Situato sulla sponda meridionale del Mar dei Caraibi, il Venezuela fu esplorato già da Cristoforo Colombo nel suo terzo viaggio verso il nuovo continente, quando il navigatore genovese si inoltrò verso la foce a delta del fiume Orinoco. Naturalmente non si trattò di una scoperta, così come per il resto del continente americano, visto che i resti degli insediamenti umani più antichi ritrovati nel territorio venezuelano risalgono ad oltre trentamila anni fa. Di quello che accadde prima dell’arrivo degli spagnoli, tuttavia, sappiamo relativamente poco, se non attraverso i reperti archeologici, mentre sono praticamente assenti le fonti scritte.
Nel giorno della ricorrenza dell’indipendenza del Venezuela dalla Spagna, proclamata il 5 luglio del 1811, abbiamo considerato doveroso ricordare brevemente la del Paese dalla colonizzazione fino all’inizio della rivoluzione bolivariana, cogliendo l’occasione per ribadire la necessità di continuare a lottare ancora oggi per l’indipendenza e la sovranità della repubblica bolivariana, continuamente sotto assedio da parte dell’ingombrante vicino nordamericano e dei suoi alleati locali. L’excursus che segue mostrerà anche come la storia del Venezuela sia stata spesso caratterizzata da conflitti e spargimenti di sangue, con una stabilizzazione che è arrivata proprio dopo l’inizio del “chavismo”.
LA COLONIZZAZIONE SPAGNOLA
Dopo la prima esplorazione da parte di Colombo, risalente al 1° agosto del 1498, il Venezuela divenne la prima area continentale conosciuta dagli spagnoli, visto che i viaggi precedenti si erano sempre fermati sulle isole caraibiche. Lentamente, negli anni successivi, la corona iberica iniziò la colonizzazione del territorio, dando vita successivamente a varie divisioni amministrative e province.
Dal XVI secolo, gli spagnoli acquisirono stabilmente il controllo del territorio che corrisponde all’attuale Venezuela, sfruttato soprattutto per fini commerciali. Naturalmente, a quell’epoca, non era il petrolio a fare gola ai colonizzatori, ma le tante risorse naturali di quella vasta area geografica: iniziarono le esportazioni verso la madrepatria di cacao, indaco e tabacco, e nel 1728 fu creata la Real Compañía Guipuzcoana, che deteneva il monopolio del commercio nella regione.
L’INDIPENDENZA DALLA SPAGNA
Sebbene già in precedenza si fossero registrati alcuni tentativi di rivolta da parte delle popolazioni indigene sottomesse, nulla aveva lasciato presagire una possibile indipendenza del Venezuela. Nel XVIII secolo, tuttavia, sull’onda dei moti dell’indipendenza statunitense e della rivoluzione francese, incominciarono a sorgere i primi gruppi organizzati che diffondevano l’idea di una indipendenza dalla madrepatria. L’impero iniziò a vacillare già nel 1795, quando ci fu la prima vera rivolta di massa, guidata dallo schiavo José Leonardo Chirino.
Le rivolte divennero sempre più frequenti, e venivano generalmente sedate nel sangue, con i loro capi condannati a subire un’esecuzione in piazza pubblica, nel tentativo di scoraggiare ulteriori moti. Approfittando della situazione, la corona britannica tentò a sua volta di finanziare le rivolte indipendentiste, con l’obiettivo di indebolire il loro storico rivale nel dominio dei mari dell’emisfero occidentale. Nel 1806, Francisco de Miranda provò per ben due volte a liberare il Venezuela dai colonizzatori spagnoli, oramai visti quasi come degli invasori da parte della popolazione creola, termine che indicava gli spagnoli nati però nei territori colonizzati.
Proprio tra la popolazione creola, composta perlopiù da persone benestanti, cresceva il malcontento: nati e cresciuti nei territori colonizzati, questa fazione sempre più numerosa iniziava a sviluppare un certo senso di patriottismo nei confronti del Venezuela e, più in generale, dell’America Latina, mentre non sentivano propria l’appartenenza alla madrepatria spagnola. Il 19 aprile del 1810 ebbe così inizio la rivoluzione venezuelana: Vicente Emparan, rappresentante di Madrid in Venezuela, fu destituito, e nacque la Giunta Suprema di Caracas, primo organo politico indipendente. Il 5 luglio 1811 fu dichiarata l’indipendenza e la nascita della Prima Repubblica del Venezuela, il cui potere viene assunto da un triumvirato composto da Cristóbal Mendoza, Juan Escalona e Baltasar Padrón.
