Mentre l’Italia sponsorizza e legittima Israele con lo svolgimento delle prime tre tappe del Giro d’Italia 2018 in quel Paese, il primo ministro Benjamin Netanyahu si è fatto notare per le sue deliranti dichiarazioni riguardanti un eventuale piano segreto dell’Iran per la costruzione di ordigni nucleari, utilizzando però come prove dei documenti raccolti dal Mossad (i servizi segreti israeliani) ben prima della firma del Piano d’azione congiunto globale (PACG), volgarmente noto come accordo sul nucleare iraniano.
ISRAELE, UNICA POTENZA NUCLEARE DEL MEDIO ORIENTE
Partiamo proprio dalla versione dei fatti promulgata da Netanyahu: secondo costui, documenti risalenti a ben prima dell’accordo raggiunto a Vienna il 14 luglio 2015 da Iran, Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Russia, Cina e Germania, sarebbero sufficienti a dimostrare delle violazioni da parte dello stesso PACG da parte del governo iraniano. Al contrario, ci preme sottolineare come la violazione dello stesso sia avvenuta da parte di un’altra delle parti contraenti, gli Stati Uniti, che hanno continuato ad applicare diverse sanzioni economiche contro Tehrān, nonostante la promessa di abolirle in seguito all’abbandono del programma nucleare iraniano.
Da parte sua, Israele, da buon cane da guardia di Washington in Medio Oriente, continua a condurre le sue politiche anti-iraniane attraverso una campagna di propaganda che però è sfociata anche in atti bellici, visto che il governo di Netanyahu ha colto l’occasione del conflitto siriano per colpire alcuni contingenti iraniani presenti nel Paese in appoggio al capo di stato Bashar al-Assad.
Hamed Mousavi, professore di scienza politica presso l’Università di Tehrān, si è espresso in maniera più che mai sensata, ricordando che “Israele non è nella posizione di accusare l’Iran, visto che non è parte dell’accordo sul nucleare iraniano né del trattato sulla non proliferazione nucleare, mentre solo l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica è autorizzata a giudicare l’adempimento o meno dell’accordo da parte dell’Iran”. Proprio la IAEA (International Atomic Energy Agency), organo delle Nazioni Unite, ha più volta visitato il Paese, senza ravvisare irregolarità.
La mossa di Netanyahu è arrivata proprio quando Donald Trump ha minacciato l’uscita degli Stati Uniti d’accordo PACG: in pratica una trovata pubblicitaria per spingere Washington a denunciare il Piano d’azione congiunto globale e ad inasprire le sanzioni contro l’Iran, sfruttando un inquilino della Casa Bianca particolarmente accondiscendente con il governo sionista, dopo lo spostamento dell’ambasciata a stelle e strisce in quel di Gerusalemme. “Non dimentichiamo”, ha aggiunto ancora il professor Mousavi, “che Israele è il solo regime della regione mediorientale a possedere effettivamente un arsenale atomico”. Parole che trovano conferma nei dati diffusi dal Bulletin of the Atomic Scientists, a firma di Robert Norris ed Hans Kristensen, che attribuisce ad Israele ben ottanta testate nucleari, prodotte prima del 2004.
Mentre la diatriba sul nucleare nordcoreano si è momentaneamente sedata, ecco dunque riemergere la questione iraniana, in un momento assai delicato per gli equilibri mediorientali. A tal punto che ci sarebbe quasi da sperare che l’Iran abbia davvero delle armi nucleari segrete come deterrenza (cosa comunque assai improbabile), altrimenti Israele potrà fare il bello ed il cattivo tempo in Medio Oriente, soprattutto dopo il definitivo riavvicinamento con l’Arabia Saudita contro il nemico comune sciita.
