L'assegnazione della scorta a Lucia Borsellino, le minacce dal carcere di Totò Riina a Don Ciotti, i messaggi di morte scritti da Matteo Messina Denaro per il pm Nino Di Matteo e i chili di tritolo acquistati da "Cosa Nostra" per far saltare in aria lo stesso magistrato: sono inevitabilmente tutti segni di una mafia ancora viva e per nulla ferita dalla politica.
23 anni dopo la strage di Via D’Amelio, in cui persero la vita Paolo Borsellino e gli agenti della scorta, lo scenario in Sicilia non sembra esser per nulla cambiato: esattamente come allora, la famiglia Borsellino è sotto l’attacco dall’organizzazione mafiosa “Cosa Nostra”. Al centro di quest’ennesima minaccia c’è nuovamente Lucia Borsellino, figlia di Paolo ed ex assessore alla Sanità della Regione Sicilia. La vita politica di Lucia è sempre stata molto travagliata: dopo le dimissioni da assessore “per ragioni di ordine etico e morale”, la Borsellino si è trovata catapultata nell’assurda situazione che ha coinvolto il giornale L’Espresso e Matteo Tutino, medico di Crocetta. Secondo il giornale in questione esisterebbe l’intercettazione di una telefonata tra Crocetta e Tutino, dove il medico affermerebbe: “La Borsellino va fatta fuori come suo padre”, una frase a cui non vi sarebbe replica da parte del Governatore della Sicilia. Questa presunta intercettazione è poi stata smentita da ben quattro procure e gli autori dell’articolo sono finiti nel registro degli indagati.
Molti giornali hanno pensato che la scelta del Viminale di assegnare la scorta a Lucia Borsellino sia avvenuta per mezzo di queste incredibili dichiarazioni, ma non è così. Successivamente allo scandalo “Tutino-Crocetta” vi è stata un’azione ancor più forte: l’operazione “Ermes” condotta dalla Polizia di Stato e che ha colpito con molteplici arresti i canali di comunicazione del boss latitante Matteo Messina Denaro. L’importanza di quest’operazione sta proprio nell’aver colpito il sistema di comunicazioni composto dai vari referenti di Messina Denaro, poiché questo rende vulnerabile la protezione della sua latitanza. A questo imponente attacco dell’antimafia sono arrivate risposte precise da “Cosa Nostra”, risposte che sarebbero nelle mani di un confidente dei Servizi, il quale ha informato della volontà dell’organizzazione mafiosa di far fuori Lucia Borsellino. Lo scenario sembra davvero essere quello dei primi anni ’90, quando le mosse stragiste che aveva in mente Totò Riina le conoscevano solo questi misteriosi “confidenti” o “uomini di fiducia” dei Servizi, che poi si sono rivelati spesso collusi con l’organizzazione. Sta di fatto che l’attendibilità di questa fonte ha fatto sì che il giorno prima di Ferragosto il Viminale si attivasse tempestivamente per assegnare alla Borsellino quattro uomini della scorta e un auto blindata.
Attorno alla vicenda di Lucia Borsellino il dibattito pubblico e in piccola parte quello politico sembra essersi riacceso, sarà perché la voglia di far affondare Renzi è tanta e di mezzo c’è un grosso esponente del PD come Crocetta. Sta di fatto che qualcuno sembra essersi svegliato da quel silenzio di cui la criminalità organizzata italiana si ciba. Dalle recenti minacce mafiose e dai sempre più giornalieri omicidi per mafia, qualcuno sta cercando di uscire da quel silenzio mediatico che ha fatto sì da rimanere quasi nell’ignoto una personalità meritevole e fondamentale come Nino Di Matteo. Alcuni, grazie a queste vicende, hanno persino capito che dopo il periodo stragista la mafia non è morta. Altri hanno capito che forse la mafia non l’hanno sconfitta Berlusconi e Dell’Utri. Tra tutto questo però il meccanismo più importante da comprendere è che la mafia non vivrebbe a lungo senza l’appoggio del potere politico. L’Inchiesta “Medea” di Napoli, il processo Borsellino quater e quello sulla Trattativa, fanno emergere ancora solidi rapporti tra apparati di Stato e criminalità organizzata, finché vi saranno determinati legami la mafia avrà sempre più potere e senza l’impegno di ciascun cittadino tra ventitré anni parleremo di un’ennesima “nuova” minaccia.