Secondo Platone, il dialogo ed il confronto non andrebbero negati a nessuno, e dal dialogo non può scaturire altro che conoscenza. Sarebbe però bello, aggiungiamo noi, se ognuno si autolimitasse nella propria libertà d’espressione, limitandosi a dialogare su tematiche di propria competenza, o circa argomenti sui quali ci si è previamente informati, senza bisogno di censure esterne. Non è un caso, del resto, che lo stesso Platone immaginasse una città ideale governata da un gruppo di filosofi, intesi come uomini saggi in grado di promuovere il bene della comunità, capaci cioè di fare l’interesse generale senza tener conto del proprio interesse particolare.
Questa breve digressione ci introduce alla tematica del diritto di cittadinanza, ovvero della differenza tra ius soli e ius sanguinis, dibattito che sembra essere il più acceso di questi giorni sia nel mondo politico che in quello dei social network. L’obiettivo è innanzi tutto quello di fare chiarezza sull’argomento e di invitare all’uso del raziocinio, più che di promuovere una visione specifica.
IUS SOLI E IUS SANGUINIS: DIFFERENZE DI BASE
La cittadinanza è un elemento fondamentale della vita dell’uomo sin dai tempi dell’Antica Grecia: nella democrazia ateniese, ad esempio, bisognava essere nati ad Atene ed avere entrambi i genitori ateniesi per avere diritto di voto. A Roma, invece, vi era la differenza tra coloro che possedevano lo status civitatis, cioè i cittadini romani, e tutti gli altri. Oggi, la cittadinanza dà accesso ad una serie di diritti politici, sociali e civili che generalmente sono riservati in gran parte ai soli possessori di questo requisito.
Per determinare di quale Paese un individuo sia cittadino esistono due criteri giuridici di base:
– lo ius sanguinis (o diritto di sangue), che prevede il passaggio automatico della cittadinanza dei genitori (in alcuni Paesi solamente del padre) al figlio sin dalla nascita;
– lo ius soli (o diritto del suolo), che invece prevede l’acquisizione automatica della cittadinanza del Paese nel quale l’individuo è nato, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori.
Ma da cosa derivano questi due criteri così differenti? E cosa spinge un Paese a preferirne uno piuttosto che un altro? Come vedremo in seguito, ius soli e ius sanguinis sono figli di concezioni molto diverse della cittadinanza, e si adattano a Paesi con caratteristiche diverse fra loro. È altresì vero che oggi la maggioranza dei Paesi hanno optato per forme ibride rispetto alle due forme pure sopra citate, altro argomento del quale dibatteremo in seguito.
CONCEZIONE OGGETTIVA O SOGGETTIVA DELLA CITTADINANZA
Sebbene oggi il dibattito sull’acquisizione della cittadinanza sia spesso ridotto al rango di chiacchiera da bar, in passato è stato oggetto di riflessioni filosofiche da parte di alcuni dei massimi pensatori occidentali.
Lo ius sanguinis è legato soprattutto alla filosofia idealista tedesca ed alla figura di Johann Gottlieb Fichte. Questo prende le mosse dall’idea di una concezione oggettiva della cittadinanza ed organicistica della nazione, e si basa su caratteri quali il sangue, l’etnia e la lingua. La visione fichtiana deriva da un momento storico ben particolare, nel quale la Germania era ancora divisa in numerosi stati, ma allo stesso tempo emergeva sempre più prorompente un sentimento di unità nazionale tedesca tra i pensatori del tempo, il cosiddetto spirito della nazione tedesca: “Se noi chiamiamo popolo gli individui viventi in mezzo alle stesse condizioni esterne capaci di influire sulla loro lingua con lo scambio continuo di essa, bisognerà dire che la lingua del popolo è quel che è, necessariamente, e che non il popolo esprime le sue conoscenze, ma le sue (spirito della nazione) si esprimono attraverso lui”.