LE ARMI NUCLEARI NEL MONDO
Riprendendo ancora i dati del Bulletin of the Atomic Scientists, cogliamo l’occasione per tracciare un bilancio globale sulle armi nucleari esistenti. Ad oggi si calcola che nel mondo siano presenti circa 14.900 testate nucleari, un numero enorme, sufficiente a distruggere più volte il nostro pianeta. Le testate odierne, infatti, sono ben più potenti rispetto alle due bombe lanciate dall’aviazione statunitense alla fine della seconda guerra mondiale sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki. Tuttavia, va sottolineato come il numero complessivo di testate nucleari esistenti sulla Terra sia in netto calo rispetto alle 17.300 registrate nel 2012.
PAESE |
NUMERO DI TESTATE |
TRATTATI RATIFICATI |
Russia |
7.000 |
CTBT, TNP, START |
Stati Uniti |
6.780 |
TNP, START |
Francia |
300 |
CTBT |
Cina |
260 |
– |
Regno Unito |
215 |
CTBT, TNP |
Pakistan |
140 |
– |
India |
120 |
– |
Israele |
80 |
– |
Corea del Nord |
8 (stima) |
TNP (ritirato dal 2001) |
Iran |
0 |
TNP |
La tabella sopra, mostra come la propaganda abbia fatto passare l’Iran e la Corea del Nord (ed in passato Iraq e Libia) come stati canaglia che minacciano l’esistenza del genere umano, quando così non è. Come ben sappiamo, gli Stati Uniti si sono spesi più e più volte contro la proliferazione nucleare in questi stati. Tuttavia, Washington dovrebbe piuttosto preoccuparsi di sé, anziché sindacare sull’uso della tecnologia nucleare fatto da Iran o Corea del Nord. La verità è che gli Stati Uniti non sono affatto contrari al nucleare, ma sognano un monopolio delle armi nucleari. Non potendo intromettersi negli affari di Russia e Cina, ecco che non possono far altro che sfogare le proprie ambizioni di imperialismo globale sui “pesci piccoli”, accontentandosi di restare in un ristretto oligopolio nucleare costituito esclusivamente da “pesci grandi”.
Non va poi dimenticato che gli Stati Uniti sono l’unico Paese della storia ad aver lanciato ben due ordigni nucleari sulla popolazione civile, causando morte, devastazione e danni a lungo termine. Inoltre Washington non ha mai ratificato Comprehensive Test Ban Treaty (CTBT), il trattato di bando complessivo dei test nucleari, elaborato tra il 1993 ed il 1996 dalla Conferenza del Disarmo, ed adottato il 10 settembre 1996 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Tra gli stati possessori di armi nucleari, solamente Russia, Francia e Regno Unito hanno ratificato il CTBT.
Vi sono tuttavia altri due trattati che regolano la quantità e l’uso delle testate nucleari: il trattato di non proliferazione nucleare (TNP), formulato nel 1968 ed entrato in vigore il 5 marzo 1970, e gli accordi START (Strategic Arms Reduction Treaty – trattato sulla riduzione delle armi strategiche), una serie di quattro trattati bilaterali tra Stati Uniti e Russia, l’ultimo dei quali stipulato a Praga nel 2010, e che hanno il fine di limitare o diminuire gli arsenali di armi di distruzione di massa.
Sorgono poi domande – naturalmente retoriche, perché conosciamo tutti la risposta – sul perché lo stesso atteggiamento ostile non venga utilizzato nei confronti del nucleare israeliano. Come la Corea del Nord, anche Israele non ha ratificato nessun accordo sul nucleare, anzi, non ha nemmeno firmato il TNP, così come India e Pakistan. Il governo israeliano, oltretutto, non ha mai ammesso ufficialmente di possedere queste testate, mantenendo una sorta di segreto di Pulcinella. Nelle fasi più acute dell’attacco statunitense alla Corea del Nord, Ri Yong-Ho, Ministro degli Esteri di Pyongyang, aveva sottolineato proprio questo: “Israele è l’unico possessore illegale di armi nucleari nel Medio Oriente, sotto il patrocinio degli Stati Uniti. Tuttavia, Israele ha aperto bocca ad ogni occasione possibile per pronunciarsi contro la deterrenza nucleare della Repubblica Popolare Democratica di Corea“.
