Il paradiso è un luogo grande, immenso. Tanto grande che non puoi chiamarlo nemmeno un luogo. È smisurato come il pensiero che ne hanno gli uomini. Cresce di continuo, per fare spazio a tutte le anime che spingono per entrarvi, istante dopo istante.
In un posto, anzi in un non-luogo, così, anche il suo Creatore può avere qualche difficoltà a trovare l’anima di qualcuno. Il Creatore, si sa, è una Trinità, ma quando si tratta di andare a parlare con un essere umano, seppure trapassato a vita migliore, manda sempre il Figlio Gesù.
Allora Gesù parte alla ricerca di quest’anima buona, esplora chilometri e chilometri quadrati di paradiso, esamina milioni di profili in pochi minuti. Nella sua celeste ricerca non usa i mezzi che useremmo noi: non cerca un’anima con la barba, i capelli folti e crespi, gli occhi porcini. Tutte queste cose non ce le portiamo appresso in paradiso, e in certi casi è un bene, direi. Nemmeno può cercare le anime per nome e cognome, sebbene lui li conosca tutti, uno per uno, non essendo limitato come noi che non ricordiamo neanche tutti quelli dei nostri compagni delle elementari.
Non se ne va in giro percorrendo migliaia di chilometri, chiedendo a tutte le anime che incontra: avete visto per caso quel tale filosofo tedesco del diciannovesimo secolo? Le anime, pur potendo rispondergli, non saprebbero distinguere fra un famoso filosofo e un ciabattino qualsiasi. Non ha bisogno né di nomi né di barbe, per trovare l’anima giusta, Gesù: lui sa che al momento in cui se la troverà di fronte, “sentirà” che quella è l’anima che stava cercando. Però deve percorrere ancora qualche milione di chilometri, “annusando” tutte le anime che incrocia, e sono davvero tante. Miliardi.
Poi, a un tratto, con qualcosa che somiglia a una frenata nello spazio di diecimila metri, eccolo fermarsi, tendere le orecchie e il naso, come per fiutare meglio (ma in realtà non si tratta di una questione olfattiva, è molto di più…) e porsi di fronte a un’anima inquieta, una come tante altre, indistinguibile. Per noi, ma non per Lui. Sicuro di trovarsi al cospetto del non-essere giusto, il Figlio inizia subito la discussione che, da qualche tempo, aveva intenzione di intavolare con quel personaggio. Diciamo pure che la smania di chiarire alcune cose gli è venuta non subito, ma solo dopo certi avvenimenti sulla Terra. Fra i due, allora, inizia una conversazione che, sono sicuro, a molti piacerebbe ascoltare.
Inizia Gesù.
– Lo sai chi sono.
– Come tu sai chi sono io.
– Sì, ma io so tutto, niente escluso. Tu invece potresti anche non conoscermi. Sei solo un’anima.
– Ti ho riconosciuto.
– Sì, e da cosa?
– Dalla tua parola. Sei l’unico, da secoli, che mi abbia parlato. Dunque, ho pensato, non devi essere un’anima come me. Le anime non parlano fra loro.
– Questo è molto triste.
– Lo dici proprio tu? Chi ha voluto che fosse così?
– Il Padre.
– Tu e il Padre non siete forse uno solo?
– Non sempre… ci sono volte in cui anche l’Unico non va d’accordo con se stesso…
– Già, non ci avevo ancora pensato…
– Avremo molto tempo per discutere.
– Tempo? Cosa vuol dire?
– Lascia stare… a volte dimentico di stare parlando con un’anima.
– Dunque, per quale motivo ci tenevi tanto a parlare con me?
– Volevo togliermi alcune curiosità. Tu sai che non c’è niente di cui io non sia a conoscenza. Quindi, ho letto tutto quello che hai scritto, e in principio l’ho trovato molto interessante… Quella tua idea che nessuno dovrebbe possedere nulla, be’ come darti torto?
– Vuoi dire che anche tu, Gesù, sei contrario alla proprietà privata?
– Se uno si appropria di qualcosa, cioè diventa proprietario, toglie quella cosa a qualcun altro… invece io, Noi, abbiamo creato le cose perché fossero di tutti. Non so cosa intendi tu parlando di proprietà privata, ma se proprio ci deve essere un proprietario di tutto, quello è il Padre, siamo Noi.
– Dunque, se i proprietari di tutto siete Voi, non possono esserci altri proprietari, giusto?
– Ecco perché la tua idea mi è piaciuta subito… ma poi…
– Poi?
– Poi sono andato avanti a leggere, e quello che ho letto non mi è piaciuto più.
– Sii più chiaro…
– Secondo te, la religione sarebbe un’illusione. La promessa di una felicità celeste, eterna, ovvero il paradiso in cui ti trovi, renderebbe vana e irrealizzabile la felicità sulla Terra. Ragione per cui, per ottenere quest’ultima, bisogna eliminare la religione. E qui, caro Karl Marx, leggendo ho sorriso e ho scosso la testa…
– Perché mai?
– Perché nel frattempo tu eri morto ed eri arrivato qui. In questo luogo che non è proprietà di nessuno, dove la proprietà non esiste, e avresti dovuto essere contento per questo. Però avevi perso, perché la tua idea di felicità finisce con la morte. La mia è eterna.