Domenica 11 ottobre, i cittadini della Bielorussia sono stati chiamati alle urne per le elezioni presidenziali. Senza sorpresa alcuna, ad imporsi è stato il capo di stato in carica, il sessantunenne Aleksandr Lukašenko, che guida il Paese dal 1994, essendo stato l’unico presidente del Paese dalla fine dell’Unione Sovietica. Secondo i risultati ufficiali, Lukašenko avrebbe collezionato l’84.09% dei consensi per ottenere il suo quinto mandato.
Gli oppositori hanno raccolto dunque le briciole, con la più “vicina” degli avversari, Tatsiana Karatkevič, sostenuta dalla coalizione Referendum Popolare, ferma a quota 4.45%. Da notare, tra l’altro, la curiosa opzione presente sulle schede elettorali bielorusse, che dà la possibilità agli elettori di votare “contro tutti”: il 6.44% dei votanti ha barrato questa casella. Nel complesso, l’87.2% degli aventi diritto si è recato alle urne, con un record negativo nella capitale Minsk (73%).
Buona parte della campagna elettorale del presidente Lukašenko è stata caratterizzata dai tentativi di riconciliazione con gli oppositori nazionali ed internazionali Il capo di stato, infatti, ha autorizzato lo svolgimento di manifestazioni dell’opposizione nella capitale, ed ha inoltre concesso la grazia a sei avversari che erano stati precedentemente incarcerati, secondo gli osservatori occidentali, proprio per motivi politici. Le mosse del capo di stato sono state apprezzate in Europa, anche se l’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) non ha mancato di sottolineare alcune irregolarità nel processo elettorale. La missione dell’organizzazione, guidata da Jacques Faure e Kent Harstedt, ha particolarmente denunciato alcune azioni illegali durante il conteggio dei voti ed un dato sull’affluenza alle urne che sarebbe in realtà superiore a quello reale. Le proteste non sono mancate neppure da parte dell’opposizione, i cui principali esponenti, come Anatoly Lebedko e Mikola Statkevič, hanno dichiarato di non riconoscere la legittimità dei risultati elettorali.
Nonostante i dubbi sulla legittimità del processo elettorale, la figura di Aleksandr Lukašenko si è decisamente rafforzata in seguito a questa consultazione. Il presidente, infatti, può vantare – almeno sulla carta – su un forte consenso ed ha dato dimostrazione di voler aprire, seppur in modo parziale, alle opposizioni. Le sue recenti mosse sono chiaramente volte ad ingraziarsi i governi occidentali per chiedere la fine delle sanzioni nei confronti del suo Paese, l’unico, nel continente europeo, a mantenere ancora la pena di morte. Recentemente, i Ministri degli Esteri dell’Unione Europea hanno, da parte loro, dimostrato di voler concedere delle trattative in questo senso: “Per quanto abbiamo potuto osservare da Berlino, non c’è stata la stessa repressione delle passate elezioni”, ha dichiarato il tedesco Frank-Walter Steinmeier.
In realtà, le relazioni tra la Bielorussia e l’Unione Europea sono basate su ben altro rispetto alle elezioni dell’ex repubblica sovietica: Lukašenko sa bene, infatti, che la posizione geografica del suo Paese è particolarmente importante in questo periodo di tensioni fra l’Occidente e la Russia: proprio Vladimir Putin, infatti, si è complimentato con il suo omologo per la recente vittoria ed ha proposto l’installazione di una base aerea russa nel territorio bielorusso, per facilitare le operazioni russe in Siria. Il navigato Lukašenko, dal canto suo, cercherà di utilizzare la situazione per ottenere ciò che vuole dall’UE, senza però voltare totalmente le spalle a Putin.