Passando al versante opposto, lo ius soli deriva invece dall’esperienza filosofica francese ed è in particolare legato alla figura di Ernest Renan. Questo autore promuove una concezione soggettiva della cittadinanza e volontaristica della nazione: le dinastie, le razze, le lingue e le religioni, osserva, non sono immutabili, ma si modificano nel tempo, e dunque non possono essere un punto di riferimento nel definire la nazione. Questa deriva invece dal quotidiano vivere insieme, un “plebiscito di tutti i giorni” con il quale le persone dimostrano di volerne far parte. Anche in questo caso, il momento storico è fondamentale per capire il pensiero di Renan: alle prese con il suo impero coloniale, la Francia sperava di poter inglobare tutti i territori ed i popoli sotto il suo controllo all’interno di un’unica grande nazione francese, promuovendo la lingua e la cultura della madrepatria dall’Africa all’Indocina.
IUS SOLI E IUS SANGUINIS NEL MONDO E IN EUROPA
Nel corso della storia, i Paesi hanno optato per l’una o per l’altra possibilità, sempre tenendo conto delle condizioni reali che li caratterizzavano. Lo ius sanguinis divenne così imperante nei Paesi di forte emigrazione, che volevano fornire la cittadinanza anche ai figli degli emigrati nati altrove: un dato che incomincia a chiarire come mai, fino ad oggi, l’Italia abbia fatto parte di questa schiera. Pensiamo infatti alle forti comunità di emigrati italiani presenti in tutto il mondo, dove molti individui conservano ancora oggi la cittadinanza italiana anche dopo diverse generazioni. Lo ius soli, invece, fu adottato dai Paesi di forte immigrazione, che a loro volta volevano concedere la cittadinanza ai figli degli immigrati che arrivavano di continuo, apportando nuova forza lavoro in territori a quell’epoca poco popolati.
Oggi, la maggioranza dei Paesi del mondo che adotta lo ius soli si trova, non a caso, nel continente americano, quello che ha subito le più grandi ondate di immigrazione sin dalla sua scoperta: il caso più noto di ius soli puro è quello degli Stati Uniti, ma questo vige anche in Canada, Argentina, Brasile, Messico, Venezuela, Perù… tutti Paesi che negli ultimi secoli sono stati caratterizzati da forte immigrazione. Il XIV emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America, in particolare, prevede che “tutte le persone nate o naturalizzate negli Stati Uniti, e soggetti alla giurisdizione della stessa, sono cittadini degli Stati Uniti e dello Stato in cui risiedono“.
In Europa lo ius sanguinis ha a lungo prevalso, con la nota eccezione della Francia. Sin dal 1515, infatti, il governo francese decise di adottare lo ius soli. Questa legge restò in vigore fino al 1994, quando i legislatori decisero di introdurre l’obbligo di residenza per cinque anni prima di ottenere la cittadinanza. Successivamente, altre modifiche hanno portato la Francia ad avere un regime di ius soli moderato o impuro, in seguito ad alcuni episodi riguardanti soprattutto i suoi possedimenti d’oltremare: soprattutto dall’arcipelago delle Comore, nell’Oceano Indiano, molte donne incinte decidevano di affrontare traversate con mezzi di fortuna verso l’isola di Mayotte per concedere la cittadinanza francese al nascituro.
Oggi, la maggioranza dei Paesi europei adotta forme di ius soli moderato o temperato, con differenze legislative da un Paese all’altro, oppure forme ibride tra ius soli e ius sanguinis. Rientrano in questi due insiemi, oltre alla già citata Francia, Germania, Regno Unito, Spagna, Portogallo, Grecia, Belgio, Paesi Bassi e Finlandia, e dal 2005 anche l’Irlanda, che ha abbandonato lo ius sanguinis puro dopo essere stata per secoli, proprio come l’Italia, un Paese di emigrazione. Tra i Paesi extraeuropei, sono invece inclusi in questo insieme Australia, Nuova Zelanda, Colombia, Sudafrica e Thailandia.
Lo ius sanguinis resta in vigore soprattutto in Paesi caratterizzati da forti diaspore, come Armenia ed Israele, oltre che in alcuni Paesi europei che hanno ancora un forte emigrazione come Estonia, Polonia e Slovacchia, ed in altri stati come Corea del Sud, Iran e India, dove lo ius soli è stato abolito nel 2004.