ANDARE OLTRE LA DETERRENZA
Sin dall’inizio della guerra fredda, l’esistenza e lo sviluppo di armi nucleari è stato giustificato con una sola parola: deterrenza. Questo concetto implica il fatto che un Paese possessore di armi nucleari non attaccherebbe mai un’altra potenza nucleare, sapendo che il conflitto potrebbe terminare con la totale distruzione di entrambe le parti, se non di tutta l’umanità. Le parti in causa, all’epoca, erano gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, eppure sembra che Washington avesse già pronto un piano di attacco nucleare nei confronti di Mosca, in barba ad ogni forma di deterrenza. Nel 1960, infatti, il Pentagono formulò il Single Integrated Operational Plan (SIOP): questo prevedeva il lancio di 3.200 testate nucleari verso 1.060 obiettivi individuati in Unione Sovietica, Cina ed altri Paesi del blocco comunista.
Ad oggi, il numero e la qualità delle testate nucleari presenti nel mondo non può più giustificare la deterrenza: al minimo accenno di conflitto tra le tre principali potenze mondiali (Stati Uniti, Russia, Cina) si andrebbe verso la distruzione dell’intero pianeta, probabilmente nell’arco di poche ore. A sostenerlo è anche il generale George Lee Butler, per anni membro e poi capo dello Strategic Air Command (SAC), il reparto dell’aviazione statunitense incaricato dell’eventuale uso dell’arsenale nucleare: “L’unico mondo privo del pericolo nucleare è quello privo di testate nucleari”, dichiarò nel 1998, quattro anni dopo la fine del suo servizio.
È oramai necessario passare ad un disarmo totale delle testate nucleari presenti nel mondo, che non si basi più su giochi di forze ed alleanze: guardare alla Corea del Nord o all’Iran come la grande minaccia per la pace mondiale significa pensare alla pagliuzza negli occhi altrui senza vedere la trave nei propri. Naturalmente, il disarmo deve partire progressivamente dai Paesi che posseggono il maggior numero di testate nucleari.
Sul New York Times del 5 luglio 2017, troviamo un’intervista, nella quale Noam Chomsky ci fa finalmente capire chi sia il vero pericolo per l’umanità: “I problemi più importanti verso i quali indirizzarci sono i veri pericoli esistenziali: il cambiamento climatico e la guerra nucleare. Circa il primo, la leadership repubblicana, nel suo splendido isolamento dal mondo, si sta quasi unanimemente dedicando a distruggere le possibilità di una sopravvivenza decente; parole forti, ma nessuna esagerazione”. Poi ha proseguito: “Sulla guerra nucleare, le azioni in Siria ed al confine russo innalzano seriamente il pericolo di un confronto che possa innescare una guerra. Inoltre, il proseguimento da parte di Trump dei programmi di modernizzazione nucleare voluti da Obama pone straordinari pericoli. Come siamo venuti a sapere di recente, la forza nucleare statunitense modernizzata sta seriamente varcando la soglia dalla quale dipende la sopravvivenza”.
Con il massiccio uso di tecnologie moderne, infine, l’inizio di un conflitto nucleare si basa in gran parte su rilevamenti automatici, che potrebbero portare ad un tragico errore. Gli Stati Uniti sono in possesso di un complesso sistema di risposta automatica, che rileva istantaneamente ogni possibile attacco missilistico con un bassissimo margine d’errore, tuttavia esistente: dal momento della rilevazione dell’attacco, vi sono solamente pochi minuti per decidere se rispondere con un bombardamento nucleare o meno. E la decisione finale spetta ad un solo uomo, il presidente degli Stati Uniti d’America.
BIBLIOGRAFIA
CHOMSKY, Noam (1992), What Uncle Sam Really Wants
CHOMSKY, Noam (1993), The prosperous few and the restless many
CHOMSKY, Noam (1998), The Common Good
DUROSELLE, Jean-Baptiste (1998), Storia diplomatica dal 1919 ai nostri giorni