New Zealand Labour Party, condotto in questa tornata elettorale da Jacinda Ardern, e strettamente alleato con gli ecologisti del Green Party of Aotearoa New Zealand, formazione condotta da James Shaw. L’altra importante forza politica della vita politica neozelandese è invece New Zealand First, partito nazionalista e conservatore, guidato dal suo carismatico fondatore, Winston Peters.
Nella precedente legislatura erano presenti in parlamento anche il Māori Party, che difende la causa dei diritti delle popolazioni indigene e che ha in Te Ururoa Flavell e Marama Fox i propri leader più noti, ed il partito di centro United Future New Zealand, di Damian Light.
I RISULTATI: VITTORIA SENZA MAGGIORANZA PER ENGLISH
Nelle ore successive alle operazioni di voto, si è subito capito che la Nuova Zelanda sarebbe rimasta senza una maggioranza chiara in parlamento. I Nats di Bill English, infatti, si sono confermati come primo partito del Paese, subendo tuttavia una leggera perdita che non ha permesso loro di mantenere la maggioranza assoluta nella House of Representatives. Con il 46.03%, il principale partito di governo ha ottenuto 58 seggi, due in meno della passata legislatura, che vanno a sommarsi all’unico seggio conquistato dagli alleati di ACT New Zealand. Con 59 deputati sui 120, dunque, la coalizione di centro-destra manca per due unità la possibilità di formare un nuovo governo.
Dall’altra parte dello spettro politico, i laburisti sono stati premiati dall’elettorato con un guadagno di ben dieci punti percentuali, che li ha portati al 35.79%, con un incremento di ben tredici seggi. I quarantacinque parlamentari laburisti potranno contare sull’appoggio dei sette deputati dei Greens, che invece hanno visto la propria rappresentanza dimezzata da quattordici a sette membri del parlamento, con 5.85 punti percentuali. Anche in questo caso, dunque, la coalizione di centro-sinistra non ha raggiunto la maggioranza, avendo complessivamente collezionato 52 seggi.
Il compito di decidere le sorti del futuro governo neozelandese è dunque finito nelle mani di Winston Peters, che con il suo New Zealand First ha ottenuto nove seggi, due in meno della passata legislatura, con una percentuale del 7.51%. Restavano esclusi dal parlamento, invece, sia il Māori Party, che non è riuscito ad ottenere seggi neppure nei collegi elettorali storicamente favorevoli, sia United Future New Zealand: con soli cinque partiti, di conseguenza, quello della prossima legislatura sarà il parlamento con meno forze politiche rappresentante dal 1996, data nella quale la Nuova Zelanda ha adottato l’attuale legge elettorale.
WINSTON PETERS, IL DONALD TRUMP NEOZELANDESE?
In una situazione che i britannici chiamerebbero di “hung parliament”, la logica dello spettro politico avrebbe visto a questo punto Peters e New Zealand First venire in soccorso della coalizione di centro-destra, come già accaduto altre volte in passato, permettendo così ad English di formare un nuovo governo. Tuttavia, questo eccentrico uomo politico, da alcuni descritto come il Donald Trump neozelandese, ha subito fatto sapere di voler prendere tempo per decidere la prossima mossa, non escludendo addirittura un’alleanza con le forze di centro-sinistra.
Il settantaduenne Peters, noto per le sue posizioni politiche anti-immigrazione e protezioniste, ha preferito temporeggiare con il pretesto di aspettare la proclamazione ufficiale dei risultati, avvenuta l’8 ottobre, al fine di pianificare nel frattempo un accordo a lui conveniente da sottoporre ai due possibili alleati, e portare dunque più a destra il posizionamento del governo, magari con l’inserimento di qualcuno dei suoi uomini più fidati tra i ministri. Un accordo con i laburisti appariva nelle prime ore poco credibile, soprattutto perché a quel punto sarebbe potuto essere lo stesso partito di Jacinda Ardern a rifiutarlo. I laburisti, infatti, avrebbero rischiato in quel caso di perdere il sostegno dei Greens, considerati come la forza più a sinistra e dunque agli antipodi rispetto a NZ First, vanificando così l’eventuale tentativo di formare un governo.
Certo, in passato Peters ha già determinato le sorti della vita politica del Paese, appoggiando in maniera alternata i Nats ed i laburisti, e lo stesso English, che nel frattempo ha mantenuto la carica di Primo Ministro ad interim, aveva intuito che ci sarebbero volute settimane di contrattazioni per giungere ad un accordo definitivo. In questo modo, Peters ha fatto del tempo un suo alleato, potendo far valere le proprie rivendicazioni, con la minaccia di costringere il Paese a nuove elezioni senza riuscire a formare un governo, o di far cadere il governo appena formato in caso di mancato rispetto degli accordi presi.