L’EPOPEA DI SIMÓN BOLÍVAR
Nonostante la situazione fosse oramai sfuggita di mano, la Spagna non si arrese. Un solo anno dopo l’indipendenza, l’esercito dei venezuelani indipendentisti, chiamato esercito repubblicano, condotto ancora da Francisco de Miranda, fu pesantemente sconfitto per mano dell’esercito realista fedele alla corona, guidato da Domingo de Monteverde.
Il movimento indipendentista si rilanciò nel 1813, quando emerse per carisma e capacità la figura di Simón Bolívar. Questi condusse una serie di battaglie su tutto il territorio venezuelano, diffondendo tra la popolazione i suoi scritti di stampo patriottico e panamericanista. Il 6 agosto 1813, il condottiero dei repubblicani entrò trionfante nella capitale Caracas, dove gli fu assegnato il soprannome di Libertador, il liberatore, con il quale ancora oggi è conosciuto in tutta l’America Latina. Fu dunque proclamata la Seconda Repubblica, ma anche questa ebbe vita breve a causa di una nuova ribellione da parte dei realisti, questa volta organizzata da José Tomás Boves.
Bolívar fu costretto a lasciare provvisoriamente il Paese, rifugiandosi prima in Giamaica, dove incassò il sostegno della corona britannica, e poi ad Haiti, Paese considerato come un’esempio, dato che già nel 1804 aveva raggiunto l’indipendenza dalla Francia. Dall’esilio, il condottiero pianificò la spedizione de los Cayos: dopo aver riconquistato l’isola Margarita, Bolívar approdò sulla terra ferma, fino a conquistare la città di Angostura. Qui fu fondata la Terza Repubblica del Venezuela e, non a caso, la stessa città verrà poi ribattezzata nel 1846 Ciudad Bolívar, come si chiama tuttora.
Mentre Bolívar si occupava del consolidamento delle istituzioni repubblicane ad Angostura, con la creazione del Congreso de Angostura, le operazioni belliche furono portate avanti dal generale José Antonio Páez. Nonostante la guerra non fosse ancora conclusa, il 17 dicembre 1819 Bolívar proclamò la nascita della Repubblica di Gran Colombia, che includeva i territori che corrispondono oggi agli stati di Venezuela, Colombia, Panama ed Ecuador. Nel 1820 fu firmato un primo armistizio tra le parti, ma furono necessarie altre due battaglie per sconfiggere definitivamente gli spagnoli: il 24 giugno 1823, Bolívar sconfisse l’esercito di Miguel de la Torre nella battaglia di Carabobo, mentre le ultime truppe spagnole furono annientate nella battaglia navale del lago Maracaibo.
Nel frattempo, il governo del nuovo stato si era mosso da Angostura a Cúcuta: nel 1821 era stata varata la prima costituzione, e Bolívar era stato nominato presidente. Tra i primi provvedimenti del nuovo governo vi fu l’abolizione della schiavitù, e Bolívar continuò parallelamente la sua attività di Libertador combattendo per l’indipendenza del Perù e della Bolivia. Tuttavia, raggiunta oramai la pace con la Spagna, incominciarono le tensioni interne, e sia il Venezuela che l’Ecuador dichiararono l’indipendenza dalla Gran Colombia. Il 24 settembre 1830, in particolare, il governo di José Antonio Páez proclamò la nascita dello Stato del Venezuela. La morte di Bolívar, che sopraggiunse nel mese di dicembre, pose definitivamente fine al sogno unitario.
UN LUNGO PERIODO DI CONFLITTI INTERNI
José Antonio Páez divenne dunque il personaggio principale della vita politica venezuelana. Leader dei conservatori, mantenne la presidenza a fasi alternate, restando al centro della scena fino al 1863. In questi anni vi furono numerosi conflitti interni e tentativi di rivolte. Di particolare importanza fu la cosiddetta rivoluzione di marzo, nel 1858, quando Julián Castro riuscì ad istituire un governo provvisorio a Valencia. A partire da questo episodio, le tensioni tra gli interessi delle diverse regioni del Paese – o meglio, quelle tra i vari caudillos, i signorotti locali – si acuirono, portando alla guerra federale. Nel 1863 il trattato di Coche ristabilì la pace, mentre l’anno successivo fu promulgata una nuova costituzione di tipo federale, che tra l’altro aboliva la pena di morte. Nonostante questo, i conflitti ripresero già nel 1867, con la rivoluzione blu: i rivoluzionari riuscirono a conquistare la capitale Caracas, istituendo un nuovo governo che spodestava i liberali, i quali avevano preso il potere dopo la fine della presidenza Páez nel 183.
