Mi guardo intorno e vedo solo rovine.
Faccio fatica a capire, sebbene abbia tentato a lungo di comprendere quando abbia avuto inizio tutto questo.
Piccoli aerei sorvolano la città, la mia città. Sono tanti, troppi e non permettono di scorgere il sole, se c’è.
Persino il cielo non ha più la forza di sorreggere nuvole infinite di fumo e cenere.
In questa vita post-apocalittica nemmeno l’aria è più come un tempo. Si attacca addosso e punge, squarcia i petti e si infila nei polmoni, si annida e genera mostri. Da dentro sento il mio corpo che urla e vorrebbe riprendere a correre libero sui prati, ma i prati hanno fili d’erba sintetica. E’ impossibile camminare a piedi scalzi.
Mi muovo nel silenzio assordante, frantumato da boati improvvisi e sibili perforanti.
Mi sembra quasi di sentire ancora le coinvolgenti risate dei bambini che all’uscita della scuola giocavano per strada a rincorrersi, mentre code di cagnolini dalla gioia incontenibile si muovevano ritmicamente scandendo il tempo della bellezza.
Adesso dove sono?
Sono sola sulla riva di un mare ignoto, in una cinemagrafia, una combinazione dell’immagine di me fissa mentre tutto intorno si muove in un loop incessante.
Qualcuno mi sente?
Se mi cercate sono qui.
Sono con lui.
Le mie mani sono di gomma.
Ridere, amare, dormire, sognare, scrivere, cantare, sono verbi, sono azioni di cui sento l’assenza e sentire l’assenza di qualcosa è un non ritorno.
Invece tu, piccolo mio, mi manchi, forse tornerai.
Cosa posso fare?
Cristallizzare i ricordi e trasformarli con la fantasia rendendoli speranze.
Decido di non accomodarmi sulla poltroncina che qualcuno mi ha prenotato.
Vado.
Attraverso la mia città con la vergogna di una ladra, come se fossi io l’ospite poco gradito, come un invasore.
La verità è un’altra ed è stata la mia rovina.
Credimi.
Le verità sono difficili da percorrere, ma portano in cima senza morire di fame d’aria. Sono le uniche amiche che ti faranno diventare un uomo buono.
Le bugie sono strade comode, pianeggianti, che per le loro curve stancano, stremano. Sono accompagnatrici a pagamento che vanno a braccetto con il male.
Lungo il mio viaggio credevo avrei trovato il sole, invece all’improvviso è scoppiata la tempesta e ha trascinato tutto con sé, incurante delle promesse.
Piccolo non avevo riflettuto.
L’invasore eri tu. Io ero una figlia in cerca di un abbraccio perduto.
Non sono riuscita a difenderti e non difendendo te non ho protetto nemmeno me stessa.
Quanti anni ho speso nel costruire una casa andata distrutta? Di quante cose mi sono privata per rincorrere denaro? Che cos’è poi il denaro? A cosa è servito?
Ho trascorso buona parte del mio tempo a cercare di realizzare “cose” e fare “fatti”, scusandomi per il poco tempo libero, sfuggendo gli sguardi delle persone, chiacchierando di inutilità.
Sarebbe stato sufficiente uscire, sdraiarsi su di un prato e osservare le stelle.
Dove sono, ora, le stelle?
Da qui non vedo niente!
Non guardo il cielo di notte da così tanti giorni che non ricordo più la sensazione di libertà e paura trasognata di quando ero bambina.
Anche il buio fa paura, anzi, terrorizza.
E’ un buio cattivo, artificiale, creato dagli uomini per intrappolare i sogni e trasformarli in incubi.
Chissà che fine hanno fatto tutti?
Chissà che fine ha fatto lui?
Sento odore di bruciato.
Mi perseguita.
Chissà che sapore ha il caffè?
La mia mamma lo faceva ogni mattina e lo prendevamo insieme, sedute al tavolo, in cucina, per rendere il giorno un buon giorno.
Quando tornerò a casa e andrò in cucina, ci sarà ancora il tavolo e la sedia, senza una mamma e senza il caffè.
[copertina: litografia di Egon Schiele]
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