L’altra possibilità, paventata da alcuni commentatori politici neozelandesi, era quella di una coalizione trasversale tra centro-destra e centro-sinistra, che isolerebbe proprio Peters e New Zealand First. Qualunque soluzione possibile per la formazione del nuovo governo della Nuova Zelanda, ad ogni modo, sarebbe dovuta forzatamente essere figlia del compromesso tra forze politiche storicamente differenti.
JACINDA ARDERN PREMIER COL SOSTEGNO DI NZ FIRST
Dopo oltre un mese di contrattazioni, la leader laburista Jacinda Ardern ha assunto ufficialmente il ruolo di Primo Ministro della Nuova Zelanda in data giovedì 26 ottobre, con l’appoggio di NZ First e senza perdere il sostegno dei Greens. La trentasettenne diventa così la terza donna ad assumere la guida del governo neozelandese dopo Jenny Shipley (1997-199) e soprattutto Helen Clark (1999-2008), nonché la più giovane a ricoprire questa carica negli ultimi 150 anni. Per lei si tratta di un vero e proprio doppio salto, visto che Ardern è salita alla guida del Partito Laburista solamente tre mesi fa, dopo che Andrew Little aveva fatto registrare pessimi risultati nei sondaggi in vista delle elezioni. Gli osservatori politici hanno paragonato la figura di questa giovane carismatica ed in rapida ascesa con quelle del Primo Ministro canadese, Justin Trudeau, e del Presidente francese, Emmanuel Macron.
Nel suo discorso d’insediamento, Ardern ha promesso di concentrare le proprie forze per combattere il cambiamento climatico, eradicare la povertà, soprattutto dei bambini, e migliorare le condizioni di vita delle classi più vulnerabili. “Agiremo indipendentemente da quelle che sono state le vostre scelte elettorali, indipendentemente da dove vivete, questo sarà il governo di tutti i neozelandesi. Crediamo che la Nuova Zelanda sia un Paese meraviglioso, ma che potrebbe diventare ancora migliore”.
Peters, dal canto suo, ha spiegato le ragioni dell’accordo del suo partito con i laburisti: “Avevamo una scelta da fare: per uno status quo modificato o per un vero cambiamento. Ecco perché abbiamo scelto una coalizione di governo tra New Zealand First ed il New Zealand Labour Party”. Il leader del partito di destra sarà il numero due di questo governo, e ricoprirà anche ruoli importanti come quello di Ministro degli Esteri e Ministro delle Imprese Statali. NZ First controllerà in tutto cinque ministeri, contro quattro dei Verdi, mentre i restanti saranno affidati ai laburisti.
Uno dei punti in comune tra le due forze politiche è quello di ridurre il numero di immigrati ammessi nel Paese, ma nel programma dei due partiti c’è anche una diminuzione della dipendenza dal commercio estero e la costruzione di migliaia di case popolari. Nel frattempo, l’annuncio della nuova formazione di governo ha portato ad una svalutazione del dollaro neozelandese nei confronti di quello statunitense.
Portfolio |
Minister |
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Prime Minister | Jacinda Ardern | |
Deputy Prime Minister | Winston Peters | |
Minister of Agriculture | Damien O’Connor | |
Attorney-General | David Parker | |
Minister for Arts, Culture and Heritage | Jacinda Ardern | |
Minister for Building and Construction | Jenny Salesa | |
Minister for Broadcasting, Communications and Digital Media | Clare Curran | |
Minister for Civil Defence | Kris Faafoi | |
Minister for Climate Change | James Shaw | |
Minister of Conservation | Eugenie Sage | |
Minister of Corrections | Kelvin Davis | |
Minister of Customs | Meka Whaitiri | |
Minister of Defence | Ron Mark | |
Minister of Economic Development | David Parker | |
Minister of Education | Chris Hipkins | |
Minister for the Environment | David Parker | |
Minister of Finance | Grant Robertson | |
Minister of Fisheries | Stuart Nash | |
Minister of Foreign Affairs | Winston Peters | |
Minister of Health | David Clark | |
Minister of Housing | Phil Twyford | |
Minister of Immigration | Iain Lees-Galloway | |
Minister of Infrastructure | Shane Jones | |
Minister of Internal Affairs | Tracey Martin | |
Minister of Justice | Andrew Little | |
Leader of the House | Chris Hipkins | |
Minister for Māori Development | Nanaia Mahuta | |
Minister of National Security and Intelligence | Jacinda Ardern | |
Minister of Police | Stuart Nash | |
Minister of Revenue | Stuart Nash | |
Minister of Science and Innovation | Megan Woods | |
Minister for Social Development | Carmel Sepuloni | |
Minister of State Owned Enterprises | Winston Peters | |
Minister for State Services | Chris Hipkins | |
Minister of Statistics | James Shaw | |
Minister of Transport | Phil Twyford | |
Minister for Whānau Ora | Peeni Henare | |
Minister for Women | Julie Anne Genter |