I liberali, tuttavia, risalirono il potere sotto la guida di Antonio Guzmán Blanco, che nel 1870 lanciò la rivoluzione di aprile ed assunse la presidenza. Ancora altri conflitti imperversarono nel Paese: nel 1879, la rivoluzione “reivindicadora” e, nel 1892, la rivoluzione legalista. Particolare importanza ebbe la sollevazione del 1899, guidata dal capo militare Cipriano Castro, che nel 1901 assunse la presidenza. Oltre ai conflitti interni, Castro dovette gestire anche quelli internazionali: il presidente venezuelano si rifiutò, infatti, di pagare i debiti con le potenze estere, e subì un blocco navale da parte di Germania e Gran Bretagna. Quando lasciò provvisoriamente il Paese per ragioni mediche, Castro fu infine destituito da un colpo di stato orchestrato da suo presunti alleati, con Juan Vicente Gómez che assunse la presidenza.
IL NOVECENTO VENEZUELANO
Juan Vicente Gómez mantenne il potere a lungo, anche se non in maniera ininterrotta: fu infatti presidente dal 1908 al 1913, dal 1922 al 1929 e ancora dal 1931 al 1935, anno della sua morte. Fu il suo successore, Eleazar López Contreras, ad iniziare la transizione verso la democrazia, stabilendo la libertà di stampa e mettendo in piedi un programma di salute pubblica. Al termine del suo mandato, nel 1941, fu eletto Isaías Medina Angarita. In quegli anni il Venezuela scoprì il proprio potenziale dal punto di vista petrolifero, e fu proprio Angarita il primo a promulgare una legge che limitasse l’azione delle multinazionali del settore nel Paese, inoltre in quegli anni fu concesso il voto alle donne. Il Venezuela, poi, si schierò con gli Alleati nella seconda guerra mondiale.
Nel 1945, tuttavia, i colonnelli Marcos Pérez Jiménez, Luis Llovera Páez e Carlos Delgado Chalbaud orchestrarono un colpo di stato militare che interruppe provvisoriamente il processo di democratizzazione. Altri colpi di stato seguirono e, nel 1953, salì alla presidenza proprio Marcos Pérez Jiménez, che invalidò i risultati elettorali. Appoggiato dagli Stati Uniti, Pérez Jiménez concesse ampi vantaggi alle multinazionali del settore petrolifero, restrinse le libertà civili e divenne uno dei massimi esponenti dell’anticomunismo della regione. La sua dittatura, basata sul “Nuovo Ideale Nazionale”, durerà fino al 1958, quando le rivolte popolari lo costrinsero all’esilio in Repubblica Dominicana.
Già presidente della giunta rivoluzionaria tra il 1945 ed il 1948, Rómulo Betancourt assunse la presidenza nel febbraio del 1959. Il processo di democratizzazione riprese, ma gli accordi tra le forze politiche prevedevano la formazione di alleanze volte sempre ad escludere dal potere i partiti di sinistra, in particolare i comunisti del PCV (Partido Comunista de Venezuela), messo al bando. Su questo principio si basarono anche le elezioni dei presidenti successivi, Raúl Leoni nel 1964 e Rafael Caldera (in foto) nel 1969, anche se quest’ultimo legalizzò finalmente il PCV.
Negli anni ‘70 il Paese fu colpito dalla crisi petrolifera, visto che oramai il greggio era divenuto la principale risorsa del Paese. Carlos Andrés Pérez, eletto presidente nel 1974, nazionalizzò il settore petrolifero, fondando la PDVSA. Tuttavia, il suo successore, Luis Herrera Campins dovette far fronte ad una nuova grave crisi economica, rivolgendosi al Fondo Monetario Internazionale: dall’FMI arrivarono i diktat che ben conosciamo, basati sulla liberalizzazione sfrenata. I venezuelani votarono così il ritorno al potere di Pérez, ma la situazione non migliorò e, nel 1994, fu addirittura richiamato al potere Rafael Caldera: lo stesso anno il Paese subì ancora una gravissima crisi economica, peggiore di quella degli anni ‘70. A subirne le conseguenze furono le classi sociali più povere.
Questo scenario aprì la strada all’inizio della rivoluzione bolivariana ed all’elezione, nel 1999, di Hugo Chávez, la cui ascesa al potere ha avuto innanzi tutto il merito di ridare voce e speranza ai più poveri in un Paese che, come ci dimostra questo breve viaggio storico, ha visto quasi sempre le proprie sorti determinate dagli interessi delle classi dominanti delle varie epoche.
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