Sembra che sia la volta buona in Portogallo, ma non esattamente nell’accezione renziana del termine “buono”, ça va sans dire.
Dopo le recenti elezioni il presidente Silva ci ha provato a riconfermare un governo liberal-conservatore, pur sapendo che non avrebbe avuto una maggioranza in parlamento, ma la coalizione di sinistra gli ha fatto lo scherzetto (previsto) e ha rimandato la proposta al mittente con una sonora sfiducia. Il leader di destra Pedro Passos Coelho ha così conquistato un record: il governo più breve nella storia del paese – due miserabili settimane.
E’ ironico che perfino il palesemente conservatore Daily Telegraph si sia scandalizzato di fronte alla mossa di Silva, giustificata, e apertamente, dalla paura di spaventare l’Europa padrona e quindi destabilizzare la Patria (serva).
Dopo tutto il Portogallo dell’ormai ex-Primo Ministro Coelho, specializzato in “macelleria sociale”, era diventato un “alunno modello” nel fare i “compiti” della Troika, e il Ministro delle Finanze/mastino Schauble aveva trovato in lui una specie di clone. Dai, non si possono fare brutte figure con i professori di Berlino! avrà pensato il presidente borderline golpista.
Morale della favola: salvo ingiustificabili governi tecnici, Antonio Costa, socialista anti-austerity (ahimé quasi un ossimoro nella maggior parte dell’Europa), dovrebbe diventare a breve Primo Ministro con l’appoggio dei comunisti e del Bloco de Esquerda, versione lusitana di Syriza, con un programma volto a ridurre, come minimo, l’impatto delle politiche neo-liberali imposte dalla Troika dopo il prestito di 72 miliardi concesso nel 2011 per far fronte alla crisi. Non pochi, compreso il Wall Street Journal, si chiedono se dovremmo comprare pop-corn in quantità industriale, rilassarci (se ci riusciamo) e sederci a guardare il re-make del film (drammatico) “Il tentativo di Tsipras – Cronaca di un assedio”, durato da gennaio a luglio e conclusosi con l’imposizione del Terzo Memorandum alla Grecia.
A questo punto, nel bene e nel male, bisogna introdurre dei distinguo.
Il Portogallo, pur avendo sofferto molto dalle politiche di austerity, non è in ginocchio come la Grecia.
Antonio Costa, il leader socialista della nuova coalizione, non è Alexis Tsipras, è un (animale) politico fatto e finito, e pur avendo introdotto delle politiche progressiste quando sindaco di Lisbona, non è un pasionario. Farà di tutto per tener fede al suo programma, ma lo farà in maniera soft e graduale. Fondamentalmente un pragmatico.
Mario Centeno, il candidato a Ministro delle Finanze non è Yanis Varoufakis. Sì, anche lui acclamato accademico, harvardiano, ecc. ecc., ma decisamente tutto fuorché un radicale. Non si possono fare dei pronostici sugli sviluppi, anche perché bisognerà vedere quale sarà la reazione della Troika di fronte alla perdita di un fidato “scolaretto” come il Portogallo. D’altra parte ogni mossa del nuovo governo sarà frutto di una costante negoziazione tra il Partito Socialista egemone e suoi alleati di governo. Diversamente da Renzi, Costa non deve tener conto di gente come Alfano & Co (+ Verdini), ma con il Partito Comunista e con i radicali di sinistra. E non è poco.
E fortunatamente i comunisti portoghesi non sono come quelli di quel pezzo da museo stalinista che è il PKK greco. Sono un po’ vetusti, ma hanno capito che la politica è (anche) l’arte del compromesso e che è meglio appoggiare dei socialisti moderati che permettere una continuazione ad oltranza dell’austerity Coelho style. Mentre i radicali del Bloco de Esquerda di Catarina Martins, diversamente dai comunisti non sono aggressivamente anti-NATO e anti-euro.
Insomma, questa nuova coalizione potrebbe essere più solida e resiliente di quanto molti credono (o sperano) e senza Mexican standoff à la Tarantino. Anche perché dovrà rimanere compatta di fronte a un violento contrattacco delle forze conservatrici, che si sono già scatenate dentro e fuori dal parlamento, nei giorni precedenti il voto di sfiducia di martedì.
Insomma, l’esperimento portoghese potrebbe rinforzare il fronte anti-Troika dell’Europa meridionale, facendo uscire la Grecia dal suo tragico isolamento e, last but not least, influenzando indirettamente il corso delle elezioni spagnole di dicembre, che vedono, in questo momento, un Podemos molto indebolito e forse costretto, come i gli accorti compagni portoghesi, a fare delle alleanze strategiche sia con la sinistra post-comunista di Isquierda Unida che con la parte progressista del PSOE.
Alla fin fine la guerra, inevitabilmente, continua, ma per ora almeno una battaglia è stata vinta.