Forse alcuni non se ne sono accorti, altri lo hanno notato senza trarne particolari conclusioni, ma quando la connessione è debole, e tentare di aprire una qualsiasi pagina Web diventa una tortura, Facebook spesso risulta invece accessibile, trasformandosi nell’unica finestra dalla quale guardare un mondo virtuale che noi sappiamo comunque essere ben più vasto e variegato.
di Loredana de Michelis
Mark Zuckerberg sta investendo molto per rendere Facebook navigabile anche in caso di collegamento precario, e porta avanti grosse trattative con alcuni stati del terzo mondo, abitati da circa un miliardo di persone con limitato accesso a Internet: la sua proposta è quella di un “Web” semplificato ed economico per tutti, al quale accedere esclusivamente attraverso il proprio profilo Facebook.
Facebook diventerebbe accessibile anche con connessione lenta e pochi megabyte a disposizione, alcune attività si potrebbero svolgere offline, come scrivere messaggi, che verrebbero inoltrati una volta ripristinato il collegamento. Le aziende potrebbero, offline, preparare i loro annunci pubblicitari che rimanderebbero a una pagina aziendale interna al social stesso, più articolata di quelle disponibili attualmente.
Niente link a pagine Web esterne, ovviamente.
In realtà, anche nel Facebook del mondo ricco, la visibilità dei post con link a pagine Web esterne è stata gradualmente ridotta, soprattutto nei profili personali. Per i numerosi utenti poveri del terzo mondo questa opzione scomparirebbe del tutto.
Conquistare Internet, senza esosi ammodernamenti di infrastrutture, farebbe risparmiare soldi agli stati poveri e alle compagnie telefoniche ricche. Zuckerberg potrebbe mantenere un profilo da benefattore perché non ha neppure bisogno di chiedere del denaro ai suoi interlocutori: gli basterebbero le pubblicità pagate dalle aziende locali, che avrebbero solo lui come referente. Di piccole imprese, nel terzo mondo, ce ne sono tante: usano Internet con fatica e per pubblicizzarsi soprattutto all’estero, visto che la popolazione del loro Paese è scarsamente raggiungibile.
Prima di chiedersi quali danni e distorsioni potrebbe subire l’immagine del Web o addirittura del mondo stesso, a chi potrà osservarla soltanto attraverso gli occhiali di Facebook, ci sarebbe da chiedersi onestamente cosa vorrebbero dalla Rete gli attuali abitanti poveri dei paesi sottoconnessi, questione che Zuckerberg ha già analizzato da tempo: in Tanzania, per esempio, la maggioranza della popolazione parla e legge solo in Swahili. L’analfabetismo funzionale è molto diffuso: molte persone sono in grado di leggere le parole scritte nella loro lingua, ma non necessariamente di leggere un articolo, per esempio, e comprenderne il significato. Molti non sanno leggere l’ora su un orologio, né se ne preoccupano: hanno esigenze semplici, e se anche potessero farle, le loro ricerche su Wikipedia, sarebbero molto limitate. Nell’unica libreria del centro di Dar es Salaam che ho trovato, delle dimensioni di un piccolo garage, c’erano soprattutto dvd a sfondo epico-religioso in lingua locale e araba, qualche libro in inglese dal titolo improbabile, alcune guide turistiche, sempre in inglese, e una mappa pieghevole molto poco dettagliata della città, che ho pagato l’equivalente di un paio di scarpe buone.
Le società di trasporto locale e le istituzioni sono talmente confusionarie che consultare un loro sito sarebbe inutile, ma questo vale anche per alcune situazioni italiane.
Cosa cercherebbero quindi i ragazzi Tanzanesi poveri, che hanno tutti uno smartphone, come la maggior parte degli abitanti del terzo mondo, se avessero l’intero Web a disposizione? Probabilmente molto poco, le cose che conoscono già: persone, filmati nella loro lingua, e musica, soprattutto locale: la loro grande passione.
Zuckerberg promette che queste e altre cose ancora ci saranno, e saranno economicamente e tecnologicamente accessibili; offre anche, senza troppo sottolinearlo, un “giardino murato” dove i contenuti violenti, sessualmente espliciti e fanatici sarebbero tenuti sotto controllo. Molti governi locali approvano l’idea e anche il globalizzatore occidentale medio potrebbe considerarla tutto sommato conveniente, visti i tempi che corrono. Le imprese locali guadagnerebbero senza dovere acquisire anche conoscenze complete di Web Marketing, e tutti avrebbero quantomeno una forma d’intrattenimento in più, tra le pochissime a disposizione.
Quale utente ci rimetterebbe, senza un Web completo e libero? Quel ragazzino su mille che non si accontenterebbe di un selfie mostrato agli amici, che vorrebbe imparare, che sfrutterebbe davvero la possibilità di poter leggere e scoprire, anche se è nato e cresciuto in un posto dove la maggior parte delle persone non sa e non si chiede se esiste qualcos’altro al di fuori di ciò che vede e fa.
Insomma, ci rimetterebbero i più dotati e gli originali ma questa è una legge già esistente nella rete, il cui promettente sviluppo teorico nella realtà finisce per appiattirsi e allargarsi fino alla nausea esclusivamente sulla preferenze della maggioranza. Il coro vince, e questa regola non l’ha inventata Zuckerberg: lui la sta solo sfruttando: qui i suoi progetti per il futuro di Facebook e del web http://www.ilpost.it/2016/04/13/facebook-messenger-bot-f8/