Domenica 30 luglio si sono tenute le elezioni legislative in Senegal per rinnovare i 125 deputati dell’Assemblée Nationale, rimandate una prima volta dopo essere state inizialmente programmate per il 2 luglio. Nei giorni successivi sono stati pubblicati i primi risultati, favorevoli alla coalizione capeggiata dal capo di stato Macky Sall, ma non sono mancate le proteste da parte dell’opposizione. L’affluenza alle urne è stata pari al 54% dei 6.2 milioni di aventi diritto.
I RISULTATI ELETTORALI
Secondo i dati forniti dall’agenzia stampa senegalese APS, la coalizione presidenziale Benno Bokk Yakaar (BBY), capeggiata dal partito di ispirazione liberale di Sall, l’Alliance pour la République (APR), avrebbe ottenuto il 49.48% delle preferenze (oltre 1.6 milioni di voti), un risultato che le ha permesso di raggiungere quota 125 seggi sui 165 che compongono l’Assemblée Nationale. Il risultato è reso possibile dal sistema elettorale senegalese, che prevede una distribuzione con un metodo in gran parte maggioritario, che favorisce la prima forza del Paese, mentre solamente sessanta seggi vengono distribuiti con il metodo proporzionale.
Per quanto riguarda le forze d’opposizione, l’ex presidente Abdoulaye Wade, in carica dal 2000 al 2012, potrà schierare diciannove parlamentari a suo sostegno, grazie all’oltre mezzo milione di suffragi ottenuti dalla sua coalizione, la Coalition gagnante Wattu Senegaal, la cui componente più importante è rappresentata dal Parti Démocratique Sénégalais (PDS). Delusione, invece, per l’alleanza di sinistra capeggiata da Khalifa Sall, sindaco della capitale Dakar attualmente in prigione: Manko Taxawu Sénégal, che include anche il Parti Socialiste (PS), potrà schierare solamente sette rappresentanti.
In tutto, sono quattordici i partiti che sono riusciti ad eleggere almeno un rappresentante.
LE PROTESTE DELL’OPPOSIZIONE
Per ufficializzare i risultati si attende la conferma del Consiglio Costituzionale, che tuttavia dovrebbe rappresentare solamente una formalità. I numeri forniti non convincono invece le opposizioni, in particolare Khalifa Sall, ufficialmente arrestato con l’accusa di appropriazione indebita di fondi pubblici, anche se non mancano gli elementi a sostegno dell’ipotesi di un complotto politico: il sessantunenne sindaco di Dakar ha infatti affermato di aver vinto le elezioni nella capitale, mentre i dati dell’agenzia APS danno la coalizione filopresidenziale vincente anche nel centro più importante del Paese. Secondo la versione della maggioranza, invece, le opposizioni avrebbero vinto solamente in tre dei quarantacinque dipartimenti del Paese: Kedougou, Saraya e Mbacké, aree decisamente meno popolate.
Attraverso il portaparola Déthié Fall, Khalifa Sall ha così commentato le lezioni: “L’abbiamo detto chiaramente, opporremo resistenza. Non permetteremo che il presidente della repubblica Macky Sall si proclami vincitore prendendo in ostaggio il suffragio del popolo senegalese”.
Differente nella prassi, ma non nella teoria, l’atteggiamento dell’ottuagenario Abdoulaye Wade: “Non sceglieremo la strada del contenzioso, che darebbe l’impressione di conferire valore ed importanza a quello che è successo”, ha dichiarato l’ex capo di stato. “Quello che si è verificato è un vero e proprio furto, ed abbiamo preso il ladro con le mani nel sacco. Ma abbiamo preso il ladro in un luogo dove non c’è giustizia. La sola cosa possibile è prendere una sciabola e tagliargli la mano”. Con questa metafora, Wade si riferisce alle elezioni presidenziali del 2019, quando l’obiettivo delle forze di opposizione sarà quello di togliere il potere dalle mani di Macky Sall, in carica dal 2012: in Senegal, infatti, il mandato presidenziale dura sette anni, una prassi mutuata dal modello francese, ma che proprio la Francia ha abbandonato da qualche anno, passando al mandato quinquennale durante la presidenza di Jacques Chirac. Lo stesso Senegal, del resto, ha deciso di passare al mandato quinquennale con un referendum tenutosi lo scorso anno, ma questo entrerà in vigore solamente a partire dalle prossime presidenziali.
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