ITALIA: NON CI SARÀ LO IUS SOLI PURO
E veniamo finalmente al nostro caso italiano, quello di cui tanto si discute. La legge promossa dal governo non istituisce assolutamente una forma pura di ius soli o di “regalo della cittadinanza”, come preferiscono dire alcuni. Si tratta soprattutto di concedere la cittadinanza italiana a persone, quasi esclusivamente minorenni, che sono italiani de facto ma non ancora de iure: potremmo dire che l’intenzione è quella di mettere in regola degli italiani che per la legge attuale non esistono. Siamo infatti di fronte ad una forma di ius soli talmente temperata che non andrebbe neppure chiama ius soli, ma ius culturae come alcuni hanno fatto notare.
È indubbio che l’Italia, un tempo Paese di forte emigrazione e dunque legittimamente Paese di ius sanguinis, sia divenuta negli ultimi due decenni un Paese di immigrazione. È altrettanto vero che l’Italia non può permettersi e non deve concedere la cittadinanza a persone nate in Italia per una mera permanenza provvisoria o per convenienza momentanea. Ma in Italia non ci sarà lo ius soli puro come negli Stati Uniti. La cittadinanza italiana si acquisirà solamente a patto che uno dei genitori sia residente da almeno cinque anni in Italia. Se poi il genitore è un cittadino extraeuropeo, questo dovrà superare altri tre requisiti: avere un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale, disporre di un alloggio che risponda ai requisiti di idoneità previsti dalla legge, superare un test di conoscenza della lingua italiana.
A questa forma di ius soli temperato si aggiunge quella sopracitata dello ius culturae, in base al quale potranno chiedere la cittadinanza italiana i minori stranieri nati in Italia o arrivati entro i dodici anni di età, che abbiano frequentato le scuole italiane per almeno cinque anni e superato almeno un ciclo scolastico, vale a dire la scuola primaria o secondaria. I ragazzi nati all’estero ed arrivati in Italia fra i dodici ed i diciotto anni di età potranno ottenere la cittadinanza dopo aver abitato in Italia per almeno sei anni e avere superato un ciclo scolastico.
CONCLUSIONE: IDENTIFICARE LA FONTE DEL PROBLEMA
Il forte flusso di rifugiati ed immigrati verso il nostro Paese è reale e non può essere negato. È altresì vero che esistono numerosi minori che sono italiani de facto ma che non posseggono la cittadinanza dell’unico Paese che abbiano mai conosciuto. La soluzione di uno ius soli temperato, che garantisca i diritti di questi minori senza elargire cittadinanze a chiunque, ci sembra una soluzione ponderata e che allinea l’Italia ai principali Paesi europei.
Coloro che avversano il provvedimento sono invece invitati ad approfondire la loro analisi sulle cause del cosiddetto “problema dell’immigrazione”: sono gli immigrati il problema, oppure chi li costringe ad emigrare? Gli immigrati (o migranti, come vengono chiamati dai mass media) sono funzionali al capitale come esercito industriale di riserva ed alla privazione dei diritti dei lavoratori autoctoni, ma non costituiscono la fonte del problema, rientrando a loro volta tra le vittime del nostro sistema economico. Il nemico resta la classe dominante, mentre immigrati e rifugiati fanno parte di quella dominata.
L’altro nodo cruciale è quello della Convenzione di Dublino e dei trattati europei in generale: in questo caso l’Italia deve, nella tutela del suo interesse nazionale, proporre di rinegoziare i trattati, giungendo anche alla denuncia unilaterale della Convenzione di Dublino. Il problema non deriva dunque da una questione di politica interna, sul se adottare o meno la nuova legge sulla cittadinanza, bensì da questioni di politica europea ed internazionale.
BIBLIOGRAFIA
DETIENNE, Marcel (2010), L’identité nationale, une énigme
FICHTE, Johann Gottlieb (1808), Discorsi alla nazione tedesca (Reden an die deutsche Nation)
RENAN, Ernest (1887), Che cos’è una nazione? (Qu’est-ce qu’une nation?)